Nuoto. Swim for Life, in chiusura le iscrizioni

Le iscrizioni chiudono martedì, 6 Maggio 2008 (via internet)· L’iscrizione potrà essere effettuate tramite la PROCEDURA guidata ON LINE collegandosi al sito www.swimforlife-italia.org, sezione “Iscrizioni”·
La quota di partecipazione è di € 10.00 per atleta ed include dei gadgets e biglietto per l’estrazione dei premi. Il ricavato, al netto delle spese organizzative, verrà devoluto in beneficenza all’Associazione Solidarietà AIDS di Milano (ASA Onlus) per il progetto “AFASO” di assistenza in loco a donne e bambini sieropositivi del Camerun. ·

Swim for Life è una manifestazione sportiva natatoria di beneficenza organizzata dal Gruppo Pesce Master Nuoto e i cui proventi vengono destinati a favore di associazioni che si occupano del sostegno e dell’assistenza alle persone sieropositive e in stato di AIDS conclamato. La manifestazione comprende una parte agonistica e una parte non agonistica ed è aperta non solo alle squadre di nuoto UISP, FIN e CSI ma anche a chiunque voglia partecipare, non importa con quale risultato o con quali capacità, manifestando così il proprio sostegno e la propria solidarietà con un piccolo gesto concreto.

Australia, la masturbazione allontana il cancro. Lo dice un’equipe di scienziati.

(Leggo.it) Chi “si tocca” rischierà pure di perdere la vista, ma di sicuro attenua i rischi di ammalarsi di tumore. E’ quanto afferma una equipe di scienziati australiani che ha fatto dettagliati studi un ampio gruppo di pazienti. Il dottor Giles ha sottolineato che i più “fortunati” sono quelli che hanno avuto «un’intensa attività tra i venti i cinquant’anni». Meglio ancora, pare, se la masturbazione è regolare ogni settimana con un minimo di cinque volte ogni sette giorni. In questo caso, spiega la serissima ricerca medica (si è protratta anni) si attenua fortemente il rischio di cancro alla prostata. Un’altra connessione sorprendente è stata trovata dalla stessa equipe per le donne. Sembra, infatti, che chi non allatta ha minori rischi di sviluppare un cancro al seno.

NUOVA MOLECOLA ANTI-CANCRO A MILANO Una nuova molecola ha dimostrato in laboratorio di poter bloccare la proteina Cdc7, che quando “impazzisce” è alla base della moltiplicazione incontrollata delle cellule tumorali. La scoperta arriva dagli scienziati del Nerviano Medical Sciences (Nms), centro milanese specializzato nella ricerca e sviluppo di farmaci anti-tumore, ed è stata appena presentata al congresso dell’Associazione americana ricerca sul cancro a San Diego (Usa). «I risultati pre-clinici (cioè che precedono la fase di sperimentazione sull’uomo) – spiegano i ricercatori – indicano che questa molecola blocca la moltiplicazione e induce la morte di cellule tumorali di diversa origine, incluse quelle resistenti a farmaci inibitori della replicazione tumorale attualmente sul mercato. L’inibitore di Cdc7 entrerà in sperimentazione clinica nei prossimi mesi, e verrà studiato in molteplici tumori umani quali quelli dell’ovaio, del colon, della mammella e in diverse leucemie».

Aids, la speranza di una cura riparte dalle porte di Roma.

Sarà annunciata fra pochi giorni la scoperta nel laboratorio della Merck a Pomezia di una molecola che bloccherebbe il virus Hiv .

(Andrea Rustichelli – La Repubblica) Notizie importanti arrivano dall’Italia per la ricerca sul virus Hiv: protagonista la molecola scoperta a Pomezia, 30 chilometri a sud di Roma, nei laboratori dell’Istituto di Ricerche di Biologia Molecolare P. Angeletti. La molecola segna un passo avanti rispetto alle terapie tradizionali, le antiretrovirali. La prospettiva sarebbe la creazione di una classe di farmaci che, bloccando un enzima, potranno limitare la capacità del virus Hiv di riprodursi. Sarà il primo di una nuova classe di farmaci che inibendo l’enzima dell’integrasi, limita appunto la capacità del virus di replicarsi. I dettagli della scoperta saranno presentati il 17 aprile presso la sede del centro, che è una struttura d’eccellenza specializzata nella ricerca sulle malattie virali, Aids ed epatite C, e anche nel trattamento dell’arteriosclerosi e nei nuovi approcci alle terapie oncologiche. Dal 2000 è stato acquisito dal gigante internazionale del farmaco Merck Sharp & Dohme (fatturato 2007 di 24 miliardi di dollari, il 20,2% dei quali destinato alla ricerca), tramite la consociata Msd Italia. L’Istituto è parte integrante di una ramificata struttura, i Merck Research Laboratories.

La partita è cruciale per la Merck, da sempre in prima linea nella ricerca di vaccini e di farmaci contro l’Aids. Sul fronte vaccini, alla fine dell’anno scorso è stata costretta a ritirare quello che sembrava più avanzato ma non vuole rinunciare alla sfida. La scoperta fatta in Italia rilancia gli sforzi della multinazionale americana. Lo scienziato Gennaro Ciliberto è direttore scientifico dell’Istituto nonché vice presidente dei Merck Research Laboratories. «Lo staff della struttura spiega è di 200 persone, decisamente internazionale, con una cospicua presenza femminile. Non mancano le collaborazioni con la comunità scientifica italiana, dall’Istituto Europeo di Oncologia di Milano a diverse università».
L’Istituto, negli ultimi cinque anni, ha investito 180 milioni di euro. «Da 20 anni, la Merck è impegnata su più fronti nella lotta contro l’infezione da Hiv», conferma Josè Louis Roman, presidente di Msd Italia. «L’azienda ha investito fondi ed energie in ricerca clinica, ma anche in programmi di collaborazione con i governi di vari paesi. E nel 2007, ha donato risorse finanziarie e di prodotto per un totale di 820 milioni di dollari».

Ma quali sono le frontiere della ricerca sui vari versanti, compreso quello oncologico? «Sono 7 le molecole in fase III di sviluppo clinico, quella più prossima alla commercializzazione, 17 sono in fase II e 23 nella fase iniziale di sperimentazione. «La nostra R&S si concentra nell’arteriosclerosi e malattie cardiovascolari, malattie respiratorie, del metabolismo osseo, immunologia ed endocrinologia, diabete e obesità, malattie infettive e vaccini, neuroscienze e oncologia». E l’Istituto di Pomezia? «Sono convinto che nei prossimi anni il numero di molecole identificate in questo centro come potenziali candidati terapeutici sia destinato ad aumentare: questo comporterà un aumento della ricerca clinica condotta in Italia».

Liz Taylor sostiene la causa per prevenire i suicidi dei gay.

(Queerblog) Liz Taylor, la grandiosa attrice statunitense vincitrice di ben due oscar, ha 76 anni. Una regina del cinema, ma anche del gossip e della cronaca, basti pensare ai suoi sei mariti e a tutte le disgrazie che l’hanno colpita durante la sua vita, come un delicata operazione all’anca e al cervello.

Ma eccola giovedì scorso immersa nell’impegno sociale come non mai, oltre alla sua fondazione amfAr, che sostiene la difesa dei diritti individuali, e la sua lotta continua per la ricerca e la cura dell’Aids. La foto è stata scattata all’Abbey di Hollywood in California, celebre gay bar oggi punto di ritrovo non solo omosessuale.

La causa che Liz è andata a sostenere la scorsa settimana è quella della Trevor Fund, che sostiene i giovani in difficoltà. La serata aveva come obbiettivo la raccolta di fondi per la prevenzione del suicidio degli omosessuali. E alcuni di noi, sani e in forma, se va bene andiamo giusto al Pride senza sapere il perchè.

Aids: A Brescia prima sperimentazione su vaccino terapeutico.

Parte da Brescia la sperimentazione clinica sull’uomo del primo vaccino terapeutico in Italia contro l’Aids.

(Agi) L’AT20 – questo il nome del probabile vaccino – e’ frutto di uno studio ventennale condotto da un’equipe di ricercatori della cattedra di Microbilogia dell’Universita’ di Brescia, diretta dal prof. Arnaldo Caruso, che nell’ambito del progetto “Imana” ha individuato una nuova molecola la quale permetterebbe di abbattere drasticamente la proliferazione del virus. Il vaccino sara’ testato, a partire da settembre, su un campione di 60 persone sieropositive in quattro centri italiani: Brescia, Milano, Torino e Perugia.

La prima fase della sperimentazione, volta a misurarne l’innocuita’, dovrebbe durare sei mesi, nel corso dei quali ai pazienti saranno inoculate fino a 5 dosi vaccinali.

Successivamente si passera’ a una seconda e terza fase – per cui si devono ancora reperire le risorse finanziarie – per valutare la reale efficacia dell’AT20, anche su ceppi del virus dell’HIV diffusi in altri Paesi del mondo.

“La strada intrapresa dai bresciani e’ una novita’ – ha spiegato oggi il prof. Caruso a una conferenza stampa a margine di un convegno promosso dalla facolta’ di Medicina, ‘Nuove strategie preventive e terapeutiche anti-Aids’ -. Finora si era lavorato piu’ sul fronte della prevenzione che pero’, paradossalmente, come hanno dimostrato molti tentativi americani, spesso possono incrementare i rischi. Il vaccino terapeutico ha come obiettivo quello di fare invece convivere il paziente con il virus, ripristinando una condizione clinica di portatore sano. L’idea e’ concepire in futuro un sistema di cura intermittente con le terapie antiretroviarali, cosi’ da alleggerire il malato dalla somministrazione continua di farmaci”.

Il vaccino svolgerebbe la propria azione arginante del virus mediante il blocco dell’attivita’ biologica di una proteina, la P17, che rilascia cellule infette e non viene riconosciuta dai normali anticorpi. Il progetto “Imana”, che ha ricevuto il placet dell’Istituto superiore di Sanita’, si affianca a un’altra sperimentazione vaccinale in corso, a cura della dottoressa Barbara Ensoli, sviluppato pero’ su un versante preventivo e terapeutico insieme. “Lo studio bresciano ha raggiunto un risultato importante – ha commentato il presidente dell’ISS, Enrico Garaci – che cosi’ si affianca alla sperimentazione avviata da noi (quello della dott.ssa Ersoli) creando una proficua alleanza. In Italia si fanno ancora pochi trial clinici, tanto che le fasi uno e due delle sperimentazioni vaccinali avvengono spesso all’estero.

L’Istituto superiore di Sanita’ coordina un progetto di ricerca in cui sono coinvolti otto Stati”.

In Brasile cresce l’Aids tra i gay. Un piano governativo.

A giugno prima Conferenza Nazionale Gay.

(Apcom) “Fallo come ti pare, ma fallo con il profilattico”. Con questo slogan distribuito in mezzo milione di brochure il ministero della sanità guidato da José Gomes Temporao sferra un attacco all’Aids che secondo dati del ministero è in deciso aumento tra i giovani omosessuali maschi. In dieci anni, tra gli uomini dai 14 ai 25 anni colpiti dalla malattia, la percentuale di omosessuali, bisessuali e travestiti è quasi raddoppiata, dal 24 al 41%.

Le stime del ministero della Salute indicano inoltre che circa 1 milione e mezzo di brasiliani tra i 15 e i 49 anni praticano sesso con altri uomini. La campagna, che porta il curioso nome di “Piano nazionale di lotta all’Aids tra i gay, uomini che fanno sesso con altri uomini e travestiti” (includendo dunque anche chi non vuole assumere la propria omosessualità) ha l’obiettivo, entro il 2001, di facilitare l’accesso alla prevenzione e alla cura.

Comprese nel progetto ci sono la lotta all’omofobia e l’accesso più semplice dei sieropositivi e dei malati al sistema sanitario pubblico (Sus) che in Brasile garantisce farmaci anti-Aids gratuitamente. In Brasile, dal 1980 al giugno del 2007 sono stati registrati quasi mezzo milione di pazienti: il ministero stima però che la popolazione sieropositiva si aggiri intorno alle 600mila persone. Sempre secondo il ministero quasi 200mila sono attualmente in cura.
Secondo i dati elaborati dal ministero i più a rischio sono i giovani, spesso i giovanissimi: dal 1980 al 2006 tra i ragazzi in una fascia tra i tredici e i quattordici anni i morti sono stati quasi 16mila. Sotto i diciannove anni sono le ragazze a essere le più colpite, mentre in tutte le fasce di età il rapporto tra uomini e donne è di 13 a 10. Il libretto elaborato dal ministero reca disegni anche molto espliciti di carezze, baci e sesso orale tra uomini. Il ministro ha poiannunciato per il mese di giugno la Prima Conferenza Nazionale di Gay, Lesbiche e Travestiti. La campagna attuale giunge dopo quelle dedicate alle donne e alla trasmissione della malattia da madre a figlio.

California. Campagna contro le metanfetamine per aiutare la comunita’ gay.

(Notiziario droghe) 14 marzo Lanciata una campagna antidroghe di 11 milioni di dollari. L’iniziativa statale e’ diretta agli omosessuali, per scoraggiarli dal consumare le metanfetamine ed evitare comportamenti sessuali a rischio Hiv.
Dagli anni ’90, le crystal metanfetamine sono le sostanze piu’ diffuse nelle discoteche frequentate dagli omosessuali. Dalla ricerca pubblicata questa settimana e’ risultato che tra gli omosessuali la diffusione di queste droghe e’ 11 volte maggiore rispetto al consumo medio della popolazione della California.
Il 55% dei 549 omosessuali e bisessuali intervistati consuma queste droghe, mentre la percentuale e’ del 5% tra i non omosessuali.
Mike Rizzo, manager del centro di servizi contro le metanfetamine del “Los Angeles Gay & Lesbian”, ha elogiato la campagna, specialmente per l’uso di Internet.
Il Gay & Lesbian Center e il San Francisco AIDS Foundation, hanno appoggiato l’approvazione della “California Methamphetamine Initiative 2006”.
Dati ufficiali riportano che quasi uno su tre omosessuali o bisessuali e’ positivo ai tests sulle metanfetamine, il triplo rispetto al 2001.
Secondo una ricerca statale, i gay sono l’unico gruppo ad adottare comportamenti sessuali a rischio in presenza di queste sostanze. “Non solo sono piu’ alte le probabilita’ che essi abbiano rapporti sessuali senza protezione, ma aumenta le probabilita’ di avere rapporti con piu’ partners, aumentando il rischio di contrarre il virus dell’Hiv”, ha dichiarato la dottoressa Michelle Roland, capo del Dipartimento di sanita’ pubblica per l’Aids.
Sono a rischio per infezioni ed epatiti anche le donne e gli uomini eterosessuali che usino queste sostanze. Molte donne consumano le metanfetamine per perdere peso e come energetico. Per la dottoressa Renee Zito, del California Department of Alcohol and Drug Programs, anche se la campagna e’ diretta ai gay “Potrebbe servire a scoraggiare chiunque sia tentato da questi stupefacenti”.

"Paure, segreti e nuove sfide, la battaglia contro l’Aids". Il virus continua a diffondersi e l’unico modo per fermarlo è la prevenzione.

Un compito difficile perché questa infezione si alimenta del valore degli affetti e delle emozioni e perché i sintomi non compaiono immediatamente

(Franco Carletti – Il Resto del Carlino) Forse per vincere questa malattia dovremmo seguire l’esempio del Botswana, primo Stato a rendere obbligatori i test di controllo per il virus dell’Hiv.

Provocazioni a parte, la lotta all’Aids continua a essere un lavoro difficile, perché questa infezione si alimenta del valore degli affetti e delle emozioni. Difficile da capire, perché i sintomi non compaiono immediatamente, ma a distanza di 10/15 anni.

E in questo tempo vatti a ricordare i partner con i quali si sono intrattenute delle relazioni. Difficile perché, come sottolinea Paula Castelli, dirigente medico dell’unità malattie infettive di Macerata (che ha raccolto le storie e le testimonianze di malati che riportiamo qui a fianco), viene sempre “considerata come la malattia degli altri, quella che non potrà mai riguardarci”.

Sono trascorsi pochi anni da quando l’infezione da virus Hiv veniva associata al volto scheletrico di un uomo o di una donna distesi su un letto d’ospedale con negli occhi lo stupore, la vergogna e il dolore di dover scontare un proprio peccato.

Nel 1994 il reparto di malattie infettive di Macerata seguiva 63 pazienti, il 60% dei quali tossicodipendenti, il 14% omosessuali e il 22% eterosessuali. Più o meno consapevolmente la nostra morale ci rendeva distanti dall’Aids, pensando che quel virus non ci avrebbe mai toccato, apparteneva alle cosiddette categorie a rischio. Malattia e peccato.

Poi le cose sono andate diversamente. Il virus dell’Hiv è entrato nel vissuto delle famiglie. E’ così che, tredici anni dopo, nel 2007, su un totale di 131 casi, gli eterosessuali erano il 60%, soltanto il 20% rientrava nella categoria dei tossicodipendenti, mentre restavano stabili gli omosessuali.

Questa nuova ripartizione percentuale ha in parte contribuito a sdoganare la malattia dal suo legame con la riprovazione sociale legata alla diversità. Essendo comunque pur sempre connessa alla sfera sessuale, continua a nutrirsi di forti sensi di colpa.

La possibilità di un contagio è qualcosa che non vogliamo prendere in considerazione. In un primo momento le cure imponevano una moltitudine di pillole e fastidiose scadenze, che sconvolgevano la normale vita quotidiana. Inoltre non garantivano una valida cura. Oggi i medicinali da prendere sono pochi, di facile somministrazione, efficaci al punto da permettere una aspettativa di vita del tutto simile a quella di una persona sana.

Occorre però una diagnosi precoce, che purtroppo manca. Nella fascia di popolazione sessualmente attiva, solo una piccola percentuale si sottopone al test dell’Hiv. “Quello che si evidenzia — continua Paula Castelli — è l’esistenza di un progressivo ritardo nella diagnosi. Nel 2006 circa il 54% dei nuovi pazienti sono arrivati ai nostri ambulatori avendo già una depressione immunitaria grave, quello che chiamiamo Aids conclamato, con conseguenze negative sulla prognosi”.

Recenti ricerche svolte negli Usa su un gruppo di pazienti diagnosticati con ritardo, hanno dimostrato che essi erano venuti in contatto con strutture sanitarie negli anni precedenti la diagnosi una media di 4 volte ciascuno, senza che venisse effettuato il test. “Si può parlare di occasioni mancate — conclude la dottoressa Castelli — ed è evidente la necessità di adottare interventi più incisivi nell’ottica di una diagnosi precoce”.

Cercasi collaudatori di preservativi col pene piccolo.

In India necessità di testare profilattici in un paese di grandi numeri e ”piccoli” calibri.
(La manica tagliata) Eccitante come offerta di lavoro. Almeno così pare. L’India cerca collaudatori di profilattici. la notizia è riportata tra il serio e il faceto dal sito tetu.com. Pare infatti che gli uomini indiani abbiano dimensini ridotte di circa due centimentri e mezzo rispetto agli standard internazionali. Non è finita, il 30% degli indiani è a meno cinque centimetri. da qui la necessità di rivedere gli standard internazionali di produzione e adattarli alle misure degli uomini indiani. Attualmente si stima che i contagiati dall’HIV nello sterminato paese asiatico oscillino tra i due e i tre milioni e mezzo di persone.

Aids: Nobel David Baltimore, un vaccino efficace? Potrebbe non arrivare mai.

Potrebbero passare ancora molti anni prima di riuscire a trovare un vaccino efficace e risolutivo contro l’Aids e, forse, non lo si troverà mai. A lanciare l’allarme ieri a Boston, riferisce il quotidiano Guardian, il premio Nobel David David Baltimore, uno degli esperti mondiali della malattia.

(AdnKronos) La complessità della malattia, ha dichiarato lo scienziato all’apertura del convegno annuale dell’American Association for the Advancement of Science di cui è presidente, ci fa pensare che non siamo così vicini ad un vaccino, che sia risolutivo, più di quanto lo fossimo al momento della scoperta del virus, un quarto di secolo fa. David Baltimore, biologo del California Institute of Technology, è stato insignito del premio Nobel per la medicina nel 1975 per la scoperta di un enzima, che si è rivelato successivamente essere la chiave per la replicazione del virus Hiv.

Quando l’agente infettivo fu scoperto nei primi anni ’80, il mondo scientifico era convinto che la scoperta del vaccino fosse imminente. “In realtà non siamo più vicini di quanto non lo fossimo 25 anni fa”. Nel 1986 un team di esperti aveva concluso che data la complessità della patologia, la scoperta di un prodotto efficace richiedeva almeno 10 anni, e aggiunge ora Baltimore, “sono passati venti anni e continuo a pensarlo”. L’ultimo dato sconfortante è arrivato l’anno scorso, durante il trial di un prodotto promettente dalla Merck, poi ritirato dal mercato: aumentava, anzichè ostacolarla, l’infezione del virus. Attualmente David Baltimore usa una combinazione di terapia genica, cellule staminali e immunologia.

E lo scienziato non risparmia neanche il presidente uscente George Bush. “C’è stato un tentativo di far tacere gli scienziati e un controllo sui contenuti delle relazioni ai convegni medici. Non era mai successo prima. Spero che il tentativo di controllare l’informazione scientifica finisca con l’amministrazione Bush”.