Francesco Tricarico piace sempre più ai gay.

Puro come un “giglio”: il nuovo Tricarico.
(Cadavrexquis) Giglio è il nuovo album di Tricarico, che secondo me è stata la presenza più originale dell’ultimo festival sanremese. L’ho comprato quasi a scatola chiusa, ma non mi ha deluso e, anzi, da allora non smette di girare nel lettore cd. Giglio è una fotografia del personaggio e del mondo di Tricarico. Undici pezzi in cui il cantautore rivela una sensibilità acutissima che si manifesta con un immaginario molto visivo, a tratti fanciullesco, usato però per trattare temi che non hanno nulla di rassicurante. Tutt’altro: l’ascoltatore ha l’impressione di avere davanti a sé un uomo che si muove nel mondo quasi come se non avesse più una pelle a separarlo dalle offese e dai dolori, un uomo che solo attraverso queste canzoni – all’apparenza così strane e allusive – riesce a difendersi e a lenire un po’ le proprie ferite. Il canto di Tricarico è in realtà un “non canto”, una sorta di incrocio tra Vasco Rossi e Lucio Battisti. Qualcuno è infastidito da questi “cantanti” che non sanno cantare – leggevo al riguardo un pezzo su La Stampa di ieri -, ma a me non pare il caso di infierire, perché quello che conta è l’interpretazione. Qui, come nell’esecuzione di Sanremo, si avverte che Tricarico è viscerale: canta cioè con la pancia, che ancora più dell’ormai svalutato e banalizzato cuore è la sede delle emozioni. Chi lo ascolta, avverte una nota di sincerità e, a sua volta, prova la stessa emozione del cantante.

L’album si apre con Oroscopo, un pezzo dall’andamento un po’ jazz in cui si prendono i giro quei “maghi” che, sfruttando le debolezze degli ingenui e il loro bisogno di rassicurazione, fanno credere di saper leggere il futuro, mentre in realtà sono dei pozzi di cinismo. Eternità – il terzo brano dopo Vita tranquilla – riprende lo stesso tema della canzone sanremese: la ricerca della serenità nelle cose semplici e nella vita di tutti i giorni, un’esigenza tanto più forte quanto più profondo è l’abisso che minaccia la tranquillità dell’esistenza. Un’altra possibilità è una delle canzoni che, in maniera più esplicita, affondano il coltello nel disagio psichico. In questo caso – sostenuto da una musica nervosa e ritmata, che si scioglie quasi in un’invocazione ottimistica nel refrain – il tema è la “coazione a ripetere” causata da traumi antichi che spingono l’individuo a infliggere agli altri il male patito. Le altre due canzoni che si spingono sul terreno accidentato del disagio psichico sono Pomodoro e Fili di tutti i colori. La prima sembrerebbe, a un ascolto superficiale, una filastrocca infantile, sia per la melodia che per i testi. In realtà, prestando più attenzione alle parole, ho la netta sensazione che descriva il narcisismo patologico di chi non distingue tra sé e il mondo e finisce per “annegarci” dentro, proprio come il mitico Narciso davanti allo specchio d’acqua. Per raccontare questa esperienza, però, Tricarico usa una serie di immagini leggere, bambinesche, e le rafforza attraverso la reiterazione: “Com’è che se mi mangia una tigre non diventa lei Francesco? / Com’è che se mi bacia una ragazza non diventa anche lei un maschio?”. La seconda – Fili di tutti i colori – sembra assurda, ma in realtà parla di autismo e lo fa adottando il punto di vista del bambino sottoposto a un test psichiatrico che deve stabilire se è “sano” o no. La canzone racconta, insomma, da dentro come ci si sente a subire una violazione della propria intimità. Il bambino non comprende il senso di questa indagine e protesta: “io… credevo che… tutti… fossero… come me”. E il senso di rabbia si riflette nella musica: è il brano più violento di tutti, un punk-rock pieno di schitarramenti in cui s’innervano sbaffi e scariche elettriche che la movimentano ancora di più.

Mi ha divertito molto, quando ho comprato Giglio, scoprire che una canzone s’intitola Il mio amico – esattamente come quella della Tatangelo. In questo caso, però, l’amico di Tricarico non è gay. La “diversità” di cui canta lui è una diversità totale, su cui si posano due sguardi. Il primo è quello del cantautore, per cui l’originalità dell’amico ha del miracoloso e del prodigioso: “Ecco per esempio volava / E i muri i muri lui li attraversava / Poi in inverno di colpo / I fiori li faceva fiorire / Sapeva anche scomparire e i / gatti morti risvegliare”. Quello che per lui è una ricchezza è invece, per gli altri, un difetto (ed è questo il secondo sguardo): se lo portano via, “gli hanno aperto la testa”, lasciandogli le cicatrici. L’importante è averlo normalizzato e infatti ora “non sa più far niente / sembra un deficiente”. E’ uno dei pezzi più orecchiabili e cantabili di tutto l’album e presenta echi decisamente “celentaneschi” – soprattutto quando la melodia si scioglie verso la fine. E, parlando di influenze, la canzone “battistiana” per eccellenza è Cosa vuoi adesso? Lo è sin dagli accordi di chitarra iniziali e dai primi versi sul filo della memoria: “Io non dormo e resto sveglio e ricordo quando ero un ragazzo / La maglietta i pantaloi e le scarpe il giubbotto / Poi a scuola a guardare dalla finestra e a sputarsi addosso”. Poi, però, quando deve descrivere la fatica di crescere, vivere e diventare uomo, la melodia diventa più energica e arrabbiata e si capisce che non è affatto quell’idillio battistiano che sembrava all’inizio: “Quante prove nella vita che bisogna sopportare / Quante prove nella vita che bisogna affrontare”. L’album si chiude con Libero, che è proprio quello che promette il titolo: un inno alla libertà, che è soprattutto la possibilità di vivere fregandosene delle convinzioni: “Fare l’amore con lei davanti a tutti / Camminare nudo senza vergogna / Baciare un uomo e accarezzarlo”. Non vorrei quindi dare l’impressione che Tricarico sia solo “tormentato”. No, in tutto questo apparente disagio, c’è una grande vitalità e un forte desiderio di affermarla e di affermarsi ed è il suo lato fanciullesco che rivela, appunto, un incancellabile ottimismo malgré tout. Perché, come canta lui stesso, “in fondo nulla è solo brutto”.

Il pornoattore nelle vesti di critico musicale. Rocco Siffredi: Amo i Genesis e Carboni. «E Laura Pausini è la Madonna italiana».

(Andrea Laffranchi – Il Corriere della Sera) Il regista hard ha scelto i brani dell’album «Sexy»: da Donna Summer a Frankie Goes to Hollywood
«Psicologicamente la musica è un fattore importante. Con la scelta giusta sei già a metà strada ». Questo, per Rocco Siffredi, il rapporto fra le canzoni e il sesso. Così l’ex pornodivo, oggi regista e produttore hard, ha deciso di mettere la sua esperienza (oltre 3mila donne, solo sul set) al servizio di tutti. Con una compilation dal titolo esplicito, «Sexy», che verrà presentata domani pomeriggio alla Fnac di Milano. Un’ora circa di musica, mixata da Sergio Cerruti, che spazia da classici come «I Feel Love» di Donna Summer e «Relax» dei Frankie Goes to Hollywood per arrivare a tempi più recenti con l’ironica lounge di «Would You» dei Touch and Go e la dance di Mousse T con «Horny ’98».

Come ha selezionato la scaletta? «In questo cd ogni canzone mi ricorda un episodio della mia vita sentimentale in questi 22 anni di carriera in giro per il mondo. C’era chi andava in discoteca per la musica, io ci andavo per il rimorchio». Una canzone, spiega Rocco, può servire anche nell’intimità: «Certo. Ti dà un aiutino, crea feeling. Tante donne mi hanno detto “è stata serata indimenticabile”, per poi aggiungere “era bellissima anche l’atmosfera”».

Questo nel privato. E sul set? «A volte mi davo la carica con la colonna sonora di Rocky. E poi ho usato tanto il rock in fase di preparazione. Per fare sesso davanti a una telecamera ci vuole un buon equilibrio psicofisico come in qualsiasi altra professione nella quale ti viene richiesto di dare il 100 per cento. La forma fisica era importantissima per il mio lavoro e mi sono sempre allenato con la musica: gli America erano perfetti per correre e poi mi piacevano molto i Pet Shop Boys». Attenzione, però, la scelta sbagliata può essere controproducente. Siffredi non parla di cilecca, ma «diciamo che il jazz non mi fa impazzire». E rilancia: «E a chi dice che Carboni è molle dico di ascoltare “Inno nazionale” o “Ci vuole un fisico bestiale”. Vorrei metterle, assieme a “Disperato erotico stomp” di Dalla in una raccolta dedicata agli italiani».

Nei gusti personali, Siffredi spazia molto. «È come con le donne: non scelgo fra bionde e more… io sono pro-sesso. Così, se da ragazzo ascoltavo Genesis e Supertramp, oggi non posso fare a meno dei metallari Rammstein coi quali canterei volentieri o del mio amico 50 Cent o di Robbie Williams, talento incredibile». Le colonne sonore dei film porno non brillano certo per qualità… «Non mi piace che ci sia musica su una scena hard, preferisco sentire quello che esce dalla bocca di una donna». Che legami ci sono fra il mondo della discografia e quello delle luci rosse? «I video hip hop si ispirano molto ai nostri film. Non per nulla Gregory Dark, famoso regista porno, ha girato clip per Xzibit e Snoop Dogg. E poi è passato anche al poprock con Linkin Park e Britney Spears ». Quindi dà le pagelle di seduzione. Madonna? «Il top, il mito di personaggio femminile». Kylie Minogue? «Una ciliegina, ha un sedere e una sessualità spaventosi ». Britney? «Non mi piace. Eravamo vicini a un party e non l’ho nemmeno notata». Beyoncé? «Con lei farei sesso volentieri». E in Italia chi le piace? «Mi ha stupito la Pausini, è la Madonna italiana. Però è talmente brava ragazza che non mi immagino nulla».

Dossier Tatangelo. Tra Sanremo, critiche gay, ritocchi, tapiri e gravidanze sempre più certe.

Anna Tatangelo attapirata. Per il secondo posto a Sanremo.
(TGCom) Raggiunta a Milano dal Valerio Staffelli, Anna Tatangelo ha ricevuto il tapiro d’oro dopo il secondo posto a Sanremo e per i fischi ricevuti e il vestito indossato alla finale, identico a quello della velina Melissa Satta alla serata dei Telegatti. “Che ho fatto di male? – chiede la cantante -è per il vestito? Ho seguito la replica di Striscia ma ho chiamato la persona e mi ha assicurato che sono addirittura due tessuti diversi”.

E quando Staffelli le domanda come mai sia arrivata seconda al festival la Tatangelo risponde: “Sono antipatica forse alla giuria, sono arrivata seconda grazie al pubblico e lo ringraziamo. Il tapiro l’ho sempre desiderato, lo metterò in camera da letto, lo faccio mangiare, bere, lo tratterò bene”. E poi: “Alti e bassi tra me e Gigi D’Alessio? Non lo sapevo! Durante Sanremo ho esternato tramite un ringraziamento, ho detto una parolina, ti amo, e i fotografi si sono un pochino inquietati. La crisi? Sono i giornalisti che dicono, non c’è nessuna crisi, non c’è mai stata, ci sono alti e bassi ma va tutto benissimo”.

Infine, Staffelli invita la Tatangelo a sfruttare la telecamera del tg satirico per rilanciare il suo messaggio a Gigi D’Alessio. Proposta accolta ma con un invito da parte della cantante: “Dovete andare anche da lui. Non sono solo le donne che devono per forza esternare ma anche gli uomini! Amore mio – conclude Anna – con Staffelli e con questo bel animaletto, ti amo”. E scattano fischi sonori da parte del tapiroforo.

La ex di Gigi: “Anna doveva tacere”. Tatangelo incinta ma non lo dice?
(TGCom) Anna Tatangelo dal palco dell’Ariston ha gridato “Ti amo Gigi” provocando i fischi della platea, i commenti del pubblico e soprattutto le critiche della ex moglie di D’Alessio. “Non se la poteva risparmiare quella frase? Non poteva prender il premio e stare zitta?” dice Carmela Barbato a Novella Duemila. Intanto si vocifera che la cantante sia incinta. Lei ha smentito, ma secondo i bene informati lo avrebbe confessato agli amici.

“Non ho seguito il Festival, ma a un certo punto tutti hanno cominciato a chiamarmi sul cellulare…” spiega la Barbato.

“Con quei fischi hai vinto tu” le avrebbero detto amici e parenti ragigungendola al telefonino dopo la finale di Sanremo. “Quello che è successo è vergognoso – commenta la ex moglie di Gigi – Non è mica fidanzata con ragazzo di vent’anni lei! Non lo sa che c’è una famiglia, una figlia di 16 anni a casa che soffre?”.

Intanto si rincorrono le voci di una possibile dolce attesa della cantante di Sora. Già un mese fa se n’era parlato e D’Alessio aveva prontamente smentito. Poi dal palco dell’Ariston Pippo Baudo ha scherzato con la Tatangelo sull’argomento e lei ha nuovamente negato, ma restano i dubbi. Secondo Novella Solange, sensitivo amico di molte star, avrebbe ricevuto la confessione di Anna che gli avrebbe rivelato la lieta novella. A riprova ci sarebbe anche un decolletè più florido dell’artista che non sarebbe frutto di un ritocchino.

Sanremo 2008. Un ospizio di giovani dove vince la mediocrità.

I vincitori Voto: 0

1) Giò di Tonno/Lola Ponce

2) Tatangelo

3) Moro

(Gino Castaldo) Non è che a questo festival ci fosse tanto da premiare. Ma la vittoria dei due zuccherini e il secondo posto della Tatangelo riportano il festival ai suoi anni peggiori. Va detto che era prevedibile. L’andazzo si era capito da un pezzo. Ciò non toglie che siamo alle solite. Questi meccanismi di voto, compresa la giuria di qualità che di qualità non era, sono sconcertanti. Come diciamo da anni. In fondo l’anno scorso è vero che ha vinto Cristicchi ma secondo e terzo furono Albano e Mazzocchetti, quindi c’è mancato un pelo. In questo davvero il festival non cambia. Peccato.

In apertura pensiero per le morti bianche . Parolaccia di Tricarico (e premio della critica).
Trionfano Giò di Tonno e Lola Ponce.
Vince la canzone «Colpo di fulmine», scritta da Gianna Nannini. Chiambretti a Pippo: è l’ultima volta insieme.

(Il Corriere della Sera ) Il festival di Sanremo 2008 è stato vinto da Giò Di Tonno e Lola Ponce, con la canzone scritta da Gianna Nannini, “Colpo di fulmine”. Applausi scroscianti dal pubblico dell’Ariston. La coppia era tra i favoriti della vigilia e la canzone è stata scritta dall’artista senese per il musical “Pia de’ Tolomei”. «Io sono innamorata follemente del pubblico italiano e dell’Italia – ha detto la cantante argentina – e anche di questo uomo (ha detto rivolgendosi a Pippo Baudo, ndr) che ha fatto tanto, e continua a farlo, per la musica e per i cantanti». Alla fine, complimenti, baci e abbracci – intensi , sinceri e commossi – anche tra Pippo Baudo e Piero Chiambretti, mattatori di questo festival.

IL PODIO – Sul podio della 58esima edizione del festival sono giunti anche Anna Tatangelo, seconda con la canzone sull’amore gay intitolata «Il mio amico», e Fabrizio Moro, terzo con la canzone “Eppure mi hai cambiato la vita”.

TOP TEN – Ecco i primi dieci classificati del festival di Sanremo 2008: 1) Giò Di Tonno e Lola Ponce (Colpo di fulmine) 2) Anna Tatangelo (Il mio amico) 3) Fabrizio Moro (Eppure mi hai cambiato la vita) 4) Toto Cutugno (Un falco chiuso in gabbia) 5) Finley (Ricordi) 6) Paolo Meneguzzi (Grande) 7) Sergio Cammariere (L’amore non si spiega) 8) Gianluca Grignani (Cammina nel sole) 9) Little Tony (Non finisce qui) 10) Eugenio Bennato (Grande Sud).
LA PAROLACCIA DI TRICARICO – Alla fine c’è scappata la parolaccia, proprio in extremis. «Str…», rivolto non si sa bene a chi, ma con il microfono ben aperto. L’epiteto è stato pronunciato da Tricarico, che ha chiuso la rassegna canora. Segnali di insofferenza il cantante li aveva mostrati già dalla prima sera e nella serata finale, la battuta di Piero Chiambretti sul fatto di essere sempre l’ultimo a cantare l’ha fatto arrabbiare davvero. Allo stesso Tricarico è andato il premio della critica intitolato a Mia Martini.

CAMMARIERE – Fischi del pubblico (e disapprovazione anche da parte di Baudo-Chiambretti) all’annuncio del settimo posto di Sergio Cammeriere. Per lui c’era stata anche una standing alla fine della sua esibizione parte della giuria di qualità, che si è alzata in piedi e ha assegnato al brano “L’amore non si spiega” una votazione di 97 su 100. Anche Fabrizio Moro era stato molto apprezzato dalla giuria di qualitá, ottenendo 94 voti.

DE ANDRE’ -  Frankie Hi Nrg ha portato Fabrizio De Andrè sul palco dell’Ariston. L’incipit del suo brano ’Rivoluzione’ appartiene al cantautore genovese scomparso (nell’album ’Storia di un impiegato’ del 1973). Frankie Hi-Nrg, prima di cominciare a cantare, ha inserito il 33 giri in un giradischi e ha lasciato allo stesso De Andrè l’onore di dare inizio al brano. Alla fine polemica con Mughini e Fede, della giuria di qualità, sulla rivoluzione fatta con le canzonette. Commentando il voto basso assegnato, Mughini ha criticato il testo di ‘Rivoluzione’, mentre Fede non ha condiviso le tesi del brano. Mostrando in alto il disco di De Andrè, Frankie ha risposto: «Essere ciriticati da voi e un onore. C’è chi la rivoluzione l’ha fatta in buona fede».

OMAGGIO A SANDRA E RAIMONDO – Nella serata finale del festival, con i big in corsa per la vittoria, c’è stato anche il tempo per un omaggio a Sandra Mondaini e Raimondo Vianello. Il pubblico dell’Ariston ha accolto con una standing ovation la coppia, premiata con il «premio alla creatività» dal presidente della Siae perché sono «l’esempio più calzante di come si possa fare comicità senza ricorrere alle trivialità».

MORTI BIANCHE – La finale di Sanremo era cominciata con un omaggio e un ricordo dei morti sul lavoro. «Questa sera ci sembra doveroso ricordare una tragedia che sta colpendo il nostro paese, i morti sul lavoro», ha detto Pippo Baudo, che ha ricordato la scomparsa, pochi giorni fa, di un operaio del porto di Genova.

I CANTANTI -  Era stato Paolo Meneguzzi ad aprire la serata finale. Il sorteggio, avvenuto nel pomeriggio alla presenza del notaio, ha messo ancora una volta in testa l’inteprete del brano ’Grande’, che si era esibito per primo anche nella puntata d’esordio della kermesse canora. Oltre al pubblico da casa, le canzoni sono state votate da una giuria di qualità composta da Eleonora Abbagnato, Gianni Boncompagni, Martina Colombari, Emilio Fede, Tiziana Ferrario, Fabrizio Frizzi, Gloria Guida, Giancarlo Magalli, Giampiero Mughini e Mariolina Simone.

ELIO – Dopo essere stato i protagonisti del Dopofestival Elio e le storie tese si sono esibiti sul Palco dell’Ariston con una rivisitazione di ‘Piano pianissimo’, tratto da `Il Barbiere di Siviglia’ di Gioacchino Rossini, naturalmente in chiave rock. A presentarlo la vj di All Music, Lucilla Agosti, che con lui ha presentato il Dopo festival. «Volevamo proporre questo brano in gara, ma ci hanno detto che era giá edito» hanno detto. La performance di Elio e compagni, tutti in constume settecentesco e con enormi parrucche in stile, è stata la più applaudita e convincente della serata finale. Gli Elii, come ormai sono stati ribattezzati al festival, si sono esibiti davanti ad una gigantografia dell’amico e compagno di gag arrchitetto Magoni , in look da candidato. A concludere la performance un momento commovente, quando Elio ha ricordato l’«amicone Fejez» scomparso prematuramente 10 anni fa, uno dei componenti della band, che era sul palco a cantare quando vennero a Sanremo con «La terra dei cachi».

CHIAMBRETTI: ULTIMA VOLTA INSIEME – Come da copione le battute di Piero Chiambretti hanno movimentato la serata sin dalle prime battute. Chiambretti ha scherzato con la folta giuria di qualità, ricordando a Gloria Guida il suo passato di star della commedia sexy ma la battuta più divertente l’ha riservata a Emilio Fede: «Non ha ancora votato, ma tanto sappiamo a chi va il suo voto». Poi rivolto a Baudo ha detto: «E’ l’ultima volta insieme, questa coppia la dobbiamo scoppiare ed io ho già chiesto l’affidamento dei Finley».

VERDONE – Entrati in scena come i coatti Enza e Moreno, Carlo Verdone e Claudia Gerini hanno riproposto la coppia di personaggi più celebri del loro repertorio. Dopo aver discusso con una signora in platea per una poltrona occupata, Verdone-Moreno e la Gerini-Enza hanno eseguito Fortune Teller, un vecchio classico dei Rolling Stones, con Carlo Verdone alla batteria e la Gerini cantante. Il tutto con il supporto di un breve spezzone di Grande grosso e Verdone, il nuovo film del comico romano.

Sanremo. Sempre più in***ti i gay con la Tatangelo. Da Luxuria a Max Forte: "Da noi nessun voto". Ma Anna si difende, il video.

Hanno detto:

“Ho paura che questa nuova tolleranza verso i gay, corrisponda a esigenze di mercato”. Franco Grillini, deputato e presidente onorario di Arcigay, in un’inchiesta pubblicata da “Chi”, il settimanale diretto da Alfonso Signorini e in edicola questa settimana , e’ critico nei confronti della canzone cantata da Anna Tatangelo a Sanremo, “Il mio amico”, che racconta delle discriminazioni subite dai gay.

Il settimanale ha interpellato opionion leader e autorevoli esponenti della cultura gay, che in prevalenza hanno “bocciato” la canzone. Dice il filosofo Gianni Vattimo: “Temo che questa tenerezza per i gay corrisponda a una sorta di accettazione un po’ ambigua delle diversita’. Tutto cio’ che passa in tv e che fa successo genera sospetto”. Dura la valutazione di Platinette: “Raccontando la storia di un ‘amico gay’, Gigi D’Alessio e Anna raggiungono punte di involontaria comicita’. E’ il trionfo della retorica”. Non e’ da meno Alessandro Cecchi Paone: D’Alessio e’ un etero confuso“. Della stessa opinione l’onorevole Vladimir Luxuria, che spiega: “La canzone non parla del mondo gay. Hanno fatto confusione. Nel loro brano raccontano la storia di un transgender. La Tatangelo vive la sindrome della ‘frociarola’. Termine che io uso per descrivere quelle donne che trascorrono tanto tempo con l’amico gay e si dimenticano del proprio compagno”.

Critico anche il cardinale Ersilio Tonini: “I gay sono creature che vanno rispettate. Non credo che loro chiedano di voler essere rappresentate da questo tipo di canzoni”.

Max Forte, giornalista alla fine dichiara: “Non si aspetti nessun voto dai gay. La Tatangelo ma soprattutto D’Alessio hanno una visione “sciampista” del mondo Glbt vecchio di almeno trent’anni”.


Ma Anna si difende nel corso di una conferenza stampa.

I gay romani attaccano la Tatangelo: "Penosa".

(Circolo Mario Mieli) Ieri sera, al Festival di Sanremo, Anna Tatangelo ha cantato “Il mio amico”, dedicata al suo amico gay. Sarebbe stato meglio che, invece di cantarla, l’avesse fischiettata. Il testo, scritto da Gigi D’Alessio, è impresentabile, retorico e disegna un gay assai stereotipato. Ci racconta la storia di un gay che non dorme di notte, che lascia segni di trucco sul cuscino, che la mattina si alza sbattuto ma con gli occhi vivi alla ricerca dell’amore che non troverà mai. Fin qui la storia potrebbe essere sopportabile, potremmo pensare ad un omosessuale depresso e un po’ indeciso sulla sua identità che ha la sfortuna di avere un’amica molto bella e nessuno se lo fila.

Il peggio deve ancora venire: scopriamo che il ragazzo è amareggiato, che il suo cuore batte forte per “dare vita a quella morte dentro se”, che cerca un fidanzato perché l’altro già da un pezzo l’ha lasciato e che racconta cose che nemmeno lui sa ma nel frattempo spera sempre in quell’amore che non ha. Ma niente paura, c’è Anna che ti rincuora e ti dice che non c’è nessun male ad amare un altro come te, anche se nel tuo cammino dell’amore avrai sempre quel dolore dentro te, che l’amore non ha sesso e che non devi curarti di chi ti dice che non sei normale perchè tu sei normale come noi e sei anche tu figlio di Dio!

Lungi dal non riconoscere che il tentativo di sdoganare l’argomento dell’omosessualità e della discriminazione è stato fatto, riteniamo però anche doveroso notare che la figura che ne emerge ci è lontana. Non vediamo in quale modo questo mellifluo tentativo possa avvicinare la società al mondo gay in maniera sana e scevra da quel vittimismo che ci sembra pervada tutto il testo e nel quale non ci riconosciamo.

A questa melodica tiritera sulla sfiga di essere gay preferiamo di gran lunga “Sulla porta” di Federico Salvatore, presentata a Sanremo nel 1996 oppure la divertentissima “Luca” della mitica Raffaella Carrà del lontano 1978.

Andrea Berardicurti
Segreteria politica Circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli

Sanremo. Elio analizza la canzone della Tatangelo e la massacra. Il video.

Al Dopofestival si ironizza sulla canzone di Anna Tatangelo e ne vengono fuori di tutti i colori. Una canzone inconsistente fatta solo per cavalcare l’onda della disgraziata condizione in cui si trovano molti omosessuali. Non ultimo il retroscena affaristico con l’intento di accattivarsi il pubblico gay. Da una parte il duo D’Alessio-Tatangelo c’è riuscito, dall’altro quello del pubblico meno disincantato, non c’è cascato.

Sanremo, il Cardinale Tonini ‘scomunica’ la canzone della Tatangelo: “Strumentalizza e danneggia gli omosessuali". Intervista.

(Bruno Volpe – Papanews) Sanremo non vuol dire solo musica ma anche critiche. Se ne saranno resi conto Pippo Baudo (dall’alto della sua esperienza) e Piero Chiambretti, i conduttori di questa edizione, che ben presto hanno dovuto fare i conti su un vorticoso calo degli ascolti. Che il Festival di quest’anno non piaccia agli italiani? Difficile dirlo, anche se non sembrano esserci particolari entusiasmi all’interno stesso dell’entourage Rai. Di sicuro, la kermesse nazional-popolare non è di gradimento del Cardinale Ersilio Tonini, che ha trovato particolarmente di cattivo gusto l’ammissione in gara della canzone ‘Il mio amico’, che tratta una storia tra omosessuali, della super-favorita Anna Tatangelo.

Allora, Eminenza, ci illustri le Sue perplessità.
“Ad esser sincero, anche per l’età piuttosto avanzata (questo illustre porporato ha 93 anni, ndr) vado a letto presto e non guardo il Festival, ma ho sentito ugualmente parlare della canzone della Tatangelo. Ritengo che un tema così scottante, così delicato e tanto controverso come l’omosessualità non possa essere oggetto di una canzonetta. Mi sembra assurdo, oltre che offensivo verso gli omosessuali stessi, fare di questa diversità l’oggetto di un concorso televisivo. Ma si sa, oggi si sacrifica tutto sull’altare dell’audience, sia per rendere il prodotto più morboso e prurigginoso, sia per riempirsi il portafogli ai danni di quella parte debole che si pretende, falsamente e con ipocrisia, di difendere. Non ho dubbi: boccio su tutta la linea la canzone di Anna Tatangelo quella canzone, e penso che neppure ai gay piacerebbe”.


Il Suo è davvero un giudizio molto severo, una vera e propria stroncatura…
“Parlo così in difesa degli omosessuali. Ma, aggiungo, anche se oggi ormai vale tutto e la morale sembra non contare più nulla, non è plausibile che un argomento delicato come quello dell’omosessualità, sia pure in termini musicali, venga trattato in prima serata, e per giunta al Festival di Sanremo, durante la cosiddetta ‘fascia protetta’, quando cioè ci sono milioni di bambini e adolescenti davanti alla Tv. Così si lanciano messaggi sbagliati”.


Lei sembra davvero avere molto a cuore i problemi degli omosessuali.
“Guardi, sono stato parroco a Salsomaggiore, e le assicuro che i ‘diversi’ vivono un grandissimo dramma interiore, per questo mi dà fastidio che si speculi su di loro. Dio solo sa quanti di essi mi hanno chiesto aiuto piangendo per uscire dalla loro diversità o, comunque, per essere aiutati a superare i pregiudizi della gente. Con questo non voglio dare giustificazioni all’omosessualità, perché si tratta comunque di una tendenza contro-natura e di un gravissimo disordine mentale ed esistenziale, ma è palese che i gay vivano una immensa tragedia interiore”.


Cardinale Tonini, dalle Sue parole emergono accoglienza e fermezza.
“Nutro verso gli omosessuali, come del resto fa la Chiesa, dolcezza, carità e misericordia. Ma con ciò non legittimo l’omossessualità sotto l’aspetto etico. Chi sbaglia nei confronti dei gay è chi scrive racconti e canzonette per lucrare sulle loro disgrazie”.


I dati Auditel, intanto, hanno mostrato un calo degli ascolti: c’è già chi parla di un flop del festival di Sanremo.
“Mi dispiace. La musica è una cosa bella e buona, serve per distendersi e passare ore di svago. Ma se vi è stato un pesante calo, penso che gli organizzatori debbano riflettere seriamente e prendere esempio da questa salutare lezione”.


Eminenza, l’Italia è in piena campagna elettorale: ritiene che i valori etici e i cosiddetti principi non negoziabli debbano essere al centro del dibattito pubblico e politico?
“Ovvio: la difesa della vita, della famiglia, la lotta contro l’aborto non possono essere ingorate. Il dibattito politico deve mettere al centro i valori irrinunciabili e i cattolici, ma anche i non credenti, ne devono tenere conto quando andranno a votare”.

Ecco la storia di Claudio Ferri, l’amico gay di Anna Tatangelo.

Claudio Ferri Anna Tatangelo(Queerblog) Mi rendo conto che l’argomento Anna Tatangelo è diventato senza dubbio preponderante in questi giorni, ma abbiamo oggi l’occasione di conoscere Claudio Ferri, l’amico gay di cui tanto si è parlato in questi mesi, l’ispiratore del brano “Il mio amico“.

L’intervista che vi riassumo nei punti nodali è stata pubblicata su “Chi” di questa settimana. Il percorso di Claudio è molto complicato, un po’ come quello di ogni ragazzo o ragazza omosessuale. Ha impiegato molto tempo ad accettarsi e farsi accettare, un doppio passaggio che molti di noi conoscono bene.

Nonostante il brano sembra dire il contrario, lui non vuole essere donna ma non ha “paura di mettere una maglia rosa o i pantaloni aderenti”. Claudio crede nell’unione civile tra gay, cosa che secondo lui dovrebbe essere accettata anche dalla Chiesa, non nell’affidamento a coppie omosessuali, perchè “ancora presto”.

A cinque anni scopre di amare le Barbie e non le macchinine. Insegnanti preoccupati, madre apprensiva. A tal punto da spedirlo dallo psicologo per “correggere” i comportamenti distorti. Per colpe delle violenze fisiche ricevute a scuola, è stato costretto ad abbandonarla.

Per fortuna la famiglia (madre, padre, fratello maggiore e due sorelle piccole) hanno accettato con molta serenità l’omosessualità del figlio.Ha avuto il primo fidanzato a 15 anni, ma ancora non aveva ben chiara la sua sessualità. Gli uomini che ha avuto durante la sua vita erano quelli “mascherati, che non accettano o nascondono il loro lato omosessuale”.

Oggi a 30anni è un ragazzo felice, orgoglioso. Ed è l’amico gay più conosciuto d’Italia. Quanti di voi si rispecchiano nella sua storia?

Sanremo. Il coraggio di cantare l’amore fra donne. Valeria Vaglio e la canzone “Ore ed ore”.

«Aspetto serena anche possibili critiche della Chiesa».
(Renato Tortarolo – Il secolo XIX) Due versi peseranno come pietre, questa sera (ndr. martedì), sul Festival. Uno dice “e già iniziava a nevicare, e il nostro letto all’improvviso si trasformò in altare…”. L’altro aggiunge: “Dio fa che ritorni il sole che senza lei non so più stare…”. A cantarli, con garbo ma anche grande sicurezza, sarà Valeria Vaglio, 28 anni, barese, in gara fra i Giovani dopo essere uscita da SanremoLab. Forse sarà scandalo, ma la cantautrice non fa nulla per alimentarlo: “Ore ed ore” è una canzone gay dove la protagonista è sinceramente innamorata di un’altra donna.

Nulla da vedere con il brano della Tatangelo, “Il mio amico”, dove viene tirata in ballo la discriminazione contro il mondo omosessuale. «Però sono contenta che ci siano addirittura due brani al Festival» dice la Vaglio «che affrontano lo stesso tema: evidentemente è venuto il momento di parlarne senza più ipocrisie né sotterfugi». Liceo classico, poi il Conservatorio, voce «da contralto», un “demo” mandato a Gianni Morandi che la incoraggia a scrivere canzoni, un secondo lavoro di grafica pubblicitaria quando ormai dispera di diventare una cantante professionista, la Vaglio ha il coraggio delle persone, rare, che non hanno paura.

«La mia è una storia d’amore universale, solo che dove ci si aspetta un lui c’è una lei: quel verso èl’unico momento in cui si capisce di cosa si parla. E sono felice così: ci sono argomenti che rimangono confinati nel silenzio, tutti lo sanno ma voltano la testa dall’altra parte. Fra l’altro “Ore ed ore” non è nemmeno autobiografica: quando l’ho scritta mi sono accorta che “lei” suonava meglio di “lui” e ho scoperto che poterlo dire mi piaceva, che mi dava un brivido lungo la schiena. Che poi il tema sia anche il motivo per cui è stata scelta non mi sorprende: credo che il Festival sia lo specchio di una società che cambia».

Pippo Baudo e la commissione selezionatrice, infatti, non ci hanno pensato due volte: «Mi è andata bene, perché credo di aver affrontato il tema dell’amore fra due donne con una certa leggerezza, e soprattutto senza parlare di discriminazione. Se uno poi vuole cogliere anche quell’aspetto sbaglia. So benissimo che tutto ciò che viene considerato “anomalo” fa paura, ma se lo tratti con garbo è diverso». La cantautrice rimane serena anche davanti a eventuali polemiche: «Me le aspetto: sicuramente la Chiesa potrà aver qualcosa da obiettare e al Festival tutto è amplificato.

Ma proprio per questo motivo sarebbe un ottimo punto di partenza». Però il verso del letto paragonato all’altare può scandalizzare, no? «Me l’hanno detto, ma se è per questo mi hanno fatto notare che la canzone può essere letta in difesa di Pacs o Dico. Mi limito a rispondere che nei sentimenti qualsiasi contratto mi pare inadeguato». La Vaglio pubblicherà in questi giorni il suo album d’esordio: «Ma non è una visione gay del mondo, e non c’è un’altra lei in primo piano come in “Ore ed ore”. Però ci tengo che l’amore fra donne emerga, perché è sempre rimasto nascosto. L’unica immagine che è venuta fuori, sino ad oggi, è quella gay maschile ma purtroppo con un’accezione perversa. È venuto il momento di abbattere queste ipocrisie, anche se non mi sento certamente una Giovanna d’Arco». Ipocrisie come quelle di tante popstar bisessuali per fare scandalo ma rigide sulla propria privacy? «Non giudico nessuno, nella propria camera da letto ciascuno è libero e solo».