Australia: Nuovi diritti per le madri lesbiche.

I figli nati da coppie lesbiche grazie alla fecondazione in vitro avranno gli stessi diritti dei figli di coppie etero. Perché “la legge attuale discrimina i bambini”, ha dichiarato il procuratore generale di stato.

(Gayaweb) Il governo del Nuovo Galles del Sud, uno stato australiano, ha annunciato che i figli nati da madri lesbiche grazie alla fecondazione in vitro avranno gli stessi diritti di quelli nati da coppie eterosessuali.

Circa 50 leggi, tra cui anche la Costituzione dello stato, verranno modificate per garantire la “presunzione di genitorialità” (parental presumption) alle coppie lesbiche.

Il procuratore generale John Hatzistergos ha dichiarato che secondo una recente stima circa il 20% delle coppie lesbiche del Nuovo Galles del Sud ha figli.

La legge attuale discrimina questi bambini che, al momento, hanno con la partner della madre una relazione non riconosciuta dalla legge”. “Non possono ricevere eredità o i benefici di una pensione derivante dalla morte o da un incidente”.

Anche le amministrazioni scolastiche stanno aggiornando i loro sistemi per riconoscere entrambe le partner come “genitori”.

Hatzistergos si è tuttavia opposto a qualsiasi ulteriore riconoscimento nei confronti delle coppie omosessuali. “Vogliamo prima vedere come reagirà il paese”, ha commentato.

Grecia. La prima coppia gay si sposa la prossima settimana ad Atene.

(ASCA-AFP) Due donne lesbiche approfitteranno di un vuoto legislativo per sposarsi e la prossima settimana sara’ la prima coppia gay in Grecia. A renderlo noto e’ stata la Olke, la principale associazione omosessuale in Grecia. Le due donne, stando alla legge del 1982 che non specifica che le unioni civili debbano essere fra uomo e donna, verranno sposate dal sindaco radicale, Spyros Tzokas, nel quartiere ateniese di Kessariani. ”Non ho nulla in contrario nel celebrare questa unione a condizione che la legge venga rispettata”, ha dichiarato il sindaco. Grigoris Vallianatos, un noto attivista che si batte per i diritti degli omosessuali, ha affermato che l’attuale decreto sui matrimoni viola la convenzione europea sui diritti umani e che se il sindaco si fosse rifiutato, la coppia avrebbe presentato un’istanza al Consiglio di Stato. (Piu’Europa).

Inghilterra. Negato l’asilo ad una lesbica iraniana. Dovrà rientrare in Iran dove rischia la morte.

Firmata petizione per salvare vita a 19enne gay iraniano.
In Gran Bretagna sono decine gli iraniani omosessuali che rischiano il rimpatrio in una nazione dove rischiano la morte.

(Apcom) Una lesbica iraniana, scappata in Gran Bretagna dopo che la sua partner è stata arrestata e condannata a morte, ha perso la sua battaglia: Londra le ha negato l’asilo e ora è costretta a rientrare in patria dove rischia la morte. L’Independent rende noto il caso dopo essersi mobilitato ieri, con un articolo a tutta pagina, per il 19enne gay iraniano che rischia l’estradizione dal Regno Unito e il rimpatrio in Iran dove, quasi sicuramente, sarà giustiziato per ‘sodomia’.

L’ultimo caso riguarda Pegah Emambakhsh, 40 anni, scappata in Inghilterra nel 2005. La sua compagna, ora in in prigione, rischia la lapidazione. In Iran le lesbiche vengono punite con 100 frustrate ma al terzo arresto vengono giustiziate.

I due casi hanno scatenato proteste a livello internazionale e i rappresentanti per i diritti dei gay chiedono una moratoria per omosessuali e lesbiche iraniane che chiedono asilo a Londra. Oltre 60 parlamentari hanno firmato una petizione per chiedere al premier Gordon brown di revocare la decisione su Mehdi Kazemi, il 19enne iraniano, scappato in Olanda dopo il rifiuto dell’Home Office. I gruppi gay affermano che in Gran Bretagna sono decine gli iraniani omosessuali che rischiano il rimpatrio in una nazione dove saranno perseguitati.

Sanremo. Andrea Osvart "No! Non sono lesbica". Non è che con tante canzoni che parlano di omosessualità si è creata un’atmosfera giusta per…?

(Paolo Crecchi – Il Secolo XIX) «No! Non sono lesbica! Mi piacciono gli uomini!»: come possano concludersi così le confessioni di Andrea Osvart, davanti al camerino di Bianca Guaccero in lacrime, potrebbe meritare nei prossimi giorni ulteriori approfondimenti. Del resto: le hanno scelte apposta, la valletta bionda e la valletta nera, perché affascinassero l’Italia e possibilmente la dividessero. Sono i suoi agenti a confermarlo: «Una più esile, l’altra più rotonda. Una esotica, l’altra mediterranea. Un’operazione commerciale, non abbiamo lasciato niente al caso». E tuttavia nessuno poteva prevedere che le due ragazze, entrambe non ancora trentenni, diventassero amiche per la pelle. Che pretendessero di alloggiare nella stessa suite, all’albergo Londra, e solo l’italica scorta di mamma Rosa alla sua bambina, Bianca, convincesse Andrea a rassegnarsi. La prima al secondo piano, la seconda al quarto. Con licenza di incontrarsi. E incontrate si sono eccome, una nelle braccia dell’altra, all’alba di ieri. Quando Andrea Osvart è rincasata ostentando la sua bellezza altera per le telecamere, ma profondamente ferita dalle critiche subite al Dopofestival: «Sarei bugiarda se dicessi che non ci sono rimasta male, io ho eseguito semplicemente quello che mi avevano detto di fare. Forse mi hanno preso di mira perché sono straniera». E difatti “Festival Daily”, la storica testata sanremese diretta e distribuita da Ilio Masprone, titolava beffardamente ”La colf che tutti vorremmo”. Non è forse entrata in Italia con un permesso di soggiorno da cameriera, la bella ungherese?

«Abbiamo deciso di dirlo, in televisione, per far crescere la simpatia attorno a me. Ma il mio datore di lavoro era l’agente, non ho mai spazzato un pavimento in vita mia». Bianca Guaccero ha provato a consolarla. Ancora prima delle rassicurazioni mattutine di Pippo Baudo, da lei sono venuti il notturno «tieni duro» e l’albeggiante «non penserai mica di arrenderti adesso». Lacrime liberatorie. Abbracci. Bacini. Almeno la cena era stata saltata per qualcosa. Va da sé che il personale degli alberghi è tra i più maligni, specialmente quello allenato a convivere con i Vip. E così le mezze frasi e le gomitate hanno cominciato a sprecarsi, opportunamente sollecitate naturalmente: e la bionda e la bruna hanno superato le più rosee aspettative degli agenti, risultando ancora più intriganti. Bianca: «Vieni nel mio camerino stasera, Andrea»? Andrea: «Bianca, non ti lascerò sola neanche un istante». Bianca: «Promettimi che resterai sempre con me». Andrea: «Te lo giuro!».

Mettetevi nei panni di un elettricista, di un tecnico del suono, di un operaio già esasperato dalla promiscuità del backstage, quando i costumi volano via prima ancora di raggiungere il camerino e i pensieri li seguono fino in cielo. Aggiungeteci che Bianca lasciava filtrare lacrimoni lucenti oltre il bordo inferiore delle lenti scure. Mica tutti sapevano che aveva semplici problemi di voce. Voce arrochita dal freddo preso la notte, ecco, a piedi nudi nel corridoio. Malanno invano curato con il cortisone, disagio che accresceva la tensione, contrattempo che rischiava di apparire come una fuga dalle responsabilità: «Andrea è stata criticata per come ha cantato e ballato, che figura ci faccio se io mi tiro indietro?».

Lo spettacolo doveva continuare. E mentre Andrea dichiarava «mi piacciono gli uomini maturi perché ho avuto il papà assente durante l’infanzia», lei doveva esibire la mamma, la signora Rosa di Bitonto. Se l’ungherese non rinnegava il suo ruolo nel bel film “Mare Nero”, «una storia di scambisti, io muoio durante un gioco erotico e di fatto divento la protagonista», l’italiana doveva apparire rassicurante: «Sogno un fidanzato della mia età, tanti bambini e non mi monterò la testa se avrò successo». Per il resto, complimenti e sbaciucchiamenti reciproci, insomma all’amicizia mica si comanda. Pensierino della sera: non è che con tante canzoni che parlano di omosessualità si è creata un’atmosfera giusta per…? Risate, assicurazioni, lievi rossori: «Noo! Per carità! Niente contro, naturalmente, ma…». Ma. Peccato però, dopo la pubblicazione delle foto osè sulla rivista semipornografica poteva essere lo scandalo numero due.

Sanremo. Il coraggio di cantare l’amore fra donne. Valeria Vaglio e la canzone “Ore ed ore”.

«Aspetto serena anche possibili critiche della Chiesa».
(Renato Tortarolo – Il secolo XIX) Due versi peseranno come pietre, questa sera (ndr. martedì), sul Festival. Uno dice “e già iniziava a nevicare, e il nostro letto all’improvviso si trasformò in altare…”. L’altro aggiunge: “Dio fa che ritorni il sole che senza lei non so più stare…”. A cantarli, con garbo ma anche grande sicurezza, sarà Valeria Vaglio, 28 anni, barese, in gara fra i Giovani dopo essere uscita da SanremoLab. Forse sarà scandalo, ma la cantautrice non fa nulla per alimentarlo: “Ore ed ore” è una canzone gay dove la protagonista è sinceramente innamorata di un’altra donna.

Nulla da vedere con il brano della Tatangelo, “Il mio amico”, dove viene tirata in ballo la discriminazione contro il mondo omosessuale. «Però sono contenta che ci siano addirittura due brani al Festival» dice la Vaglio «che affrontano lo stesso tema: evidentemente è venuto il momento di parlarne senza più ipocrisie né sotterfugi». Liceo classico, poi il Conservatorio, voce «da contralto», un “demo” mandato a Gianni Morandi che la incoraggia a scrivere canzoni, un secondo lavoro di grafica pubblicitaria quando ormai dispera di diventare una cantante professionista, la Vaglio ha il coraggio delle persone, rare, che non hanno paura.

«La mia è una storia d’amore universale, solo che dove ci si aspetta un lui c’è una lei: quel verso èl’unico momento in cui si capisce di cosa si parla. E sono felice così: ci sono argomenti che rimangono confinati nel silenzio, tutti lo sanno ma voltano la testa dall’altra parte. Fra l’altro “Ore ed ore” non è nemmeno autobiografica: quando l’ho scritta mi sono accorta che “lei” suonava meglio di “lui” e ho scoperto che poterlo dire mi piaceva, che mi dava un brivido lungo la schiena. Che poi il tema sia anche il motivo per cui è stata scelta non mi sorprende: credo che il Festival sia lo specchio di una società che cambia».

Pippo Baudo e la commissione selezionatrice, infatti, non ci hanno pensato due volte: «Mi è andata bene, perché credo di aver affrontato il tema dell’amore fra due donne con una certa leggerezza, e soprattutto senza parlare di discriminazione. Se uno poi vuole cogliere anche quell’aspetto sbaglia. So benissimo che tutto ciò che viene considerato “anomalo” fa paura, ma se lo tratti con garbo è diverso». La cantautrice rimane serena anche davanti a eventuali polemiche: «Me le aspetto: sicuramente la Chiesa potrà aver qualcosa da obiettare e al Festival tutto è amplificato.

Ma proprio per questo motivo sarebbe un ottimo punto di partenza». Però il verso del letto paragonato all’altare può scandalizzare, no? «Me l’hanno detto, ma se è per questo mi hanno fatto notare che la canzone può essere letta in difesa di Pacs o Dico. Mi limito a rispondere che nei sentimenti qualsiasi contratto mi pare inadeguato». La Vaglio pubblicherà in questi giorni il suo album d’esordio: «Ma non è una visione gay del mondo, e non c’è un’altra lei in primo piano come in “Ore ed ore”. Però ci tengo che l’amore fra donne emerga, perché è sempre rimasto nascosto. L’unica immagine che è venuta fuori, sino ad oggi, è quella gay maschile ma purtroppo con un’accezione perversa. È venuto il momento di abbattere queste ipocrisie, anche se non mi sento certamente una Giovanna d’Arco». Ipocrisie come quelle di tante popstar bisessuali per fare scandalo ma rigide sulla propria privacy? «Non giudico nessuno, nella propria camera da letto ciascuno è libero e solo».

Bisessualità: per le donne non è una semplice fase di transizione.

Nella foto Madonna e Britney Spears.
(Paola Pagliaro – Medicina live) La bisessualità nelle donne sembra essere un distintivo orientamento sessuale e non una fase transitoria o sperimentale che alcune donne adottano nel loro percorso verso il lesbismo. O perlomeno questo sembra evincersi dai dati raccolti nella ricerca pubblicata dalla American Psychological Association.

Lo studio, effettuato su un campione di 79 donne non più eterosessuali da almeno 10 anni, ha rilevato che le donne bisessuali mantenevano un andamento stabile di attrazione per entrambi i sessi. Inoltre, la ricerca sembra aver rovesciato lo stereotipo che le donne bisessuali siano disinteressate o incapaci di impegnarsi a lungo termine in delle relazioni di tipo monogamico.

Questa ricerca fornisce il primo esame empirico per formulare ipotesi circa la natura della bisessualità, intesa come un marchio di identità sessuale e come un modello di non esclusiva attrazione sessuale e di comportamento“, scrive la psicologa Lisa M. Diamond, psicologa della Università di Utah che ha condotto lo studio. “I risultati dimostrano una notevole fluidità delle attrazioni delle donne lesbiche verso un orientamento bisessuale, e contribuisce inoltre ad aiutare i ricercatori nella comprensione della complessità delle minoranze con comportamento sessuale che va oltre il ciclo di vita“.

Diamond ha utilizzato il metodo dell’intervista svoltasi in cicli di cinque sedute e ha raccolto i dati da 79 donne che si dichiaravano lesbiche e/o bisessuali da almeno un decennio.
L’età dei soggetti sottoposti al test variava tra i 18 ed i 25 anni. Ecco i principali risultati ottenuti dall’indagine della dottoressa Diamond:

  • Le bisessuali avevano più probabilità delle lesbiche di cambiare la loro identità nel corso dello studio, ma avevano la tendenza a passare da un’identità bisessuale ad una non definita, piuttosto che a risolvere in lesbiche o eterosessuali.
  • Il 17% degli intervistati è passato da una bisessuale o eterosessuale ad un’identità non definita durante lo studio ma più della metà di queste donne è commutata al bisessuale o non definita entro la fine.
  • Nei dieci anni sotto inchiesta la maggior parte delle donne erano state coinvolte in rapporti a lunga durata (ad esempio, più di un anno) di tipo monogamico: il 70% delle auto-identificate lesbiche, l’89% delle bisessuali, l’85% delle donne eterosessuali e il 67% delle non etichettate, entrate poi a far parte della schiera delle eterosessuali.
  • Il 15% delle donne che si sono identificate come lesbiche, all’ultimo seduta di colloqui hanno riferito di aver avuto contatti sessuali con un uomo, nel corso degli ultimi due anni.
    Al contrario, nessuna delle donne che si erano riconosciute nell‘eterosessuale ha riferito di aver avuto contatti sessuali con una donna, nei due anni precedenti.

Questo fornisce un ulteriore sostegno per l’idea che la sessualità femminile è relativamente fluida e mutevole, e che la distinzione tra le donne lesbiche e bisessuali non è una classificazione rigida bensì flessibile e suscettibile di cambiamenti”, ha dichiarato nelle sue conclusioni la Diamond.

Ciao Maschio. Una società dove l’uomo diventa sempre meno utile.

Maschio addio. Basta stupri. Giù gli obelischi. Fine dei sigari e degli hooligan. Scienziati inglesi producono sperma dal midollo spinale femminile. E rinasce l’utopia di un mondo solo di donne.

(Mauro Covacich – L’Espresso) Ci aspettavamo un futuro di navicelle spaziali, strade intergalattiche, cibo in pasticche, macchine volanti, invece sono arrivati Internet, la posta elettronica, il trasferimento di testi e immagini in tempo reale, la rarefazione della materia nei processi digitali. Ci aspettavamo un futuro di androidi, robot, marziani, uomini bicefali con le antenne e le orecchie da pipistrello, ci aspettavamo di vedere, come il povero Rutger Hauer, “navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione e i raggi B balenare nel buio vicino alle porte di Tannhäuser”. Invece vedremo il pianeta terrestre abitato da sole donne (o meglio: lo vedranno loro). Un mondo normale, con gli alberi e le case, senza raggi B, ma abitato esclusivamente da donne.

La scienza non smette di prendere in contropiede la fantascienza (prima o poi i cultori del genere dovrebbero affrontare l’argomento). Lo fa di nuovo oggi, con i ricercatori dell’Università di Newcastle, i quali dichiarano di essere pronti a trasformare il midollo spinale di una donna in sperma, escludendo l’elemento maschile dal ciclo riproduttivo. Di più: in questo tipo di sperma mancherebbe il cromosoma Y e quindi la procedura comporterebbe la nascita di una nuova stirpe umana, integralmente al femminile.

La fantascienza non vede bene, e prevede peggio. Lavora di fantasia. L’orizzonte che descrive è sempre separato da una specie di salto rispetto all’orizzonte che abbiamo ancora davanti agli occhi. È il salto che ci sposta in un sistema caratterizzato da parametri diversi rispetto a quelli della realtà, fantaparametri all’interno dei quali è concessa qualsiasi invenzione. La scienza invece ci vede benissimo. Ha una vista così potente da apparire allucinata. È la vista di chi lavora con l’immaginazione, non con la fantasia. La scienza ha una ‘vision’, elabora un orizzonte futuro sulla base dei parametri della realtà stessa. Niente salti. Niente orecchie di pipistrello. Solo un mondo abitato da esseri umani uniformemente dotati di vagina. Donne geneticamente autonome, ermafroditi, portatrici di ovuli e seme. È un mondo verosimile, che riusciamo a prefigurarci, e per questo piuttosto sconvolgente. Un mondo XX dove ci sarà una prima breve era di tutela della minoranza maschile e verranno stabilite delle quote azzurre. Poi, inesorabilmente, gli uomini verranno declassati, allontanati dai ruoli di potere, e perderanno via via, insieme al loro ruolo riproduttivo, anche quello sociale. Divenuti inutili, saranno sempre meno interessanti sul piano delle relazioni. Le donne etero impareranno dalle loro amiche omosessuali a darsi piacere senza penetrazione, a espandere l’orgasmo clitorideo sull’intera superficie del corpo, e diventeranno ancora più sofisticate, e sapranno venire anche facendo brainstorming in riunione, anche semplicemente sfiorandosi il lobo di un orecchio. I pochi uomini superstiti vedranno scomparire i loro caratteri sessuali. Non essendo più desiderati, smetteranno di desiderare. I loro peni si atrofizzeranno per disuso. Infine, dopo due, tre generazioni da eunuco, il maschio si estinguerà.

A quel punto tutto prenderà luce e calore dall’ossimoro ‘sperma femminile’. La fallocrazia, un concetto sopravvissuto almeno 5 mila anni, affonderà in un mare spumeggiante come il membro di Urano evirato da Crono. Nelle città verranno demoliti i campanili, i minareti, le torri, i grattacieli, le ciminiere, gli obelischi. Dalle case scompariranno le penne, i sigari, i coltelli. Dai bagni pubblici, gli orinatoi. I negozi non venderanno più kit da bricolage – addio trapani! – né bilancieri, né panche. Certo, potrà essere un problema montare le scaffalature Ikea, ma la fatica sarà ampiamente ricompensata: niente più calze di spugna sudate in giro per la casa, niente più peli nel lavandino, niente più l’odioso ronzio del rasoio. Solo collant gocciolanti sul bordo della doccia, solo strisce di ceretta, pacchi di assorbenti con le alette, solo forcine, spazzole, balsami al midollo di placenta, solo creme idratanti e fon col diffusore.

E fuori? Be’, fuori, una società senza gerarchie, né assetti piramidali. Luoghi di lavoro con organigrammi solo orizzontali. Uffici e assetti societari progettati senza vertici, un sistema di protocolli in cui il potere non verrà esercitato, ma circolerà come linfa nelle venature di una pianta. Fuori, una società dove verranno distrutti i fucili e i cannoni (anche i cannoli, purtroppo). Una società senza più manganelli, dove l’ordine pubblico si manterrà da solo, dove anche gli ultras saranno scomparsi insieme all’ultima molecola di testosterone, dove guidare sarà più facile e nessuno si picchierà ai semafori, dove diminuiranno drasticamente gli incidenti, anche se il parasole, in macchina, avrà lo specchietto pure sul lato guida. Ecco il futuro, un mondo senza più erezioni, senza più invidia del pene. Un mondo senza Freud. Un mondo senza più violenze sessuali.

Certo, per i maschi è una prospettiva non proprio rosea, un contrappasso piuttosto brusco. Per lenire il colpo, gli scienziati ci assicurano che questa scoperta sarà concretamente realizzabile fra una decina d’anni (al momento i topi nati da ‘sperma femminile’ non godono di buona salute). Però, insomma, la strada sembra essere segnata: lo si voglia o meno, un mondo senza uomini appare migliore. E c’è già chi spiega come costruire una famiglia senza padre, dal primo contatto con una banca del seme in poi: si chiama Louise Sloan e il suo libro ‘Knock yourself up’ ha avuto un enorme successo.

Ovviamente agli uomini non piacerà scomparire dalla faccia della Terra. Ma in questi ultimi quarant’anni di rarefatte filosofie della differenza non siamo stati capaci di uscire dall’impasse di un muro contro muro. Pensavamo che il problema fosse risolto, molti di noi (io, ad esempio) trovavano anacronistiche le battaglie per i diritti delle donne. Anacronistiche e pedanti. Il mio commercialista è una donna, il mio medico è una donna, il mio editor è una donna, il giornale a cui collaboro è diretto da una donna: mi sembrava che dovessimo passare oltre, che ‘noi’ e ‘loro’ dovessimo affrontare insieme cose tipo l’approvvigionamento idrico, l’inquinamento del pianeta, l’imperialismo delle multinazionali, eccetera eccetera. Invece il rancore cresceva appena fuori casa, bastava dare un’occhiata un po’ più in là del proprio naso e si vedeva un mondo di rancore.

A New Delhi è nata una compagnia di taxi per sole donne. In Kenya, a pochi chilometri dalla famosa riserva naturale Samburu, è nato un villaggio per sole donne. Donne percosse, ustionate, infibulate, tenute insieme al bestiame, violentate con la naturalezza con cui si spezza il pane. Oppure donne Pandora, colme dei mali del mondo, guai anche solo a sfiorarle: sto pensando all’ultimo romanzo di Don DeLillo, ‘L’uomo che cade’ (Einaudi), dove Mohamed Hatta e gli altri dirottatori dell’11 settembre, riuniti nella casa-rifugio di Marienstrasse ad Amburgo, si assentano dalle discussioni solo per andare in bagno a controllarsi la barba e a masturbarsi.

Se non siete riusciti a trovare un accordo, l’unica soluzione – sembra dirci la scienza da Newcastle – è che uno dei due se ne vada. L’uomo non è più indispensabile, può accomodarsi all’uscita. Forse qualcosa di noi si conserverà nei geni delle donne, forse il pensiero uterino salverà il calcolo e le categorie del cogito, e in qualche modo sopravvivremo dentro questa nuova umanità monosessuata. Resta da capire cosa diventerà l’essere umano, una volta persa la sua duplicità. Un essere umano che si feconda e partorisce è una specie di ‘corpo senza organi’, come se lo figurava Gilles Deleuze. Un organismo liberato dalla Legge, fatto di solo Desiderio. Un nucleo informe di energia, inteso come riserva di produttività sempre pronta a generare, ad affermare se stessa, rivoluzionando l’esistente in nome di un corpo sempre a venire. Friedrich Nietzsche ha parlato di un ‘Oltreuomo’, pensando al soggetto in una prospettiva successiva al dominio della tecnica e al superamento della metafisica. Probabilmente per delicatezza ha preferito non specificare di che sesso sarebbe stato.

Tv. Anche le lesbiche sono pellegrine. Lesbiche e buddiste in cerca della fede?

(Tvblog) Questa sera alle 23, Cult propone la seconda puntata di Santiago – Anche le lesbiche sono pellegrine.

Questo l’incidente scatenante:

Cristina propone a Federica, la sua ex fidanzata, di partire per il cammino di Santiago, ma lei non ne vuole sapere (da anni è in rotta con la chiesa cattolica). Alla fine si convince e, dopo un estenuante allenamento, partono per Roncisvalle. Il cammino inizia da lì, ma l’incontro con un gruppo di pellegrini cattolici riaccende l’antico conflitto con la religione…

Le due, buddiste, affrontano insieme il cammino di 800 chilometri – e 5 puntate -, ma non sono sole: con loro, Kevin, aspirante seminarista, Laura e Cristiano, in cerca di una strada per la vita e Ricardo, cileno, che si erge a guida morale (e materiale) del gruppo.

Un’interessante produzione di uno dei più interessanti canali del pacchetto-Sky, per affrontare in maniera originale i temi dell’omosessualità e della religione. Le prime due puntate sono già disponibili sul sito del programma (qui la seconda puntata), che fa parte del più ampio portate GenteCult).

Il tema gay a Sanremo. Lo stereotipo per anna Tatangelo gli amori saffici per Valeria Vaglio.

(Ansa) L’amore omosessuale sara’ uno dei temi che terranno banco al prossimo Festival di Sanremo. Se Anna Tatangelo ha scelto di parlare di una relazione gay nel brano ‘Il mio amico’ (che trae spunto dai racconti di vita del suo parrucchiere-confidente omosessuale), Valeria Vaglio (nella foto), in gara nella sezione Giovani, racconta una altro rapporto omosessuale, questa volta al femminile, in ‘Ore ed ore’, come rivelato alla Gazzetta del Mezzogiorno. Il tema dell’omosessualita’ e’ stato dunque sdoganato anche al Festival dopo timidi approcci sparsi, piu’ o meno velati, di brani come ‘Gli amori diversi’ del duo Rossana Casale – Grazia Di Michele, che all’epoca, 1993, si presto’ a piu’ letture contrastanti.

L’anno scorso Jessica Morlacchi, ex voce della baby band Gazosa, ci aveva provato con ‘Pensieri timidi’, una canzone esclusa da Sanremo e pubblicata poco dopo. ”Era un tema troppo forte per il Festival”, spiego’ la Morlacchi per giustificare la sua bocciatura. Ma e’ acqua passata. Quest’anno l’amore saffico salira’ sul palco del Teatro Ariston con Valeria Vaglio, una delle tre proposte promosse da Sanremo Lab, e fara’ discutere. Va precisato tuttavia che il testo di ‘Ore ed ore’ e’
casto, privo di frasi molto esplicite. Il passaggio chiave in cui si annida la spiegazione del testo e’ in un ‘lei’ cantato laddove ci si aspetterebbe un ‘lui’. Per il resto sara’ una canzone d’amore come tante altre.

Nel film "Vicky Cristina Barcelona" scena lesbo tra Scarlett e Penelope.

“Scioccante ed erotica”. Con questi aggettivi, Page Six descrive la scena di sesso tra Penelope Cruz e Scarlett Johansson nel prossimo film di Woody Allen “Vicky Cristina Barcelona. “Penelope e Scarlett entrano in una camera oscura con le pareti dipinte di rosso, lasciando il pubblico ad annaspare” racconta. Più tardi le due hanno anche un rapporto a tre con Javier Bardem, che nella pellicola è il marito della Cruz.

“Vicky Cristina Barcelona”, per la cui location Allen ha scelto appunto la città catalana, sta per essere ultimato e sarà nei cinema alla fine del 2008.
Ha nel cast, oltre alle due attrici e Bardem, anche Patricia Clarkson, Rebecca Hall, Kevin Dunn e Chris Messina. La trama è quella di una commedia romantica animata da un triangolo amoroso. Scritto e diretto da Woody Allen, racconta le avventure romantiche di Vicky e Cristina, due giovani turiste americane in Spagna, alle prese con un talentuoso pittore (Javier Bardem) e con le gelosie della sua ex moglie (Penelope Cruz).

Vicky (Rebecca Hall) sta per sposarsi. Cristina invece (Scarlett Johansson) è uno spirito libero in cerca di qualche avventura.
Una volta entrati in relazione l’uno con l’altro, i protagonisti si ritrovano catapultati in situazioni comiche ed erotiche spinte al limite. E’ in questo contesto che Penelope e Scarlett vivono la loro avventura lesbo.
Sul set invece le cose sono andate diversamente: Allen, secondo indiscrezioni, avrebbe perso la testa per la Cruz, trasformandosi in un corteggiatore alle prime armi tutte le volte che la incontrava. “Woody è sempre nervoso ed eccitato quando c’è Penelope – ha raccontato Scarlett- tanto che comincia a balbettare come un idiota il suo nome Uh-uh-uh P-Penélope, P-Penélope!