Milano, record di maschi depressi. Pesano carriera e famiglia, il crollo tra i 30 e i 40 anni.

Se la situazione degenera spesso si preferisce l´automedicazione, e dallo psichiatra si arriva a patologia avanzata.

(Laura Asnaghi – La Repubblica, edizione di Milano) Andrea, trent´anni, una carriera da manager, non ci voleva credere. «Io depresso? Vi sbagliate. È solo stress. Mi prendo un weekend di pausa e torno come prima». Ma il fine settimana al mare non è servito a migliorare l´umore di Andrea. Lui, che era sempre stato uno studente modello della Bocconi, dopo qualche anno di lavoro ai vertici di grandi aziende multinazionali si era logorato. Perdeva la calma per un nonnulla, tirava pugni sulla scrivania e, in auto, diventava una belva se qualcuno davanti a lui andava troppo lento.
La storia di Andrea, che oggi è in cura al Fatebenefratelli, è quella che accomuna molti giovani milanesi travolti dalla depressione, malattia che, di solito, si pensa sia solo un dramma che riguarda le donne. Ma non è così. Secondo le ultime statistiche mediche a Milano il “male di vivere” colpisce almeno 60mila donne mentre gli uomini depressi sono più di 26mila. «Certo le donne sono più numerose ma l´incidenza della depressione tra i maschi è in forte crescita» spiega Claudio Mencacci, primario di psichiatria al Fatebenefratelli. La depressione in chiave maschile sarà uno dei temi centrali di un convegno, “La prevenzione in psichiatria”, che si tiene a Sondrio, in Valtellina, da oggi fino a domenica. Milano guida la classifica delle città italiane più esposte al rischio di depressione tra i maschi con il 3 per cento dei malati, pari a 26 mila casi. Al secondo posto c´è Torino con il 2,8 per cento e 21.500 pazienti, al terzo posto si colloca Roma con il 2,5 per cento e 47.500 depressi. Seguono Napoli con il 2,4 per cento di malati (pari a 20mila casi) e Palermo con il 2 per cento (14mila casi).
Ma perché Milano detiene il primato? «Qui ci sono condizioni ambientali che rendono la vita più dura – spiega Mencacci – spesso si pretende dai maschi di essere dei professionisti Superman, brillanti e capaci. Ma oltre alla carriera si richiedono performance d´alto livello anche sul fronte familiare. Non tutti reggono la sfida». Così l´ansia cresce e la paura di non essere all´altezza della situazione si traduce prima in disagio e poi in malattia vera e propria. Chi ne soffre di più sono i maschi, dai 30 ai 40 anni, nel pieno della loro carriera. «Per alcuni uomini riuscire a fronteggiare tutte queste sfide diventa uno sforzo intollerabile – spiega Mencacci – molti diventano cupi, irascibili e il loro malumore spesso degenera in quello che noi medici definiamo “la caduta della performance” che significa difficoltà a concentrarsi nel lavoro e disinteresse verso la famiglia e la vita». Ma i maschi, a differenza delle femmine, non ricorrono subito ai medici. Anzi, se ne tengono ben alla larga. «Prima di trovare il coraggio di farsi curare passano mesi – ricorda Mencacci – c´è chi si auto-prescrive farmaci contro l´ansia, chi si rifugia nell´alcol e chi non trova più neanche la forza di uscire di casa». Risultato: quando i maschi si arrendono all´evidenza e bussano alla porta di uno psichiatra la loro malattia è a uno stadio avanzato. «Le cure sono a base di farmaci, psicoterapia e, se possibile, sport – conclude Mencacci – perché il calcio, il tennis o lo sci aiutano a ritrovare la voglia di vivere. Dalla depressione si esce ma il cammino è lungo. Soprattutto per i maschi: proprio perché fanno di tutto per evitare di ammettere di aver bisogno d´aiuto».

A La7 si parla ancora di Vaticano e omosessualità.

Paolo Calabresi è il prof. Joseph Nicolosi, uno psicologo americano che ha messo a punto una cura per l’omosessualità, detta ‘teoria riparativa della sessualità’. Un viaggio nell’Italia degli imbroglioni e degli opportunisti nelle inchieste di Italian Job, con Paolo Calabresi e quella della terapia riparativa è, a tutti gli effetti, una vera e propria presa in giro.

Ritorna il dibattito sull’omosessualità.

Sotto diversi aspetti è ritornato di attualità il tema della libertà sessuale e la connessa problematica dei diritti individuali e sociali degli omosessuali.

(Luciano Nicastro* – Affari italiani) Anche oggi come ieri la questione “dell’orientamento sessuale” è condizionata in realtà dalla lettura della omosessualità come tendenza di natura o fatto di cultura, come libera scelta o destino meccanicistico. L’incursione di Davide Varì, giornalista di “Liberazione” (Dicembre 2007) ha voluto dimostrare che le “terapie riparative” dell’orientamento sessuale della persona, ancorché dettate da nobili motivazioni etico-religiose come nel caso del Prof. Cantelmi, che si rifà alle teorie del dottore americano Nicolosi, sono in verità discutibili sul piano scientifico e pedagogico in quanto violerebbero la libertà sessuale e sconvolgerebbero il vissuto delle persone degli omosessuali facendo nascere in loro complessi di colpa artificiali.

Secondo il Presidente Nazionale dell’Ordine degli Psicologi, Giuseppe Luigi Palma, (cfr. “Liberazione”, 8 gennaio 2008, p. 7) “l’omosessualità è una variante naturale della sessualità”. Non avrebbe quindi fondamento l’accusa di devianza non esistendo una norma oggettiva di riferimento scientifico e di valutazione etica “oggettiva”. Sarebbe invece una violenza arbitraria quella di pensare che “l’omosessualità possa essere ri-orientata verso l’eterosessualità”. Compito etico dello psicologo sarebbe infatti quello di “rispettare l’orientamento sessuale della persona” e di fargli accettare la propria tendenza in termini positivi in applicazione del codice deontologico degli Psicologi. Sul nodo teorico della genesi dell’orientamento sessuale si aspetta anche un pronunciamento dell’Ordine dei Medici. Come è noto nella nostra Costituzione (art. 3) è prevista l’uguaglianza di tutti i cittadini senza alcuna forma di discriminazione sessuale. In questo senso le scelte sono libere, e se sono tali sono anche reversibili: cioè può essere “liberamente” reversibile anche l’orientamento sessuale.

Non a caso Michel Foucault nella “Storia della sessualità” (1976) individuò due snodi storici paradigmatici nel modo di considerare la sessualità. La prima nel Seicento quando nacquero i grandi divieti e le grandi proibizioni per valorizzare e centrare la sessualità, con il linguaggio del pudore espressivo, nella sfera “della sessualità adulta e matrimoniale”. La seconda nel ‘900 con la svolta di Sigmund Freud e con le due rivoluzioni sessuali del primo femminismo di Simone di Beauvoir (autrice del “Secondo sesso”!) con la tesi che “donna non si nasce ma si diventa” e del secondo femminismo di Luce Irigaray (Speculum – L’altra donna, 1974) con il pensiero radicale della differenza sessuale “femminile” come nuova categoria della filosofia che porta ad una rivalutazione del corpo femminile come luogo dell’autonoma e specifica identità femminile, superando la concezione psicoanalitica freudiana della carenza e sottrazione del maschile.

E’ merito comunque di Freud l’avere colto la sessualità anche in relazione profonda ai vissuti inconsci della psiche umana e della cultura come dinamica sociale. Per Freud, come è noto, la latente bisessualità originaria, nella fase dell’autoerotismo, perviene alla propria identità, a differenza del “dato di fatto” del sesso biologico, nella fase della maturità della propria scelta riproduttiva e oblativa. L’orientamento sessuale è quindi il risultato di un processo formativo che parte dall’infanzia ed ha nella natura le radici non solo biologiche ma anche psicologiche di ambivalenza androgina” mentre assume i suoi connotati successivi operando le proprie scelte di campo nel quadro di una cultura identitaria che si ancora ai valori di un proprio progetto esistenziale e sociale. L’iniziazione sessuale, specie dopo il periodo di latenza, è il luogo della prima interiorizzazione psichica dell’erotismo personale: gratificante e liberante o alienante come rifugio personale, piacevole e mitico di una propria vita desiderata.

E’ sempre presente l’influenza “identificante e accattivante” di una figura adulta dello stesso sesso che aiuta la socializzazione verso l’equilibrio o la nevrosi di prestazione, nel gruppo dei pari. L’esperienza idealtipica e “anticipatoria” della propria crescente maturità sessuale, sia biologica che psichica, definisce l’orientamento sessuale “virtuale” che può essere rimesso in discussione, anche se con difficoltà, nella successiva età adulta. Bisognerebbe conoscere meglio percorsi, ragioni e problemi della scelta dell’omosessualità. Ad esempio sembra che l’esperienza della mitizzazione sessuale della penetrazione anale porti alla enfatizzazione dell’omosessualità maschile mentre quella della paura riproduttiva e del “piacere a fior di pelle” favorisca la predilezione per la omosessualità femminile. Secondo Piero Balestro invece “l’omosessuale è quella persona che non trova «significante» (cioè capace di veicolare un messaggio di piacere e di amore) un’azione sessuale posta con l’altro sesso” (Piero Balestro, Legge e libertà sessuale, Rusconi edit., Milano 1982, pp. 190-194).

Il “significante” che attira la soggettività però non può prescindere dal significato “oggettivo” della sessualità umana che è per vocazione aperta al trascendente esistenziale, quello che trabocca per amore nella identità profonda, riproduttiva e integrativa, come da natura biologica. Non si ferma così al dato e all’acquisto, al consumo e al possesso dell’altro, ma tende oltre la ripetizione, verso la felicità come pieno appagamento e beatitudine nel dare e nel ricevere la vita. La fede apre la sessualità umana al senso e al significato “oggettivo”, fa individuare il proprio “dovere” nel piacere e fa trovare una logica di amore nel piacere (cfr. L. Nicastro, “L’antropoanalisi di Piero Balestro”, Rubbettino 2004). La “reversibilità delle scelte sessuali”giustifica la psico-pedagogia del “riorientamento sessuale”, purché libero e gratificante. E’ possibile quindi determinare la propria vita sessuale, oltre la stagnazione degli schemi e delle situazioni di partenza con la ricerca non solo della libertà dal peccato e dalle tentazioni che appartengono alla condizione umana ma del proprio sé attraverso il piacere superiore, necessario e utile.

La sfida educativa alla egemonia della cultura “radicale e borghese”, portata avanti con coraggio dalla Chiesa cattolica in Italia, si può sintetizzare nella tesi di fondo di porre la sessualità “dentro” un progetto esistenziale di vita eticamente e socialmente responsabile. Il giudizio morale interviene sulla questione di merito e riguarda il significato oggettivo della propria sessualità anche se non spegne con il bisogno dell’incontro, la ricerca del proprio “significante”. Il moralismo è stato sessuofobo e omofobo perché disprezzava la corporeità e assumeva un punto di vista precettistico astratto e negativo del piacere, fondato sulla considerazione della natura come dato biologico e sulla omosessualità come “malattia psichica” almeno nel senso di una sindrome derivante da qualche “disturbo socio-psico sessuale” più che sintomo di una fase di crisi o di ricerca di una propria identità e di costruzione di una scelta consolidata dalla maturità.

In generale nel caso di omosessualità “conclamata” si tratta di convivere con la propria diversità senza “orgoglio” né nevrosi. In questo senso è possibile “aiutare” a far coincidere esperienzialmente significante e significato nella propria vita sessuale umanizzando e arricchendo di scopo la propria vita sessuale (omo o etero) e la stessa attività di sublimazione. La temperanza e la continenza sono virtù della persona che aiutano ad avere relazioni umane più virtuose con tutti favorendo obiettivi di crescita e di relazioni autentiche. Il caso sociale più preoccupante che sta alterando il nostro costume sociale è l’aumento crescente di individui cosiddetti “normali” che scelgono il sessismo e la violenza sessuale nelle forme radicali dello stupro e in quella “goliardica” del bullismo erotico senza pudore. Ha ragione il Papa Benedetto XVI quando invita i mass media a non farsi megafono strategico del materialismo e del relativismo (cfr. “Avvenire”, 25 gennaio 2008). Lo stimolo erotico “continuo” riproduce, attraverso i media e la pornografia sempre più spinta, una permanente induzione alla voglia e al consumo e non certo alla temperanza e alla morigeratezza dei costumi sessuali.

Papa Ratzinger sostiene a riguardo che “sia oggi necessaria una «info-etica» così come esiste la bio-etica nel campo della medicina e della ricerca scientifica legata alla vita” (cfr. Avvenire, 25 Gennaio 2008, p. 3) anche perché per accrescere l’audience ormai si usa a piene mani la trasgressione e la volgarità e si manipola la realtà creando “eventi” di cosiddetto progresso culturale e civile come il “suicidio della famiglia…” La diversità “omo ed etero o trans” appartiene alla propria determinazione di adulti ed è riferibile ad un proprio progetto di vita, chiuso o aperto alla fede, ma la scelta non può né deve essere indifferente ad un senso morale, sociale e oggettivo di tipo pubblico che oggi viene eroso dal bombardamento mediatico quotidiano della cultura dell’individualismo pan-sessuale che rende tutto lecito, anche le devianze più impensabili e senza confini, compreso il sessismo maschilista.

*filosofo e sociologo

Terapie riparative. Cantelmi: "Quanto e’ stato raccontato dal giornalista di Liberazione e’ falso e ne rispondera’ in sede giudiziaria".

(Dire) Nessuno pretende di ‘curare’ i giovani gay: offriamo quello che viene offerto da tutti gli psichiatri e psicologi rispettando il codice deontologico e i valori del paziente”. Tonino Cantelmi, psichiatra e psicoterapeuta, docente di psicologia all’Universita’ gregoriana e fondatore dell’Associazione italiana psicologi e psichiatri cattolici risponde cosi’ all’inchiesta pubblicata nei giorni scorsi su ‘Liberazione’ e realizzata dal giornalista che si e’ finto gay, per sei mesi, per sondare se anche in Italia, come negli Usa, si diffonde la ‘terapia riparativa’ dei gruppi legati alla Chiesa e lanciata da Joseph Nicolosi, psicologo clinico che vanta 500 casi di gay ‘trattati’.

“Quanto e’ stato raccontato dal giornalista di Liberazione- sottolinea Cantelmi- e’ falso e ne rispondera’ in sede giudiziaria, anche se, purtroppo, e’ stato strumentalizzato da altri. E invito il presidente dell’Arcigay Aurelio Mancuso a passare una settimana con me, per seguire tutto quello che facciamo e capire come lo facciamo”. Nessuno, spiega lo psichiatra cattolico, “viene forzato a cambiare l’orientamento sessuale. Chi chiede una terapia e non mette in discussione l’omosessualita’, non viene forzato in alcun modo”. Se qualcuno invece, prosegue Cantelmi, “non si riconosce come omosessuale e non vuole esserlo ha il diritto di approfondire questo problema e di ricevere un percorso psicoterapeutico adeguato”.

Ma anche questo non e’ detto che porti a dei cambiamenti: “Noi cerchiamo di aiutare il giovane a capire le origini sulla sua sofferenza- sottolinea lo specialista- e a trovare risposte, non c’e’ una terapia specifica sull’omosessualita’ Il giornalista, racconta Cantelmi, “si e’ finto gay e si e’ sottoposto ai test, ma si tratta di test di personalita’ diffusi in tutto il mondo, il Mmpi-2, (Minnesota multiphasic personality inventory), e il Rorschach. Gli si e’ detto che aveva una serie di problemi e gli e’ stata proposta una normale psicoterapia cognitivo-comportamentale”. Eppure, lamenta Cantelmi, “nessuno ha pensato di verificare il servizio che poi il giornalista ha fatto. E’ stato preso per buono”. Io, spiega lo psichiatra, “visito centinaia di persone, non esistono pressioni, il fatto e’ che non tutti gli omosessuali si riconoscono nel modello gay, cosi’ come molti che hanno esperienze omosessuali di fatto non lo sono. E vanno aiutati a capire sino in fondo la propria conflittualita’. La terapia mette in discussione tutti i comportamenti, questo puo’ succedere anche rispetto a quelli omosessuali”. Ma che ne pensa Cantelmi delle teorie di Joseph Nicolosi? “Mi sembrano molto americane, semplicistiche di fatto.

Piu’ volte, come psichiatri cattolici, abbiamo ritenuto la sua posizione troppo riduttiva”. Ma e’ giusto, per lo psicoterapeuta, “rispettare sempre il codice di valori dei nostri pazienti, e rispettare anche i valori degli omosessuali credenti. Questo deve essere molto chiaro per tutti. Invece molte volte le terapie sono mortificanti, soprattutto nei confronti dei credenti”.

Conclude Cantelmi: “Non si parte con il pregiudizio, noi rispettiamo il desiderio del paziente, ma spesso capita che non ci sia rispetto per pazienti che hanno codici diversi”. E, tiene inoltre a sottolineare in conclusione lo psichiatra, “non c’e’ nulla di clandestino, non c’e’ nessun circuito italiano del ‘sesso deviato’, ne’ alcun collegamento nostro con la chiesa cattolica. Non ci sono, in definitiva, teorie ‘vetero-complottiste'”.

Terapie "riparative" e omosessualità. Parla la presidente dell’Ordine degli psicologi del Lazio.

Zaccaria: «La terapia riparativa non esiste. L’ordine interverrà».

(Liberazione) Marialori Zaccaria, presidente dell’ordine degli psicologi del Lazio e membro del consiglio nazionale, ha appreso con sgomento l’esistenza delle pratiche terapeutiche per “guarire dall’omosessualità”. «Leggendo l’inchiesta di Liberazione emerge uno spaccato che va contro il codice deontologico della nostra professione». Ed ancora: «Arriveremo fino in fondo a questa storia e accerteremo eventuali responsabilità di colleghi psicologi». Insomma una presa di distanza netta e decisa nei confronti di chi applica terapie medioevali.

Dottoressa Zaccaria, a quanto pare ci sono suoi colleghi che vanno in giro a guarire dall’omosessualità. Che ne pensa?
Prima di tutto ci tengo a sottolineare il fatto che il professor Cantelmi è uno psichiatra e non uno psicologo.

E sulla terapia riparativa? Che validità scientifica ha?
Le terapie riparative non esistono. E’ come se un eterosessuale seguisse corsi terapeutici per diventare omosessuale. L’articolo 4 del nostro codice disciplinare parla chiaro: lo psicologo deve rispettare il diritto del paziente astenendosi dall’imporre il proprio codice di valori. Insomma, non deve esserci alcuna discriminazione in base alla religione, l’etnia, l’estrazione sociale, lo stato socio-economico, il sesso, l’orientamento sessuale e la disabilità.
C’è chi sta chiedendo interrogazioni parlamentari per chiedere l’espulsione degli psicologi coinvolti. Come ordine farete qualcosa?
Accerteremo senz’altro eventuali responsabilità.

A quante pare le terapie riparative hanno molti “pazienti”, come spiega questo fenomeno?
Purtroppo le persone che hanno un diverso orientamento sessuale vivono ancora tante discriminazioni sociali. Una discriminazione che di per sè crea disagio. Quindi chi ha difficoltà pensa di risolvere le cose rivolgendosi a chi promette strane guarigioni. Voglio però ribadire che la “terapia riparativa” dell’omosessualità non esiste. Già un secolo fa Freud sosteneva che l’omosessualità non è una malattia. Chi dice il contrario dice una falsità scientifica e noi interverremo con una segnalazione alla commissione deontologica. Nello stesso tempo è evidente che bisogna organizzare eventi informativi e formativi adeguati.