Paola Concia: «Una campagna contro l’omofobia e la discriminazione». Ma fa i conti senza la Binetti, sua compagna di partito.

(Maria Zegarelli – L’Unità) È l’unica omosessuale – dichiarata – che siede in Parlamento, dopo l’ultima tornata elettorale che ha lasciato fuori Vladimir Luxuria, transgender, Franco Grillini, Titti De Simone. Lei non ama vestirsi in modo esuberante, preferisce i grigi tenui, si concede a volte il rosso, foulard e sciarpe di ottimo gusto, capelli sale e pepe portati con disinvoltura, militante nel partito da sempre, attivista del movimento omosessuale italiano, in Parlamento ci è arrivata dopo una lunga gavetta. Ci è arrivata quando la maggioranza è in mano al centrodestra con un forte bilanciamento a destra e se la battaglia per il riconoscimento dei diritti civili è stata un fallimento con il centrosinistra, chissà cosa succederà adesso. Ma Paola Concia, 44 anni, è abituata alle sfide, ai lunghi allenamenti prima di ottenere il risultato. E’ una maestra di tennis. Quando è arrivata a Montecitorio, stile sobrio, sorriso, profilo discreto, molto entusiasmo, tra le prime a farle gli auguri nell’attuale maggioranza figurano la ministra Giorgia Meloni e Alessandra Mussolini. Sarà battaglia? «I diritti degli omosessuali – ne è convinta – non sono né di destra né di sinistra: sono diritti umani ai quali è chiamato a dare risposte chiunque vada al governo».

Domani sarà il giorno del suo debutto in aula: parlerà a nome del Pd per celebrare la giornata contro l’Omofobia che si svolgerà il 17 maggio, ma sabato non ci saranno lavori d’aula e quindi si anticipa. Emozionata? Sì. «Domani presenteremo una mozione che impegna il governo in una campagna contro l’omofobia e la discriminazione nei luoghi di lavoro, nelle scuole, nelle Forze Armate. Chiederemo alla maggioranza e al governo di presentare disegni di legge al riguardo perché su questi temi non possono esserci divisioni». Insieme a Barbara Pollastrini e Gianni Cuperlo è tra i primi firmatari di una proposta di legge contro la violenza sulle donne – presentata la scorsa settimana – che contiene norme anche contro l’omofobia. Al Senato la stessa iniziativa è stata presa tra gli altri dal costituzionalista Stefano Ceccanti.

Con la ministra ombra Vittoria Franco, invece, sta lavorando alla legge sulle coppie di fatto. Non saranno Dico, né Pacs, né Cus. «Stiamo pensando anche ad altri istituti giuridici, come la partnership inglese e tedesca ad esempio», racconta Concia. Con le ministre Meloni e Garfagna vuole un incontro «perché in questo paese bisogna iniziare a far passare un messaggio culturale fondamentale: l’omosessualità deve essere considerata “normale”». Una sfida che Concia dovrà condurre anche nel suo stesso partito perché la posizione di Paola Binetti, Emanuela Baio Dossi e i teodem in generale è abbastanza chiara al riguardo: oltre il riconoscimento dei diritti individuali degli omosessuali non si può andare.

Al sindaco di Roma ha porto un invito: accompagnarla al cinema per vedere insieme il film «Improvvisamente l’inverno scorso», menzione speciale della giuria al Festival di Berlino, girato attorno alla quotidianità di una coppia gay alle prese con una legge sui diritti che non c’è. «Ancora aspetto di conoscere la sua risposta», racconta la deputata Pd, che tuttavia non dispera. Il film arriverà il 15 maggio. Lei è un treno in corsa, «anche se molto tempo lo dedico a studiare, perché un conto è lavorare fuori dal parlamento un conto è starci dentro». Nel cassetto c’è il testo di legge sulla responsabilità genitoriale per i bambini che vivono con genitori gay. «E’ una legge che tutela i minori – avverte sapendo che anche questo è un campo minato -. Oggi ci sono 100mila bambini in Italia in questa condizione. Se muore il genitore naturale il bambino viene sottratto al convivente sopravvissuto anche per anni è stata una figura affettiva di riferimento».

Alemanno, la destra e le persone Lgbt.

(Illuminismo) Trovo che la lettera indirizzata dalle associazioni LGBT ad Alemanno sia un’iniziativa sacrosanta.
E’ ora che la sinistra capisca che “per colpa di qualcuno non si fa credito a nessuno”… se poi quel qualcuno bazzica con la Binetti, non si vede proprio su quali basi si possa far credito.
A questo punto per noi persone LGBT è meglio buttarsi a destra.
Sia ben chiaro: io per primo sono consapevole che le persone LGBT oggigiorno c’entrano con la destra italiana tanto quanto la Binetti con la sinistra: assolutamente nulla, né per storia né per cultura.
E infatti avrebbero lo stesso ruolo della famigerata numeraria: portare questioni concrete dentro uno schieramento politico che non vi si è mai confrontato.
Solo che la Binetti porta idee medievali che prevedono l’oppressione della maggioranza sulle minoranze, mentre le persone LGBT portano un messaggio di inclusione, quindi la merce che noi dare alla desta è di ottima qualità e altamente pregiata, profondamente liberale, mentre la Binetti e le sue pari portano un messaggio di odio e di razzismo che ricorda – questo sì – il fascismo, il comunismo e ogni altro totalitarismo del secolo passato.

I gay di Conegliano pregano con un sacerdote in chiesa.

Ieri l’originale iniziativa. Vian: «Grazie a don Paolo che ci ha accolto in chiesa».
(Diego Bortolotto – La Tribuna di Treviso) Il parroco prega insieme a gay e lesbiche contro l’omofobia e le discriminazioni. E’ successo ieri mattina, quando i promotori del circolo gay «Shake» hanno partecipato ad una messa nella chiesa di San Pio X prima dell’inaugurazione del loro circolo.

«Noi non siamo contro la Chiesa – spiega il presidente del nuovo Circolo gay e lesbiche «Shake» di Conegliano, Francesco Vian – e abbiamo trovato la solidarietà di qualche religioso a Conegliano. Questa mattina alcuni di noi sono stati a messa per ricevere una benedizione». Il presidente dell’associazione, che è cattolico, ha letto la prima lettura del Vangelo durante la messa, quindi con l’autorizzazione di don Paolo Cester, sacerdote della parrocchia di San Pio X, è stata fatta un’invocazione contro l’omofobia durante la preghiera dei fedeli, che i giovani del gruppo gay avevano preparato. «Noi non vogliamo essere contro nessuno – continua il presidente dell’associazione Francesco Vian – anzi siamo un gruppo nato per confrontarsi e discutere, siamo contenti anche perché l’amministrazione comunale si è dichiarata disponibile ad una collaborazione». Ieri infatti all’inaugurazione della nuova sede di via Settembrini 135 del gruppo omosex e lesbo di Conegliano ha portato a sorpresa il saluto dell’amministrazione l’assessore Loris Balliana. Presenti anche Feltre e Zanella dell’opposizione. A differenza di Treviso dove il prosindaco Gentilini aveva invocato la «pulizia etnica dei culattoni», a Conegliano è arrivata l’approvazione dell’iniziativa da parte dell’amministrazione comunale. «L’augurio è che possiate lavorare con serenità – ha detto l’assessore alla famiglia – noi ci siamo e potete contare su di noi». Si sono poste le basi per l’organizzazione di un convegno pubblico sulla questione dell’omofobia in famiglia, tema che l’associazione affronterà in uno dei suoi prossimi incontri. Se dal presidente Vian è emerso il desiderio di collaborazione con istituzione territoriali, sia in ambito clericale che amministrativo, dal responsabile regionale del movimento gay, Alessandro Zan, invece non sono mancate aspre critiche al mondo «romano», sia quello Parlamentare che ai vertici ecclesiastici. «Vi è una Chiesa che mostra sempre più una gerarchia piramidale maschilista – ha dichiarato Zan – con un atteggiamento reazionario preoccupante, anche di una classe politica che si unisce ai diktat della Chiesa cattolica». Il richiamo del presidente arcigay Veneto è stato ai diritti che devono essere riconosciuti agli omosessuali, come quello del matrimonio civile. Le istituzioni locali a Conegliano si sono invece dimostrate aperte. All’avvio del nuovo circolo ha partecipato anche l’Associazione partigiani, con il responsabile Coneglianese Piero Marcon: «La scelta dell’Anpi è di essere i nuovi resistenti di fronte a nuove ingiustizie ed oppressioni, per difendere i diritti sociali». Il circo «Shake» gay, lesbo, bisex, trans ed etero friendly conta una quarantina di aderenti, molti dei quali si ritrovano ogni mercoledì.

GayLib flirta con la Carfagna per una fettina di potere.

In un suo comunicato, GayLib, l’associazione omosessuale vicina al PdL, scrive all’esecutivo: lavoriamo insieme. Governo, GayLib alla Carfana: “Tenga aperta la commissione per i diritti gay. Noi pronti ad entrare.
GayLib (gay liberali di centrodestra) saluta la nomina di Mara Carfagna alle Pari Opportunità e si candida come referente del Governo del Popolo della Libertà per discutere della questione omosessuale. A farsi avanti è il presidente dell’associazione, Enrico Oliari che ha chiesto formalmente un incontro al neoministro Carfagna attraverso una lettera aperta. “Mai come in questa tornata elettorale – scrive Oliari – l’affermazione delle forze laiche del centrodestra è stata netta e indiscutibile. Pertanto mai come questa volta riteniamo necessario e urgente aprire un confronto franco quanto sereno e produttivo col Governo del Popolo della Libertà da oggi al servizio dell’intera nazione italiana”.
“Al riguardo, porgendo a Lei e al suo staff i migliori auguri di buon lavoro – prosegue il presidente di GayLib rivolto alla giovane ministra chiediamo formalmente, un incontro tra Lei e la nostra Associazione, la quale si propone per essere autorevole referente presso il Governo delle istanze dell’intero movimento gay italiano. Altresì la invitiamo sin d’ora, pronti a discuterne di persona, a tenere aperta la ‘Commissione per i Diritti e le Pari Opportunità delle persone omosessuali’ in forze al suo ministero, peraltro già mantenuta attiva dal suo predecessore, Stefania Prestigiacomo”.
“GayLib – annota in conclusione Oliari – è pronta a entrare operativamente in un gruppo di lavoro a fianco al Governo espressione dei propri voti e della propria cultura liberale, di destra, per il buon governo del Paese, fornendo proposte alternative a quelle confuse della sinistra, rispettose dei nostri valori. Confidando, dunque, nella sua preparazione, nella sua giovane età e nell’onestà intellettuale e politica che Le permettono da oggi di ricoprire un ruolo tanto delicato e decisivo per la maturazione della società italiana nei suoi più differenti strati.”

Sgarbi ci riprova a tirare in mezzo i gay.

Sgarbi: “Milano non sia governata da chi discrimina i Gay”.
(Agr) Non si placa la polemica tra l’ex assessore alla Cultura di Milano, Vittorio Sgarbi, e il sindaco della citta’ Letizia Moratti, che gli ha ritirato la delega. ”La citta’ di Milano non puo’ essere governata da chi coltiva un atteggiamento razzistico e discriminatorio verso il mondo omosessuale”, ha detto Sgarbi. ”Appare sintomatico – ha dichiarato l’ex assessore – che io abbia avuto polemiche e sia stato cacciato perche’, pur non essendo un militante, ho sempre ritenuto di garantire la liberta’ di espressione al mondo gay con convinzione e riconoscenza per la originalita’ della loro visione. L’omofobia della Giunta di cui ho fatto parte tentando di stabilire una discussione senza subire diktat si e’ espressa nelle caricaturali posizioni della stessa Moratti, di De Corato e dell’ assessore Terzi che, invece di accogliere lo spirito di apertura, senza inutili contrapposizioni, e senza inaccettabili censure, come era avvenuto l’anno scorso, ha parlato di ‘delibera mascherata per truffare la gente’. La truffa non e’ di chi dialoga, ma di chi defrauda i cittadini di una realta’ culturalmente importante e che non e’ lecito ignorare. Alemanno eviti errori come questi”.

Quante costituenti a sinistra ovvero come scaricare i gay.

Il tentativo di arrivare ad un’unità si sta snodando già da ora in diverse imprese di costituenti, da quella lanciata dai movimenti e da Ginsborg a Firenze fino a quella, annunciata almeno localmente, della Sinsitra democratica. Sarebbe opportuno che esse fin da adesso lavorassero insieme e non procedessero separatamente, ripartendo dai territori e dalle idee.
(Clelia Mori* – Aprileonline) Diversamente da quanto discusso al direttivo nazionale della Sinistra democratica, sul territorio, come per esempio in Emilia Romagna, è arrivata la notizia della volontà di realizzare una costituente nazionale di Sd come forma democratica collettiva, in accordo col nostro bellissimo progetto dell’unità della sinistra presentato il 5 maggio 2007 a Roma.

Il problema però a questo punto è il seguente: quante costituenti intendiamo avviare a sinistra prima di realizzare il sogno dell’unità? Per ora, tra quelle che ci interessano maggiormente, spicca il progetto di quella inaugurata a Firenze dai movimenti e da Ginsborg, l’intellettuale di sinistra più cortese e reale che abbia sentito. Oltre questa, se ne prospetta anche una del movimento di Mussi, da realizzare cercando il coinvolgimento dei socialisti, come propongono Salvi e Villone, oppure mettendo in discussione definizioni storiche, come prospetta invece Leoni. Lasciando a Rifondazione, ai socialisti e agli altri i loro tempi, che però non possono né decidere per tutti né bloccare un cammino urgente, come ha ricordato Ginsborg rivolgendosi a Ferrando, torniamo a noi e cioè alle due costituenti di cui si parlava prima, quella dei movimenti sui territori e quella nostra, di Sd.

La prima domanda che viene da porsi in proposito è perché tra questi due tentativi già da ora non sembra ci debba essere comunicazione. Si risponderà che c’è tempo, ma per me non è una motivazione soddisfacente. Le costituenti infatti dovrebbero camminare in collegamento tra loro, soprattutto perchè già due sono troppe.
E’ autosufficienza o siamo ancora scottati dalle recenti esperienze passate, con momenti di futuro bruciati, per capire bene fino in fondo che fare? Forse siamo ancora saldamente avvinghiati, nei modi e nei pensieri, alla forma partito come fanno gli altri?
Per ora non so rispondere, anche se mi sembra che la forma partito sia inconsciamente la modalità che incontriamo più facilmente. Quello che resta evidente è che comunque le due costituenti della sinistra lasciano sospeso il futuro prossimo di un loro possibile incontro, dando così spazio al disegno della parzialità più che dell’unità; quindi tornando indietro rispetto all’unico accordo elettorale positivo che avevamo raggiunto chiamandoci La sinistra. Andavamo già allora, di fatto, un pò lontano da quella instancabile contrapposizione ideologica del ‘900 che ha visto in concorrenza socialismo e comunismo, foriera di continue divisioni, appassionanti più per gli uomini che per le donne, incapace attualmente di comunicare un messaggio politico alla gioventù che l’ha sentita a malapena discutere in famiglia. Quello che si chiede a Rifondazione o al Pdci lo dobbiamo chiedere anche ai socialisti e a noi stessi.

Nelle costituenti che ritengo interessanti, la parola d’ordine sembra essere quella di avere un occhio più attento ai territori, per ripartire da lì, più correttamente rispetto a quanto fatto nel 2007 e nel 2008. Mai i territori sono stati più frequentati, almeno idealmente, di quanto potrebbero esserlo ora dalla sinistra -Pd, Prc e socialisti compresi – indipendentemente da quello che essi potranno esprimere.
Ma quando parliamo di territori per la sinistra, di quale forma politica stiamo parlando?
Perché la speranza attuale è che non si ripeta quanto accaduto durante le recenti elezioni, dove hanno pesato maggiormente le scelte dei gruppi dirigenti regionali e nazionali rispetto a quelle dei locali.

Mi chiedo, però, se insieme ai territori si possa aggiungere -e lo solleciterei vivamente- anche la traduzione pratica di alcune idee su cui discutiamo da tempo, per non abbandonarci così ad un concetto datato di politica. Non mi pare che nei linguaggi usati abbiamo chiarito, a livello nazionale e locale, cosa voglia dire differenza di sesso, ambientalismo e laicità che, per inciso, non è certamente partire dai pur legittimi diritti dei gay. E non riesco proprio a capire se li vogliamo presentare davvero questi concetti per modificare la lettura delle forme della politica che pure vogliamo rinnovare. Visto che queste sono le uniche letture nuove del mondo apparse nella seconda metà del secolo scorso e vista la crisi generale in cui versa l’attuale pensiero unico e neutro ma in realtà solo maschile della politica, se le adottassimo avremmo in mano delle leve capaci di cambiare nel profondo anche la nostra politica. Allora il tema, purtroppo, è ancora se sapremo utilizzarle. Per ora infatti siamo stati, uomini e donne di Sd, in questo tentativo molto timidi.

So che nella direzione precedente si è svolta una discussione accesa sul nominare subito un nuovo coordinatore o un gruppo coordinante: ma quando parliamo di coordinare, di che cosa stiamo parlando? Coordinare cosa e perché? Abbiamo già provato a risolvere i nostri problemi con forme partito adottate così come erano dai luoghi da cui provenivamo, compresa l’idea di leader, ma ritengo che questa adozione non ci abbia fatto capire la differenza tra movimento o partito, sia nella costruzione del nostro pensiero che nella pratica.
Ci dicevamo infatti movimento, ma ci muovevamo come un partito neutro, a partire dall’organizzazione che è stata quanto di più classico conoscevamo.
Per questo lo sdegno provato per quanto scritto su La Repubblica del primo maggio, per quella coppia che sceglie l’aborto perché non riesce ad arrivare alla fine del mese con 1300 euro, a chi lo lasciamo? Nella analisi sulla violenza che l’organizzazione sociale esercita prima che sul lavoro e sulla famiglia, sulle donne e sulla loro vita, a chi lo affidiamo? Questo intreccio tra temi fondanti continuiamo a declinarlo coi modi neutri di prima e lo deleghiamo alla Lega, che lo risolve a modo suo, o per la sua parte a Casini? E quanto è accaduto al ragazzo di Verona ucciso per una sigaretta non ci fa ripensare alle matrici di quella violenza che le donne da tempo denunciano insieme a un gruppetto di uomini illuminati, quelli di Maschileplurale premiati oggi per il loro ragionare differente perfino alla Fiera del libro di Torino, ma non degnati di attenzione dai politici perfino di sinistra? Una violenza che forse non è semplicemente accantonabile come un tema del femminismo e dunque legittimamente ignorabile dalla politica vera. Se noi non sappiamo leggere con i nostri strumenti il mondo, altri lo faranno a modo loro coi loro cielodurismi o coi “fucili caldi” nella generale approvazione.

Chissà, quindi, se ai territori si potranno unire anche le idee nuove del ‘900 ed usarle come altro metro di misura per costruire una rete orizzontale che esprima anche dei principi generali più ampi e ricchi di quelli piuttosto verticali e tradizionali che siamo riusciti ad assumere fino ad ora?

La polarizzazione tra centro e territori implica sempre una scelta tra l’uno o l’altro, secondo le fortune del momento, che però perpetua lo squilibrio e l’incapacità se non esiste la sapienza della relazione tra le due forme e soprattutto tra le idee. Ma la relazione fa parte ancora di quella grande lezione che il femminismo dal ’68 in poi ci ha dato e che gli uomini si ostinano, per problemi loro, a non voler cogliere. Come sempre. Anche quelli di sinistra e non solo quelli della destra che inneggiano, in questi giorni, a una loro differente maniera di scegliere le donne della loro politica, facendoci ritornare malignamente in mente le parole della Santanchè sul verticale e l’orizzontale femminile e la politica della destra.

Il nostro attuale legittimo desiderio di capire chi si è e da dove ripartire per incontrarsi sembra diventare il presupposto per nuove implicite chiusure interne, almeno se ci limitiamo a ripartire dai territori così come li abbiamo intesi e non abbiamo lussi da sprecare per intercettare idee e percorsi democratici nuovi che non siano solamente istituzionali come quelli che abbiamo conosciuto.

Si avanza una domanda su qual è la democrazia che vale: quella interna o quella esterna ai movimenti o ai partiti? E per cosa discutiamo quando parliamo di democrazia, per noi stessi/e, che sarebbe del tutto legittimo, oppure anche per gli altri/e, altrettanto legittimo? Però, se sono giuste entrambe, il problema allora è come metterli in relazione in modo che nessuno dei due utilizzi l’altro per fini particolari. Perché c’è nei fatti una scala di valori tra l’interno e l’esterno organizzati, penso al Prc che privilegia quella interna rispetto al bene comune generale delle forme organizzate, per numero e qualità dei bisogni. E allora, la necessità di democrazia generale dovrebbe uniformare tutto di sè, per garantire la sua applicazione come diritto universale, invece che adottare una democrazia dei due turni: prima nel partito poi nella sinistra. E parlare di democrazia vuol dire non solo strutture organizzative ma anche equità economica.

Ginsborg ha provato a non far prevalere i singoli partiti della sinistra sul bisogno generale di democrazia partecipata, ma l’impresa è più ardua che pensare di poterlo fare battendo sul tempo i vari partiti per influenzarne la linea. Nell’idea stessa di partito, per come l’abbiamo conosciuta fino ad oggi, è affermata una autosufficienza e una “neutrità” che isola ed allontana, a cui bisognerebbe porre rimedio se non vogliamo trovarci sempre a scegliere tra polarizzazioni estreme ed uguali, che bloccano grandi sogni e grandi bisogni.

*Comitato nazionale di Sd.

L’Arcigay risponde al Papa: Il calo demografico non dipende dalle coppie gay.

(La Repubblica) “Le cause del calo demografico nei paesi occidentali non e’ certo provocato da quei governi che, con le loro leggi avanzate, consentono alle coppie gay di vivere insieme e formare una famiglia. Pertanto le cause del fenomeno della bassa natalita’ sono ben altre e Benedetto XVI dovrebbe cercarle altrove e non puntare il dito, per l’ennesima volta alla faccia della neutralita’ della Chiesa dalla politica, contro i governi progressisti, come la Spagna o l’Ungheria, che hanno leggi che garantiscono tutte le unioni, senza distinzione di razza sesso o religione”. E’ quanto afferma il presidente di Arcigay, Aurelio Mancuso, in un comunicato. “Inizi il Papa – aggiunge Mancuso – nel consentire anche ai preti di potersi sposare, e quindi fare figli legalmente, perche’ cosi facendo darebbe il suo piccolo contributo al ripopolamento dell’Occidente”.

Emma Bonino; Coppie gay favoriscono calo demografico? Magari!
“C’è un problema vero di sostenibilità”.

(Apcom) – “Il Papa dice che aprire alle coppie gay favorisce il calo demografico? Se così fosse sarebbe una bella notizia”: lo ha detto Emma Bonino, intervistata da ‘Radio Radicale’. “Anche se è un tabù e nessuno ne parla, un problema vero di sostenibilità è proprio quello dell’esplosione demografica, che porta tutta una serie di complicazioni e di rischi gravissimi”, ha ricordato l’ex ministro. “All’inizio del secolo scorso eravamo un miliardo e mezzo, oggi siamo sei, e con una aspettativa di vita molto più lunga. Non mi pare questo l’elemento essenziale. Anzi, se lo fosse sarebbe una buona notizia”, ha concluso la Bonino.

Papa. Rovasio: sue parole sono gravi e offensive per le persone lesbiche e gay. Negare i diritti per cause di calo demografico è analisi da osteria piuttosto che da fine teologo. Tolga il voto di castita ai preti.
(Dichiarazione di Sergio Rovasio, Segretario Associazione Certi Diritti)
‘Che il Papa sostenga che i diritti alle coppie gay non devono esistere perche’ c’e’ gia’ un forte calo demografico in corso, e’ un fatto grave e offensivo, innanzitutto verso le persone lesbiche e gay. Peraltro incolpare i gay del calo demografico e non, semmai, le famiglie cattoliche che usano abitualmente il preservativo o la pillola delgiorno dopo, e’ espressione di ipocrisia tendente a nascondere un fenomeno molto diffuso nel mondo cattolico. La nuova tesi del Papa e’ piu’ da osteria che da fine teologo e dimostra – fosse una novita’ – una forte e preoccupante attenzione verso il mondo lgbt. Se la sua ossessione sul tema del calo demografico e’ cosi pregnanate faccia eliminare il voto di castita’ alle suore e ai preti che, si sa, non sono persone necessariamente omosessuali’.

Il Papa: "Le unioni omosessuale sono contrarie all’insegnamento della Chiesa”

(Agi) Separare la sessualita’ dalla procreazione e’ sbagliato ed espone al rischio dell’infelicita’. Ne e’ convinto Benedetto XVI, per il quale il legame tra sessualita’ e procreazione (affermato 40 anni fa dall’enciclica ”Humanae Vitae” di Paolo VI) va rispettato sia scegliendo di non usare anticoncezionali e regolando invece le nascite con i metodi naturali, sia, nel caso opposto di un figlio che non arriva, rinunciando all’uso delle tecniche che spostano il concepimento dall’unione dei coniugi alla provetta di un laboratorio.
”In una cultura sottoposta alla prevalenza dell’avere sull’essere – ha denunciato – la vita umana rischia di perdere il suo valore. Se l’esercizio della sessualita’ si trasforma in una droga che vuole assoggettare il partner ai propri desideri e interessi, senza rispettare i tempi della persona amata, allora cio’ che si deve difendere non e’ piu’ solo il vero concetto dell’amore, ma in primo luogo la dignita’ della persona stessa”. Quanto alla fecondazione artificiale, essa separando ugualmente sesso e procreazione espone di fatto allo stesso rischio: ”nessuna tecnica meccanica – ha spiegato il Papa teologo – puo’ sostituire l’atto d’amore che due sposi si scambiano come segno di un mistero piu’ grande che li vede protagonisti e compartecipi della creazione”. ”Come credenti non potremmo mai permettere – ha detto nel discorso rivolto al convegno celebrativo dell’enciclica montiniana – che il dominio della tecnica abbia ad inficiare la qualita’ dell’amore e la sacralita’ della vita. Nella fecondita’ dell’amore coniugale – ha ricordato – l’uomo e la donna partecipano all’atto creativo del Padre e rendono evidente che all’origine della loro vita sponsale vi e’ un si’ genuino che viene pronunciato e realmente vissuto nella reciprocita’, rimanendo sempre aperto alla vita. Questa parola del Signore permane immutata – ha scandito – con la sua profonda verita’ e non puo’ essere cancellata dalle diverse teorie che nel corso degli anni si sono succedute e a volte perfino contraddette tra loro”.
Per questo ‘‘la legge naturale, che e’ alla base del riconoscimento della vera uguaglianza tra le persone e i popoli, merita di essere riconosciuta come la fonte a cui ispirare anche il rapporto tra gli sposi nella loro responsabilita’ nel generare nuovi figli. L’insegnamento espresso dall’Enciclica ”Humanae Vitae”, che esortava i cattolici ad accogliere sempre la vita e a non sbarrargli la strada con l’uso di anticoncezionali, ”non e’ facile”, ha ammesso Ratzinger. ”Esso, tuttavia – ha sottolineato – e’ conforme alla struttura fondamentale mediante la quale la vita e’ sempre stata trasmessa fin dalla creazione del mondo, nel rispetto della natura e in conformita’ con le sue esigenze”.
Nei diversi Paesi, i vescovi si oppongono al pubblico riconoscimento delle unioni omosessuali perche’ esso e’ ”contrario all’insegnamento della Chiesa” ma anche perche’ creando una mentalita’ permissiva contribuisce alla grave crisi dell’istituzione familiare, testimoniata dalla notevole diminuzione del numero dei matrimoni e dall’impressionante aumento dei divorzi, molto spesso anche precoci. ‘‘Tale situazione ha detto oggi il Papa ai vescovi dell’Ungheria – unita alla carenza di sussidi per le famiglie numerose, ha portato ad un drastico calo delle nascite, reso ancor piu’ drammatico dalla diffusa pratica dell’aborto”.
Secondo Benedetto XVI, ”la crisi della famiglia costituisce un’enorme sfida per la Chiesa: sono in questione la fedelta’ coniugale e, piu’ in generale, i valori su cui si fonda la societa”’. Ed a risentire di questo disorientamento degli adulti sono i giovani: ”nelle citta’ essi sono attratti da nuove forme di divertimento e nei centri piu’ piccoli sono spesso abbandonati a se stessi’‘. Per questo, ha detto il Pontefice, occorre moltiplicare ”gli sforzi per la pastorale scolastica e universitaria, come pure, piu’ in generale, per l’evangelizzazione della cultura, che ai nostri giorni si avvale anche dei mezzi della comunicazione sociale”. E’ dunqe ”auspicabile” che anche in Ungheria ”i rapporti con le autorita’ statali siano caratterizzati da rispettosa collaborazione, grazie anche agli accordi bilaterali”. Tutto cio’, ha concluso Ratzinger, potra’ ”recare beneficio all’intera societa’ in particolare nel campo dell’istruzione e della cultura”, soprattutto se le attivita’ della Chiesa saranno ”sostenute dalle pubbliche Istituzioni, a vantaggio soprattutto dei ceti sociali meno abbienti”.

Trieste. Segnalati i gay che "battono" in viale Gessi? Pare di si.

Saranno installate due telecamere per monitorare la zona nelle ore notturne.
(Maddalena Rebecca – Il Piccolo di Trieste) Non solo hanno dovuto fornire le generalità ed esibire i documenti. Si sono anche sentiti porre domande quanto meno insolite del tipo «perché vi siete dati appuntamento proprio qui?» e «frequentate abitualmente questo posto?». È il trattamento riservato qualche sera fa dagli agenti di polizia ad una coppia di giovani omossessuali seduti su una panchina del giardino di viale Romolo Gessi. E il sospetto dell’Arcigay è che l’atteggiamento particolarmente insistente di quei poliziotti non rappresenti un caso isolato, ma sia piuttosto il segnale di un nuovo, e preoccupante, clima di intolleranza verso la comunità omosessuale.

Un timore alimentato anche da un secondo elemento venuto alla luce in questi giorni: la scelta di collocare due delle 25 telecamere previste dal Protocollo sulla videosorveglianza firmato da Comune, Questura e Prefettura, proprio all’interno dell’area verde di viale Gessi, nota a tutti come storico luogo d’incontro tra gay. «Da parte nostra speriamo che questa decisione sia stata presa in buona fede – afferma il vicepresidente del circolo Arcobaleno Nicola Cicchitti – . Facendo uno più uno, però, è difficile pensare che non ci sia un collegamento tra i fatti. La sensazione di una crescente ostilità nei nostri confronti, effettivamente, ce l’abbiamo. Del resto, a Trieste come nel resto del Paese, l’ondata omofoba non è mai venuta meno. Semplicemente i riflettori su questo fenomeno, riconducibile sempre all’ignoranza e alla paura del diverso, si accendono di solito solo quando succedono fatti particolarmente eclatanti. Ecco perchè – conclude Cicchitti – ci attiveremo subito per fare chiarezza su questa ”attenzione particolare” riservata ai frequentatori di viale Romolo Gessi, e chiederemo risposte alle istituzioni».

Risposte già sollecitate anche dal capogruppo del Pd in consiglio comunale Fabio Omero, secondo cui sarebbe in atto «un’azione preordinata di repressione che colpisce tutti, anche i cittadini che non commettono reati ma chiacchierano semplicemente su una panchina, solo per il fatto di essere omosessuali». Durante l’illustrazione del regolamento sulla videosorveglianza, Omero ha chiesto al comandante della polizia municipale perchè fossero state posizionate due telecamere proprio in viale Gessi. «E mi è stato risposto che la localizzazione degli impianti è frutto di una scelta politica – continua il capogruppo del Pd -. È allora il sindaco, che ha la delega alla sicurezza e alla Municipale, a dover dire se questa linea politica, che rischia di ledere i diritti elementari di alcuni cittadini, può essere giustificata semplicemente dalla prevenzione di atti osceni in luogo pubblico».

«Ma quale scelta politica – replica Roberto Dipiazza -. Non abbiamo fatto altro che dare ascolto ai residenti della zona che si lamentano per la presenza dei gay. Personalmente nei confronti degli omosessuali ho la massima tolleranza. Ma nel momento in cui finiscono per rendere insicura una certa zona della città, è necessario intervenire. Così come è giusto e necessario che i poliziotti facciano domande alle persone ritenute sospette. Con tutto quello che succede in Italia in questo momento, tra stupri ed episodi di violenza – conclude il sindaco – non vedo cosa ci sia di strano».

Diichiarazione della Ministra Meloni: "Il Gay Pride non ha fatto bene al mondo omosessuale".

(Apcom) “Il Gay Pride non ha fatto bene al mondo omosessuale perchè ha alienato loro molte simpatie”. Lo ha detto Giorgia Meloni, ministro delle Politiche Giovanili, al termine della cerimonia del nuovo governo al Quirinale.

“Quando gli omosessuali – ha aggiunto – faranno in conti con questo, sarà utile per tutti”.