Cei: Monsignor Bettazzi,denuncia in una lettera che i Vescovi hanno più simpatia per il centrodestra.

Per i vescovi il centrodestra si dichiara piu’ severo nei confronti dell’aborto e dei problemi degli omosessuali.
(Asca) Una ”lettera aperta ai confratelli vescovi”, scritta in vista della prossima assemblea plenaria della Conferenza Episcopale Italiana: l’ha scritta il vescovo emerito di Ivrea, mons. Luigi Bettazzi, denunciando da parte dei vescovi italiani, malgrado l’ufficiale neutralita’, ”una certa simpatia per il Centrodestra, forse perche’, almeno apparentemente, si dichiara piu’ severo nei confronti dell’aborto e dei problemi degli omosessuali e piu’ favorevole alle scuole e alle organizzazioni confessionali”. ”Credo peraltro – aggiunge mons. Bettazzi, la cui lettere sara’ pubblicata sul prossimo numero del mensile ‘Mosaico di Pace’ – che siamo stati meno generosi verso il Governo Prodi, non come approvazione della sua politica quanto come riconoscimento di un esempio di cattolicesimo vissuto, personalmente, familiarmente, programmaticamente, in situazioni e in compagnie particolarmente problematiche”. Scrive il vescovo, che e’ anche presidente emerito di Pax Christi Internazionale, che ”in un mondo, come il nostro Occidente, dominato dal capitalismo, che sta impoverendo sempre piu’ la maggioranza dei popoli, tra i valori ‘non negoziabili’, accanto alla la vita nascente e le famiglie ‘regolari’, va messo il rispetto per la vita e lo sviluppo della vita di tutti, in tempi in cui si allarga la divaricazione (gia’ denunciata da Paolo VI nella ‘Populorum progressio’ quarant’anni fa!) tra i popoli e i settori piu’ sviluppati e piu’ ricchi e quelli piu’ poveri e dipendenti, avviati a situazioni di fame inappagata e di malattie non curate”. Mons. Bettazzi denuncia anche la corresponsabilita’ dei cattolici in fenomeni come il bullismo e il disagio giovanile: ”Mi chiedo – scrive – come possiamo meravigliarci che i giovani si frastornino nelle discoteche o nella droga, si associno per violenze di ogni genere, si esaltino nel bullismo, quando gli adulti, anche quelli che si proclamano ‘cattolici’, nel mondo economico e in quello politico danno troppo spesso esempio di arrivismo e di soprusi, giustificano la loro illegalita’ ed esaltano le loro ‘furberie’, e noi uomini di Chiesa tacciamo per ‘non entrare in politica’, finendo con sponsorizzare questo esempio deleterio, che corrompe l’opinione pubblica e sgretola ogni cammino di sana educazione”. ”Ci stracciammo – conclude il vescovo – le vesti quando all’on. Prodi scappo’ detto che non aveva mai sentito predicare l’obbligo di pagare le tasse; ma avremmo dovuto farlo altrettanto quando altri invitavano a non pagarle…”.

Genova. Bagnasco sul Pride laico: «Manifestate ma con giudizio».

(Il Secolo XIX) «Ognuno, nel limite della libertà e del rispetto di tutti, penso che abbia la possibilità di esprimere le proprie opinioni, ripeto, nel rispetto e nella civiltà delle forme, dei modi e dei tempi»: è la risposta dell’arcivescovo di Genova e presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco, a una domanda sul “pride laico”, manifestazione annunciata da diversi centri sociali e associazioni laiche genovesi, tra le quali Arcigay e Arcilesbica, in occasione della visita pastorale del Papa il 17 e 18 maggio nel capoluogo ligure.

Una serie di eventi che avrà il suo momento clou in un corteo in programma il pomeriggio del 17 da Sampierdarena a Caricamento, nel centro città. Da parte di Bagnasco, che questa mattina ha preso parte all’ inaugurazione, alla Fiera del Mare di Genova, della Festa dell’ età libera dedicata agli anziani, l’auspicio che «prevalga il buon senso e il reale rispetto delle opinioni altrui» e l’ invito a seguire l’esempio dei nonni: «penso che la prospettiva sapiente dei nonni e di tutte le persone che sono avanti nel cammino della vita suggerisca sempre a tutti tanto buon senso, tanto equilibrio e la non esasperazione delle cose».

Intanto a Savona è possibile prenotare sul sito della diocesi di Savona i pass per la Messa solenne che il papa terrà a Savona il 17 maggio. Inviando la richiesta, si avrà subito una mail di risposta con il biglietto allegato. Tutti i pass saranno muniti di codice a barre, per motivi di sicurezza, e recheranno l’indicazione del settore dove prendere posto; ogni settore sarà contraddistinto da un colore e una lettera. I biglietti per la Messa possono essere ottenuti anche chiamando l’apposito numero che è stato attivato in Curia.

Reazioni politiche alle parole di Bagnasco (Cei). «Ingerenze intollerabili». «No, preoccupazioni condivisibili». Al solito ognuno ha un’idea diversa.

(Il Messaggero) Le parole di Bagnasco, soprattutto quelle pronunciate su legge 194, famiglia, unioni di fatto e divorzio hanno ovviamente provocato una serie di reazioni da parte di vari esponenti politici.

«Ingerenze intollerabili». «Le modalità, la frequenza e i toni degli interventi del Vaticano comportano una gravissima lacerazione del confronto nella società sui temi etici: questo è intollerabile e molto pericoloso – sostiene la vicepresidente dei deputati Verdi, Luana Zanella – Ll crociate antiabortiste che usano lo scudo della vita potenziale sono soltanto un attacco alla vita e alla libertà delle donne che hanno fino ad oggi assunto su di sé la responsabilità della maternità. E i dati sull’applicazione della 194 dimostrano che lo hanno fatto con piena maturità».

«La Chiesa continua la sua insopportabile ingerenza nell’attività del Parlamento italiano. Non credo che lo Stato debba continuare a tollerare questo comportamento – sostiene la senatrice Luisa Boccia, coordinatrice delle parlamentari Prc – Al di là del significato politico di un tale massiccio attacco vorrei ricordare a Bagnasco che la legge sulle unioni civili continuerà il suo iter in Parlamento. Per quanto riguarda la 194, non è in discussione».

«Abominevole è la storia di massacri e intolleranze coperta dalla Chiesa. Bagnasco si guardi i dati Eurispes: questa Chiesta oscurantista perde credibilità – afferma Salvatore Cannavò, deputato di Sinistra critica – Ormai siamo all’invasione quotidiana di campo, a una Chiesa che non solo pretende di sapere e decidere cosa gli italiani debbano fare in casa e sotto le lenzuola, ma anche come devono pensare e, se impegnati in politica, come devono votare. Il discorso odierno del cardinal Bagnasco è un distillato di oscurantismo e regressione culturale che fa pensare al Medioevo piuttosto che alla Chiesa del futuro. E sarebbe bene che la Chiesa cattolica guardasse di più al suo interno, ai massacri coperti nel corso della sua storia o all’indecenza della pedofilia che l’ha quasi decimata negli Stati Uniti. Non si possono criminalizzare le donne costrette a ricorrere all’aborto, significa non avere in considerazione la sofferenza umana».

«Avevamo appena avuto un sospiro di sollievo per le dichiarazioni del cardinal Tettamanzi che aveva espresso comprensione per i divorziati, non è passato un giorno ed è arrivato il presidente della Cei, Bagnasco, a rimettere nuovamente indietro le lancette dell’orologio della storia – ha detto Roberto Villetti, capogruppo di Socialisti e radicali alla Camera – Si invoca di nuovo il braccio secolare dello Stato per tradurre in legge punto per punto i dettami della chiesa in materia di diritti civili e nel campo della sessualità. Queste posizioni diverse dimostrano che c’è un confronto non solo tra laici credenti e non credenti, integralisti e atei devoti, ma anche all’interno delle stesse gerarchie ecclesiastiche e sarebbe bene che il mondo politico ne tenesse conto».

«L’omofobia e la discriminazione degli omosessuali sono pari al razzismo. Bagnasco nega che l’odio e le violenze ai danni di gay, lesbiche e transessuali si possano equiparare al razzismo testimoniando di quanta omofobia sia pervasa la Chiesa romano-cattolica e rivendicando baldanzosamente il razzismo verso gli omosessuali – dice il socialista Franco Grillini – Questa Chiesa, quotidianamente, infligge alla comunità gay italiana e internazionale sofferenze e lacrime ed è la prima tra le agenzie di diffusione dell’odio antigay. Bagnasco vorrebbe imporre agli omosessuali la sua morale di parte: astinenza, castità, assurde terapie, assenza di relazioni affettive, disconoscimento di qualsivoglia diritto umano ed infelicità. Le sue dichiarazioni nella loro feroce brutalità hanno il pregio della chiarezza: nessun diritto per gli omosessuali e no alla lotta alle discriminazioni ai danni dei gay e totale distanza dell’Europa, che si è dotata di una normativa europea contro le discriminazioni ai gay. Le motivazioni addotte all’assurda presa di posizione, che parlano di perdita di mascolinità e femminilità, sono ridicole e attestano tutto il maschilismo di una gerontocrazia esclusivamente maschile che basa il suo potere sull’esclusione delle donne e degli omosessuali».

«Preoccupazioni condivisibili». «Le preoccupazioni espresse dal Cardinal Bagnasco sono pienamente condivisibili. Per quanto ci riguarda, al suo appello affettuoso nei confronti del Paese sapremo rispondere con responsabilità – afferma il capogruppo Udc alla Camera, Luca Volontè – Il clima di intolleranza generato dalla scellerata lettera anti-Ratzinger, fomentato da uomini politici arcinoti e da esponenti di una pseudo cultura radical-chic, è solo la punta di un iceberg laicista che, nel resto dell’Europa senza radici cristiane, è in piena deriva. L’estremismo illiberale che ieri ha negato la parola al Santo Padre oggi mira a non aggiornare la 194, a distorcere la legge 40 e a cancellare dall’agenda politica l’emergenza nazionale della famiglia. Quanto alle misure per la sicurezza del Papa nel “Question time” di mercoledì pomeriggio sapremo ufficialmente dal governo se le garanzie per la sicurezza del Pontefice vi fossero davvero oppure no».

«Bene monsignor Bagnasco, il Paese è a pezzi, ma anche i vescovi debbono fare autocritica per la rapidità con cui permisero di archiviare la Dc. Sulla 194 ci vuole una riflessione seria, senza condurre crociate da parte di nessuno, né dei cattolici, né dei laici» afferma Gianfranco Rotondi, segretario della Dc per le autonomie.

«Bagnasco in maniera molto moderata e istituzionale non ha semplicemente rimandato a settembre il governo sulle politiche familiari, ma lo ha direttamente bocciato, condannando tanto le risibili risorse in Finanziaria, quanto i continui tentativi di approvare provvedimenti come i Cus, i Dico, i Pacs e i matrimoni gay. E non si possono incentivare contemporaneamente le famiglie e le coppie di fatto, ed è per questo che dobbiamo prendere atto che il governo ha scelto da che parte stare, e certamente i provvedimenti che si stanno approvando in Senato vanno nella direzione opposta di monsignor Bagnasco e di Santa Romana Chiesa» dice Antonio Mazzocchi, presidente dei Cristiano riformisti e membro dell’Esecutivo di An.

Bagnasco: «La Chiesa dice sì alla famiglia, fondata sul matrimonio tra uomo e donna". "Contraria all’equiparazione tra tendenze sessuali e differenze.

L’intervento del presidente della Cei al consiglio permanente dei vescovi italiani.
Bagnasco: voto libero per deputati cattolici.
«La rinuncia del Papa alla Sapienza consigliata dalle autorità italiane». Palazzo Chigi precisa: «Nessun sugggerimento».

(Il Corriere della Sera) Il voto dei politici sia secondo coscienza quando le proposte legislative sono «intrinsecamente inique e in contraddizione con i dettami cristiani». Lo ha detto il cardinale Angelo Bagnasco aprendo i lavori del Consiglio permanente della Cei (Conferenza episcopale italiana) a Roma, intervento in parte anticipato dall’Osservatore romano. «Non possono esistere vincoli esterni di mandato, il voto di coscienza può e deve diventare una scelta trasversale rispetto agli schieramenti, e invocabile in ogni legislatura», ha aggiunto Bagnasco. «La Chiesa non vuole e non cerca il potere», ha affermato Bagnasco. «La Chiesa vuole aiutare il Paese a riprendere il cammino, a recuperare fiducia nelle proprie possibilità, a riguadagnare un orizzonte comune».

DOPPIO NO – No ai registri delle unioni civili nei Comuni, no ad accorciare i tempi per ottenere il divorzio in Italia, legge in discussione al Senato. Il doppio no della Chiesa è stato ribadito dal cardinale Bagnasco. «La Chiesa dice sì alla famiglia, fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna. Per questo si oppone alla regolamentazione per legge delle coppie di fatto, o all’introduzione di registri che surrogano lo stato civile. Conferendo diritti e privilegi ai conviventi, si sottrae di fatto ai diritti e ai privilegi dei coniugi il motivo che è alla loro radice, ossia l’istituto matrimoniale che nessuno può avere l’interesse a rendere inutile o a offuscare con iniziative, quali il divorzio breve, che avrebbero la forza di indurre la deresponsabilizzazione», sostiene l’arcivescovo di Genova.

ABORTO – Sull’aborto non va escluso «almeno l’aggiornamento di qualche punto della legge», dovuto «alle nuove conoscenze e i progressi della scienza e della medicina» e tenendo conto «che oltre le 22 settimane di gestazione c’è già qualche possibilità di sopravvivenza» del feto. È l’appello lanciato dal cardinale Bagnasco.

GAY – «La Chiesa si oppone alle discriminazioni sociali per l’orientamento sessuale, ma è anche contraria all’equiparazione tra tendenze sessuali e differenze di sesso, razza ed età», ha ribadito Bagnasco.

PAPA ALLA SAPIENZA – Secondo il cardinale, la decisione di annullare la visita alla Sapienza non è stata «un tirarsi indietro, ma una scelta magnanima per non alimentare tensioni create da altri». La rinuncia del pontefice è dovuta al fatto che la Chiesa «si è fatta necessariamente carico dei suggerimenti dell’autorità italiana e nasce da un atto di amore del Papa per la sua città», ma è nata da un «clima di ostilità, creato da una minoranza assolutamente esigua di docenti e studenti» (dopo le dichiarazioni di Bagnasco, il governo ha però precisato di non aver mai suggerito alle autorità vaticane di cancellare la visita di Benedetto XVI).

SFIDUCIA – In Italia, dopo che si sono bloccati «lo slancio e la crescita economica», c’è «paura del futuro e un senso di fatalistico declino», ha aggiunto il cardinale. «Sembra circolare una sfiducia diffusa e pericolosa. L’Italia ha bisogno di speranza».

167 parroci contro mons. Rino Fisichella ”vicario” di Roma.

nella foto il Cardinale Camillo Ruini, il Senatore Marcello Pera e Monsignor Rino Fisichella

(Maurizio di Giacomo – Agenzia radicale) 167 parroci romani su 232 hanno firmato una lettera, destinata oltre Tevere, prendendo posizione contro l’eventualità che il vescovo mons. Rino Fisichella, attuale rettore della Pontificia Università Lateranense, a giugno 2008, possa essere nominato nuovo ”vicario” della diocesi romana in sostituzione del cardinale Camillo Ruini. La notizia emerge in un contesto ricco di tensioni e di iniziative che ha trovato una sua manifestazione nell’intervista pubblicata, sabato 15 dicembre 2007, da ”La Stampa” al regista Franco Zeffirelli.

Quest’ultimo ha incontrato l’attuale pontefice solo due volte in vita sua. A Firenze quando il card. Joseph Ratzinger era ancora prefetto della Congregazione per la dottrina della Fede e alcuni mesi orsono da Papa – e che ha parlato in tempi ravvicinati alla Lateranense – ha svelato che esiste una terna che è pronta a intervenire per migliorare l’impatto comunicativo di Benedetto XVI. Questa terna, stando a Zeffirelli, sarebbe composta da lui, dal cardinale Camillo Ruini, attuale vicario di Benedetto XVI per la diocesi romana e da mons. Rino Fisichella.

Questa terna ha obiettivi ambiziosi. Ancora Franco Zeffirelli…: ”Anche il suo guardaroba (ovvero di Benedetto XVI ndr) va rivisto: non sono tempi da alta sartoria ecclesiastica. Servono l’asciuttezza e la sobrietà osservata dagli altri gradi della Chiesa. Le vesti papali sono state rifatte in modo troppo sfarzoso e appariscente”.

In conclusione dell’intervista Franco Zeffirelli rievoca un precedente poco noto della sua disponibilità a mettersi al servizio della Chiesa cattolica. ”Paolo VI dopo aver visto il mio ‘Gesù di Nazaret’ mi chiese cosa la Chiesa potesse far per me. Gli risposi: ‘ Vorrei che quest’opera arrivi anche in Russia’. Lui mi disse profeticamente: ‘Abbia fede presto sul Cremilino sventoleranno le bandiere della Madonna a posto di quelle rosse’. L’ 8 dicembre 1991, Festa dell’ Immacolata, la bandiera con la falce e il martello venne rimpiazzata da quella della Federazione Russa”.

In realtà la situazione è ben più complessa. Da oltre 6 mesi, assicurano i bene informati, Benedetto XVI si rifiuterebbe di concedere udienza a mons. Fichella. Tale atteggiamento di distacco è iniziato un mese dopo un colloquio tra il cardinale polacco Zenon Grocholewki, prefetto della Congregazione per l’educazione cattolica e il Papa. Durante quell’incontro il porporato ha smontato un’intervista di mons. Fisichella nella quale il rettore della Lateranense aveva affermato che Grocholewski stava ”distruggendo” le università cattoliche e i centri di formazione cristiana di mezzo mondo.

Le stesse fonti assicurano che di recente a mons. Fisichella sarebbe stata offerta la guida della diocesi di Pisa (soluzione ben vista dal senatore Marcello Pera, presidente della Fondazione ‘Magna Caharta’. La risposta è stata ‘no’: mons. Fisichella averebbe altri obiettivi o vicario a Roma o nuovo segretario della Congregazione per la dottrina della Fede a posto del salesiano mons. Amato che a metà gennaio 2008 potrebbe prendere il posto del portoghese cardinale Josè Saraiva Martins come nuovo prefetto della Congregazione per la dottrina della Fede).

Il mixer tra l’intervista a Zeffirelli e il senso di disorientamento che serpeggia nella Curia Romana è stato tale che sabato sera, a Roma, durante la nomina di un nuovo canonico del Pantheon, qualcuno si è lasciato sfuggire ” Qui finisce peggio che in Polonia ..”.

L’allusione era alla vicenda di mons. Weigel che nomimato nuovo arcivescovo di Varsavia è stato sostituito 24 ore prima dell’insediamento di fronte alla prova di suoi contatti oltre il lecito con funzionari della polizia politica del regime comunista.

Sul tavolo del Papa da tempo ci sono quattro faldonicini per la succesione a Ruini intestati all’umbro mons. Giuseppe Betori, segretario della Conferenza Episcopalle Italiana, al toscano cardinale Angelo Comastri, vicario di Benedetto XVI per lo stato della Città del Vaticano, al ciociaro mons. Vincenzo Paglia, vescovo di Terni-Amelia- Narni, ben visto anche da alcuni elementi della comunità cristiana di base di San Paolo raccolta attorno all’ex abate benedettino dom Giovanni Frazoni.

S. Egidio da tempo sta remando in favore di mons. Fisichella, tanto che un mons. Fisichella ”vicario” piacerebbe anche a diversi ambasciatrori arabi accredidati presso la Santa Sede. Il quarto faldocino potrebbe essere riservato a colui che, alla fine, sarà il prescelto: forse l’esponente di un ordine religioso ben noto a Benedetto XVI?

Lo scorso 12 0ttobre 2007, nella basilica di San Giovanni in Laterano, a margine della messa che il cardinale Camillo Ruini ha celebrato a 10 anni dalla morte di don Luigi Di Liegro, il primo direttore della Caritas diocesana romana, una fonte clericale ha commentato: “Il Papa attuale conosce molto bene la situazione della diocesi di Roma”.

Intanto mons. Fisichella gioca le sue carte come può e come crede. A metà di questa settimana alla Lateranense viene presentato un libro di Domenico Fisichella, ex esponente di spicco di Allenza Nazionale, col rischio che si rafforzi l’equivoco che tra l’ecclesiastico e il politico ci sia un rapporto di parentela che, nei fatti, non esiste. Sarà interessante analizzare come L’Osservatore Romano riferirà di quella presentazione.

"A Roma non si parli di coppie di fatto", In consiglio comunale il "registro delle unioni" ma la Chiesa protesta.

Articolo sul settimanale della Cei.
Il Pd: “Il dibattito in aula però si farà”.

(Giovanna Vitale – La Repubblica) Quel dibattito sulle unioni civili non s´ha da fare. Al Vaticano la moral suasion operata sul sindaco Veltroni e vari ministri della Repubblica non basta più. E, alla vigilia del voto sulle coppie di fatto previsto per domani in consiglio comunale, scende in campo il Vicariato di Roma, come dire il cardinale Camillo Ruini in qualità di arcivescovo della città: con un editoriale pubblicato su Sette, il magazine diffuso ogni domenica con il quotidiano della Cei Avvenire, critica la decisione di discutere un tema che «nessun effetto concreto» può produrre sui cittadini. «L´ennesima battaglia ideologica insomma».
Nelle scorse settimane le gerarchie ecclesiastiche l´avevano fatto capire in mille modi che l´istituzione di un registro delle unioni civili, così come proposto in due delibere all´esame dell´aula Giulio Cesare, era inopportuno. «Siamo nella città del Papa», aveva tuonato la senatrice teodem Paola Binetti, sostenendo l´opzione rinvio lanciata da Veltroni. Subito fallita per l´ostinazione della Sinistra, pronta a rischiare una bocciatura pur di non sacrificare la sua battaglia. Tanto più sicura alla luce dell´ordine del giorno alternativo presentato dal Pd per disinnescare la mina. Contromossa vana. Nell´articolo di ieri, il Vicariato ricusa anche il documento dei democratici, sottolineandone l´inutilità riconosciuta dagli stessi promotori quando affermano che si tratta «di materie indisponibili ai Comuni» e dunque, in assenza di una normativa nazionale, non avrà effetti pratici. Un testo contraddittorio, secondo Sette: prima sostiene che la «città è punto di riferimento dei cattolici di tutto il mondo», ma poi chiede «al Parlamento di affrontare con urgenza le diverse proposte di legge presentate, affinché sia finalmente possibile per gli enti locali individuare strumenti efficaci che diano alle diverse “comunioni di vita” presenti nella moderna società una risposta concreta e soddisfacente». Un punto non negoziabile per la Chiesa: «Non è sufficiente l´intenzione di opporsi a una decisione profondamente negativa, come sarebbe l´istituzione di un registro delle cosiddette unioni civili, per giustificare un odg che alla fine tende al medesimo risultato», spiega. Invitando infine «i cattolici che siedono in consiglio comunale, e tutti coloro che considerano la famiglia fondata sul matrimonio come la struttura portante della vita sociale, da non svuotare di significato attraverso la creazione di forme giuridiche alternative», a «mostrare la propria coerenza».
Una nota che spiazza, ma non fa retrocedere il Pd. «Noi andiamo avanti», taglia corto il capogruppo Pino Battaglia. «Chi ci accusa di subalternità alle gerarchie è stato smentito. Il dibattito in consiglio comunale contribuirà al dialogo sul tema dei diritti delle persone». Ma An avverte: «L´appello del Vicariato non può essere ignorato», esortano Gianni Alemanno e Andrea Ronchi. «Ci affidiamo alla coscienza dei consiglieri comunali di fede cattolica e, più in generale, a quella di tutti i consiglieri di buon senso per non mettere in votazione un Odg contrario all´identità della nostra città e tale da spaccare profondamente la nostra comunità nazionale».

Intervista dell’Osservatore Romano al Cardinale Angelo Bagnasco.

Una Chiesa amata dal suo popolo in un Paese che ha bisogno di una rievangelizzazione sistematica.

(Mario Ponzi – L’Osservatore Romano) La Chiesa in Italia non si specchia nell’immagine troppo spesso «spennellata» a tinte ironiche dai media; è una Chiesa che vuole restare lontana dai riflettori, ma sempre pronta a lottare accanto all’uomo nella condivisione quotidiana di gioie e dolori, nell’intento di riaffermare il valore unico della dignità dei figli di Dio.

Il cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova, è da poco meno di dieci mesi Presidente della Conferenza episcopale italiana. Avverte il senso della responsabilità di guidare un gregge disorientato dal ribaltamento di valori iscritti nella natura stessa dell’uomo: dalla famiglia nel senso cristiano del termine, alla vita nascente nel grembo di una madre, alla conclusione naturale della parabola dell’esistenza umana, alla dignità oltraggiata del corpo che gli è donato.
Mostra però un’assoluta certezza: in Italia c’è una Chiesa che non ha e non vuole avere competenze sulla vita dei partiti e sulla gestione della politica, ma vuole amare e servire il popolo con voce chiara e ferma, forte della consapevolezza di essere Chiesa amata dal popolo «ben al di là della partecipazione alla messa domenicale». Il cardinale ha espresso questa sua certezza nell’intervista che ci ha concesso all’indomani della sua creazione cardinalizia.

Nel marzo del 2008 si compirà il primo anno della sua missione alla guida dei vescovi italiani. In questo periodo ha dovuto affrontare situazioni complesse, soprattutto rispondere a insinuazioni diffuse da certe correnti di pensiero a proposito di argomenti che fanno parte del dna stesso del cristiano. È possibile un sintetico bilancio in questo primo anno di esperienze?

Vorrei innanzitutto soffermarmi sulla necessità di fare una netta distinzione tra due livelli di valutazione del confronto tra la missione della Chiesa e la realtà nella quale questa missione si svolge. Il primo è un livello mediatico; il secondo è un livello popolare.

A livello mediatico è ricorrente una certa posizione critica, spesso addirittura polemica, se non ironica verso la Chiesa, verso il suo magistero, innanzitutto quello del Papa, e poi quello dei vescovi. Mi pare che sia evidente. Ma non esaurisce assolutamente quella che è la realtà del rapporto tra la Chiesa e l’Italia.

Vi è infatti un livello preminentemente popolare, che forse non fa notizia e dunque non finisce sui giornali ma nel quale le cose appaiono ben diverse da quelle rappresentate. Noi sacerdoti siamo vicini quotidianamente alla gente; ne condividiamo la vita, ne seguiamo i problemi, le speranze e le gioie, sappiamo che ha bisogno di quei segnali di concretezza e di rinnovamento che tutti promettono ma che nessuno riesce a offrire. Da troppo tempo le donne e gli uomini del nostro paese attendono di poter vedere rifiorire nei cuori la speranza. Noi cerchiamo di far capire loro che per ritrovare la speranza è necessario uscire dalla palude delle parole, rimboccarsi le maniche ed agire seguendo la strada della solidarietà. E dunque accompagnando il cammino quotidiano della gente riusciamo a toccare con mano la stima, la fiducia, l’amore che gran parte del popolo nutre nei confronti della Chiesa. Questo è l’altro livello, il livello popolare. E a questo livello le assicuro che tutte le problematiche, anche le più complesse, sono vissute ed affrontate in maniera molto diversa da quanto allarmisticamente diffondono i media.

E da cosa nasce, secondo lei, questo amore della gente?

Sono sotto gli occhi di tutti le innumerevoli opere di carità e di assistenza diffuse su tutto il territorio nazionale riconducibili alla Chiesa. Non solo parole dunque ma opere concrete. Di qui nasce l’amore e per questo, io credo, quella della Chiesa in Italia è una voce ascoltata. Mi rendo conto che questo suo configurarsi come Chiesa popolare evidentemente dà molto fastidio a qualcuno, anzi a diversi soggetti. Non mi meraviglio più di tanto, dunque, di quegli attacchi sistematici portati attraverso i media, nel contesto di una strategia denigratoria contro la Chiesa.

Come può crescere secondo lei questo «sensus ecclesiae» nell’anima degli italiani?

Qui si inserisce la particolarità della nostra Chiesa, il cui Primate è Benedetto XVI. Per me, come per tutto l’episcopato italiano, il magistero di Benedetto XVI — che è un magistero quanto mai fecondo, pacato, deciso nella sua proposizione — rappresenta un incitamento e un modello da seguire con sempre maggiore amore e con grande disponibilità. È chiaro che avvertiamo la necessità di rinnovare e rilanciare sempre più l’impegno della nuova evangelizzazione in Italia. Per i suoi trascorsi, per il suo privilegio di ospitare la sede di Pietro, il Paese ha una configurazione particolarissima nel panorama europeo, ma ciò non toglie che ha bisogno di un’accurata rievangelizzazione sistematica, perché quel sentimento diffuso e profondamente cristiano che sta alla base del nostro popolo ha bisogno di essere non solo mantenuto ma anche arricchito delle verità della fede e delle ragioni della fede per poter tornare ad essere sempre più missionario.

E come conciliare questa tensione missionaria con le sfide che si presentano nella quotidianità?

A parte i vecchi nodi etici e morali ora si aggiungono la commercializzazione delle pillole abortive, la clonazione delle cellule e così via. La strada è una sola: quella della ricerca responsabile. Rappresentare questioni etiche non significa rallentare la scienza; anzi: le recenti acquisizioni hanno dimostrato il contrario.

Cosa pensa lei, che ha maturato lunghi anni di esperienza accanto ai militari italiani come Ordinario, della presenza dei soldati italiani nei paesi in guerra, soprattutto considerando il pesante tributo di sangue che continuano a pagare per riportare la pace in diverse zone del mondo?

Voglio innanzitutto cogliere anche questa occasione per rinnovare i sentimenti di profondo dolore per la morte del maresciallo Daniele Paladini in Afghanistan. Un dolore che esprimo assicurando la nostra vicinanza alla sua famiglia, in particolare al bambino del giovane maresciallo. Certo la nostra speranza è che fatti di questo tipo, di violenza e di sangue non accadano mai, nella vita di nessuno. Purtroppo, come constatiamo quotidianamente in questa marcia dolorosa del mondo verso la pace, ciò non è possibile e c’è sempre un prezzo ingiusto da pagare. Per quanto riguarda la nostra presenza nella missione di pace in Afghanistan mi pare che in tutte le forze politiche e culturali del Paese ci sia la determinazione di continuare a sostenere la presenza dei militari di ogni nazione in un quadro ben definito e soprattutto con il beneplacito dell’Onu. In questo quadro credo che anche la presenza dell’Italia, come del resto quella di tante altre nazioni, debba essere esclusivamente di cooperazione pacifica verso la ricomposizione di questo tormentato Paese che giustamente aspira alla libertà, alla convivenza pacifica e al benessere.

Ci sono altre persone che giungono in Italia proprio alla ricerca di quella stessa libertà e di quello stesso pacifico benessere. Ma le difficoltà da affrontare sono enormi: gli immigrati vengono visti come un problema piuttosto che come persone da aiutare.

Non lo ritengo un problema. Anzi. La presenza degli immigrati è una presenza che cresce e che fa crescere. Lo si nota soprattutto frequentando le comunità parrocchiali le quali, devo dire, si fanno sempre più comunità accoglienti, allargate. Lo vedo nelle visite pastorali che faccio. Lo vedo nelle numerosissime, magari piccole ma concrete iniziative cui si dà vita nelle diverse realtà, che manifestano un certo fervore di attività dei cristiani a favore degli emarginati, dei più poveri. Insomma si nota un certo tipo di mentalità d’accoglienza nella comunità cristiana.

Tuttavia dalle cronache appare diversamente.

È vero, ma torniamo al problema di prima, quello dei due livelli: il tessuto ecclesiale è capillarmente diffuso in tutto il Paese. Parrocchie, movimenti, organizzazioni cattoliche, associazioni e quant’altro costituiscono una rete di tanti piccoli punti di ascolto che danno delle risposte, forse parziali, ma comunque risposte alle esigenze dei gruppi di immigrati.
Eppure questo non fa notizia, non comporta titoloni sui giornali. E dunque di immigrati ci si occupa solo quando accadono fatti eclatanti. Il tessuto ecclesiale offre ben altro. È chiaro che esiste la necessità di dare una forma di educazione all’integrazione, di aiutare gli immigrati ad assumere le categorie portanti della nostra cultura. Ciò è particolarmente importante se si vuole veramente passare da una multiculturalità — che è una semplice registrazione di tante presenze — ad un regime di interculturalità e di integrazione progressiva e decisa di diverse culture, sulla base del rispetto delle regole fondamentali della nostra civiltà.

Ma la Chiesa che è in Italia ha forze sufficienti per affrontare impegni così onerosi visto il preoccupante rallentamento delle vocazioni? Quale potrà essere il ruolo dei laici?

Parto da quest’ultima considerazione. Il ruolo dei laici nella vita della Chiesa in Italia, è un ruolo di grande rilievo e di grande responsabilità ma che deriva, sia ben chiaro questo concetto, non tanto, o non solo dalla carenza delle vocazioni sacerdotali. Anzi io ritengo quest’affermazione certamente strumentale e fuorviante dalla realtà. Perché impegno e ruolo dei laici derivano innanzitutto dal battesimo di ciascuno, è una responsabilità profonda, poiché è proprio dal sacramento del battesimo che nasce il dovere della responsabilità per ogni cristiano. Dunque i laici sono una ricchezza della nostra Chiesa. Naturalmente il loro impegno deve essere commisurato alle competenze e responsabilità proprie. Io nella mia esperienza posso testimoniare il desiderio da parte di molti laici a partecipare alla vita della Chiesa, anche se oggi dobbiamo considerare che la vita è oggettivamente più complicata. L’auspicio è che la partecipazione dei laici sia sempre più intensa ma anche ben motivata e sostenuta da una forte vita spirituale e da una buona preparazione culturale. Per quanto riguarda poi il tema delle vocazioni è chiaro che molto dipende dalla testimonianza che noi sacerdoti siamo chiamati a dare della gioia immensa che deriva dalla nostra vocazione. C’è però da considerare la maggiore difficoltà che si incontra, oggi più che in altre epoche, nel far passare un messaggio alle nuove generazioni.
I giovani sono molto più frastornati e dunque è più difficile far arrivare una voce nel contesto stravagante e assordante in cui vivono. Dobbiamo cercare nuove forme di approccio, ma soprattutto rinnovare la nostra preghiera perché il Signore non faccia mancare operai alla sua vigna.

Vedi il servizio di Stefano Maria Paci su Sky tg24.

Il testamento biologico è in dirittura d’arrivo.

(Trotzkky blog) La recente sentenza della Cassazione apre scenari inaspettati alla realizzazione dei diritti civili.
I suoi giudici hanno deciso infatti che, se lo stato vegetativo è irreversibile e la persona attaccata alla macchina ha espresso il suo convincimento etico contrario all’accanimento terapeutico, la somministrazione dei trattamenti sanitari va interrotta.
Monsignor Betori (nella foto con il Papa) ha ribadito la contrarietà della chiesa, da sempre favorevole al diritto alla vita, dimenticando che le condizioni di quelli che invocano il distacco della spina sono così pietose da far pensare piuttosto a un diritto alla tortura.
D’altra parte le gerarchie ecclesiastiche non possono contestare le decisioni della Cassazione, per toglierci la dignità e la libertà di vivere o morire come meglio ci aggrada. Gli interventi di questi dispensatori di sofferenze violano impunemente inoltre il dettato costituzionale laddove statuisce che Stato e chiesa sono ciascuno nel proprio ordine indipendenti e sovrani.
Quando si prospetta la necessità di scegliere tra sopportare sofferenze inanerrabili o chiedere ai medici di por fine ad esse, titolare del diritto di scelta altri non può essere che la stessa persona che soffre, in quanto nessuno le può imporre – come sostiene la Costituzione – di subìre cure mediche che non ha richiesto.
Il governo non può rinviare ancora una volta l’approvazione della legge sul testamento biologico. La pronuncia della Cassazione, l’appoggio dell’Unione Europea e il favore popolare non gli consentono più di temporeggiare. Affronti dunque concretamente questo tema, se non vuole offrire ai cittadini un altro motivo per contestarlo pesantemente.
La sconfitta della minoranza che si oppone all’approvazione di questa legge, accampando meschine questioni di principio che cozzano frontalmente con i sentimenti della stragrande maggioranza degli italiani, aprirà la porta alla depenalizzazione dell’eutanasia e alle Unioni Civili e poi rapidamente a tutti gli altri diritti civili.
Questo è quindi per i laici il momento di impegnarsi a fondo, per spingere i loro referenti politici a svegliarsi dal torpore in cui sembra che siano caduti.

8×1000: breve lezione di filosofia per Buttiglione.

Il Senato sta discutendo l’otto-per-mille, che funziona cosi’: il contribuente puo’ scegliere di devolverlo a 7 organizzazioni differenti. Fatto il conto delle scelte espresse, si divide l’otto-per-mille secondo le percentuali risultanti, assegnando secondo queste percentuali anche quello di tutti coloro, il 60%, che non compilano quella parte della dichiarazione dei redditi. In questo modo la Chiesa Cattolica, che ottiene quasi il 90% delle preferenze, riceve anche il contributo del 90% di coloro che non esprimono alcuna preferenza.

Cosi’ circa la meta’ dei contribuenti italiani danno l’otto-per-mille alla Chiesa Cattolica anche se non hanno scelto di devolverlo alla Chiesa Cattolica. Angius ha detto, in aula, che il sistema dell’otto-per-mille viola la liberta’ dei cittadini perche’ il loro contributo va alla Chiesa Cattolica anche se non hanno scelto la Chiesa Cattolica.

Gli e’ stato risposto, da Buttiglione, che il sistema non viola la liberta’ del cittadino che non vuole che il suo contributo vada alla Chiesa Cattolica, perche’ quel cittadino puo’ scegliere un’altra organizzazione (tra cui lo Stato).

Questa replica e’ inammissibile: il fatto che il cittadino non si sia espresso non puo’ essere considerato come un consenso implicito a che il proprio contributo vada alla Chiesa Cattolica.
Si potrebbe replicare che il silenzio puo’ essere considerato una forma di consenso, visto che esiste l’alternativa di scegliere un’altra organizzazione. Ma questo potrebbe essere vero solo se la domanda fosse la seguente: vuoi che il tuo contributo vada alla Chiesa Cattolica?

In quel caso, potrebbe essere lecito prendere non solo l’assenso, ma anche il silenzio, come consenso. Ma se la domanda e’ “A chi vuoi che venga destinato il tuo contributo?”, allora non ha senso parlare di silenzio come consenso, perche’, ovviamente, non c’e’ niente nella domanda a cui si possa dare il proprio consenso.

Omo sacer.

(FinOcchio Blog) In una pagina del suo Diario, Etty Hillesum commenta l’ennesimo provvedimento antiebraico dicendo a se stessa qualcosa come “va bene, vogliono annientarci, ne prendo atto definitivamente e non darò più fastidio” (non ho qui il libro). Si avverte persino una forma di paradossale sollievo in questo atroce congedo dalla timida speranza che i nazisti si sarebbero accontentati di segregare e discriminare. Io, a proposito di Chiesa cattolica e gay, non ci ero ancora arrivato a questo punto. Cioè, pensavo di sì, ma quando ieri sera ho letto della visita programmata dal vescovo Agostinelli all’Arcigay di Grosseto mi sono commosso. Sarà stata la stanchezza, o il fatto che i ragazzi di quella città mi provocano sempre un certo languore motivato dal cumulo di vacanze fatte lì vicino. Terminato l’articolo ho farfugliato, scoprendomi la voce roca, “magari basta parlarsi”, piano, temendo che F. mi facesse a fettine, esattamente come avrei fatto io se ad emozionarsi fosse stato lui. Dopo tanti anni, le idee e i sentimenti transitano dall’uno all’altro, e facciamo fatica a ricordare chi ha sostenuto o provato una certa cosa.
Poi oggi i quotidiani hanno ristabilito al giusto posto il mio sdilinquimento: Agostinelli non ci andrà all’Arcigay. Sarebbe una forma di riconoscimento, come per lo stato trattare con le Brigate Rosse (è il post degli accostamenti arditi, ma succede così quando non me li cucino per mesi).

La Chiesa può incontrarci solo singolarmente come peccatori, non cittadini che si associano a difesa dei propri diritti ma nuda vita senza qualificazioni, “vita insacrificabile e uccidibile” come l’homo sacer, la figura del diritto romano nella quale il filosofo Giorgio Agamben ha esemplificato la relazione originale che ogni forma di sovranità cerca di stabilire con gli uomini per sottometterli.
Stangl,
il boia di Treblinka, che poteva passare la giornata a sorvegliare le file verso i forni, non sopportava invece di assistere al momento in cui si denudavano. L’implicita richiesta della Chiesa di poterci incontrare solo se rinunciamo a ciò che invece ci definisce come cittadini, mi ricorda questa sera, sulle ceneri ancora calde delle speranze che nemmeno credevo di avere, la spoliazione di ogni residuo di umanità prima dello sterminio nei campi. Esagero di sicuro, sono sempre un po’ troppo sentimentale alla sera.

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