Australia, la masturbazione allontana il cancro. Lo dice un’equipe di scienziati.

(Leggo.it) Chi “si tocca” rischierà pure di perdere la vista, ma di sicuro attenua i rischi di ammalarsi di tumore. E’ quanto afferma una equipe di scienziati australiani che ha fatto dettagliati studi un ampio gruppo di pazienti. Il dottor Giles ha sottolineato che i più “fortunati” sono quelli che hanno avuto «un’intensa attività tra i venti i cinquant’anni». Meglio ancora, pare, se la masturbazione è regolare ogni settimana con un minimo di cinque volte ogni sette giorni. In questo caso, spiega la serissima ricerca medica (si è protratta anni) si attenua fortemente il rischio di cancro alla prostata. Un’altra connessione sorprendente è stata trovata dalla stessa equipe per le donne. Sembra, infatti, che chi non allatta ha minori rischi di sviluppare un cancro al seno.

NUOVA MOLECOLA ANTI-CANCRO A MILANO Una nuova molecola ha dimostrato in laboratorio di poter bloccare la proteina Cdc7, che quando “impazzisce” è alla base della moltiplicazione incontrollata delle cellule tumorali. La scoperta arriva dagli scienziati del Nerviano Medical Sciences (Nms), centro milanese specializzato nella ricerca e sviluppo di farmaci anti-tumore, ed è stata appena presentata al congresso dell’Associazione americana ricerca sul cancro a San Diego (Usa). «I risultati pre-clinici (cioè che precedono la fase di sperimentazione sull’uomo) – spiegano i ricercatori – indicano che questa molecola blocca la moltiplicazione e induce la morte di cellule tumorali di diversa origine, incluse quelle resistenti a farmaci inibitori della replicazione tumorale attualmente sul mercato. L’inibitore di Cdc7 entrerà in sperimentazione clinica nei prossimi mesi, e verrà studiato in molteplici tumori umani quali quelli dell’ovaio, del colon, della mammella e in diverse leucemie».

Domani Rita Levi Montalcini festeggia 99 anni. Auguri!

(Pinkblog) Una donna al servizio dell’umanità che ha fatto della scienza il suo pane quotidiano e ragione di vita: Rita Levi Montalcini compie domani 22 aprile, 99 anni.

Laureata nel 1936, vittima delle leggi razziali fasciste e costretta ad emigrare in Belgio, docente negli Stati Uniti dal 1947 al 1977, Premio Nobel nel 1986 per aver scoperto il fattore della crescita nervoso, noto come Ngf (Nerve Growth Factor), direttore, superesperta e guest professor di vari Centri di ricerca, presidente dell’istituto dell’Enciclopedia italiana, membro delle più prestigiose accademie scientifiche internazionali, senatrice a vita, tre lauree ad honorem in università italiane ed internazionali, premi e riconoscimenti a non finire, tra cui “Saint Vincent”, “Feltrinelli”, “Albert Lasker“, fondatrice dell’Ebri (European Brain Research Institute).

Mi sento per la seconda volta un po’ Robinson Crusoe. La prima fu negli anni del fascismo. Allora ero più sola, più giovane e meno forte di adesso, eppure il male produsse un bene“.

Una scienziata irriducibile da sempre attiva nelle campagne di interesse sociale (contro le mine anti-uomo o per la responsabilità degli scienziati nei confronti della società), e dal 1992 fondatrice della “Fondazione Levi Montalcini”, in memoria del padre, rivolta alla formazione e all’educazione dei giovani. In particolare al conferimento di borse di studio a giovani studentesse africane, al fine di contribuire a creare una classe di giovani donne che svolgano un ruolo di leadership nella vita scientifica e sociale del loro Paese.

“Dico ai giovani: non pensate a voi stessi, pensate agli altri. Pensate al futuro che vi aspetta, pensate a quello che potete fare, e non temete niente. Non temete le difficoltà.
Meglio aggiungere vita ai giorni che non giorni alla vita”. (Rita Levi Montalcini)

Ai suoi magnifici 99 anni, vanno i nostri migliori auguri.

Fecondazione: Scienziati e bioeticisti, improbabili bimbi "fai da te" per i gay.

(Adnkronos Salute) Bimbi fai da te per le coppie gay? “Improbabili. Così come per i single o per le coppie eterosessuali, a partire da gameti creati con cellule staminali”. A dissolvere, almeno per ora, le paure sollevate dalle potenzialità della scienza è The Hinxton Group, un consorzio internazionale di scienziati, bioeticisti e giuristi di 14 Paesi.

“Nonostante i progressi della ricerca – rivela il gruppo di super-esperti sul suo sito internet – ci vorranno almeno 20 anni prima che nei laboratori si possano ottenere facilmente gravidanze umane. Dunque lo spauracchio di bebè fai da te è immotivato, e ben oltre le possibilità degli scienziati”. Soprattutto le prospettive che più preoccupano, cioè creare sperma a partire da cellule femminili, oppure ovuli a partire da spermatozoi, “risultano uno scenario altamente improbabile”.

Aids, la speranza di una cura riparte dalle porte di Roma.

Sarà annunciata fra pochi giorni la scoperta nel laboratorio della Merck a Pomezia di una molecola che bloccherebbe il virus Hiv .

(Andrea Rustichelli – La Repubblica) Notizie importanti arrivano dall’Italia per la ricerca sul virus Hiv: protagonista la molecola scoperta a Pomezia, 30 chilometri a sud di Roma, nei laboratori dell’Istituto di Ricerche di Biologia Molecolare P. Angeletti. La molecola segna un passo avanti rispetto alle terapie tradizionali, le antiretrovirali. La prospettiva sarebbe la creazione di una classe di farmaci che, bloccando un enzima, potranno limitare la capacità del virus Hiv di riprodursi. Sarà il primo di una nuova classe di farmaci che inibendo l’enzima dell’integrasi, limita appunto la capacità del virus di replicarsi. I dettagli della scoperta saranno presentati il 17 aprile presso la sede del centro, che è una struttura d’eccellenza specializzata nella ricerca sulle malattie virali, Aids ed epatite C, e anche nel trattamento dell’arteriosclerosi e nei nuovi approcci alle terapie oncologiche. Dal 2000 è stato acquisito dal gigante internazionale del farmaco Merck Sharp & Dohme (fatturato 2007 di 24 miliardi di dollari, il 20,2% dei quali destinato alla ricerca), tramite la consociata Msd Italia. L’Istituto è parte integrante di una ramificata struttura, i Merck Research Laboratories.

La partita è cruciale per la Merck, da sempre in prima linea nella ricerca di vaccini e di farmaci contro l’Aids. Sul fronte vaccini, alla fine dell’anno scorso è stata costretta a ritirare quello che sembrava più avanzato ma non vuole rinunciare alla sfida. La scoperta fatta in Italia rilancia gli sforzi della multinazionale americana. Lo scienziato Gennaro Ciliberto è direttore scientifico dell’Istituto nonché vice presidente dei Merck Research Laboratories. «Lo staff della struttura spiega è di 200 persone, decisamente internazionale, con una cospicua presenza femminile. Non mancano le collaborazioni con la comunità scientifica italiana, dall’Istituto Europeo di Oncologia di Milano a diverse università».
L’Istituto, negli ultimi cinque anni, ha investito 180 milioni di euro. «Da 20 anni, la Merck è impegnata su più fronti nella lotta contro l’infezione da Hiv», conferma Josè Louis Roman, presidente di Msd Italia. «L’azienda ha investito fondi ed energie in ricerca clinica, ma anche in programmi di collaborazione con i governi di vari paesi. E nel 2007, ha donato risorse finanziarie e di prodotto per un totale di 820 milioni di dollari».

Ma quali sono le frontiere della ricerca sui vari versanti, compreso quello oncologico? «Sono 7 le molecole in fase III di sviluppo clinico, quella più prossima alla commercializzazione, 17 sono in fase II e 23 nella fase iniziale di sperimentazione. «La nostra R&S si concentra nell’arteriosclerosi e malattie cardiovascolari, malattie respiratorie, del metabolismo osseo, immunologia ed endocrinologia, diabete e obesità, malattie infettive e vaccini, neuroscienze e oncologia». E l’Istituto di Pomezia? «Sono convinto che nei prossimi anni il numero di molecole identificate in questo centro come potenziali candidati terapeutici sia destinato ad aumentare: questo comporterà un aumento della ricerca clinica condotta in Italia».

Thomas Beatie, l’uomo incinto, va in Tv. Il video dell’ecografia.

La fotografia del suo stato di gravidanza aveva fatto il giro del mondo.
In tv l’ecografia dell’uomo “incinto”. Thomas Beatie è stato ospite dell’Oprah Winfrey uno degli show più seguiti d’America.

(Elmar Burchia – Il Corriere della sera) Thomas Beatie ha destato grande scalpore due settimane fa con l’annuncio di essere “incinto”. La fotografia del suo stato di gravidanza ha fatto il giro del mondo. Era quindi solo questione di giorni affinché la donna/uomo dell’Oregon – che anni fa decise di cambiare sesso e che anche all’anagrafe risulta registrata/o come maschio – facesse la sua prima comparsa in tv.
E’ successo nel corso di uno degli show più seguiti d’America, l’Oprah Winfrey, che andrà in onda venerdì mattina negli Usa. Nella trasmissione dal titolo “Is the world ready for this?” (“Il mondo è pronto per questo?”), il 34enne Beatie si sottopone anche ad un’ecografia.

IL CAMBIO DI SESSO 10 ANNI FA – Thomas Beatie era una donna fino a dieci anni fa e si chiamava Tracy Lagondino. Dopo essersi resa conto di essere omosessuale, quando incontrò la sua attuale compagna, Nancy, decise di cambiare sesso. Si sottopose a una terapia a base di testosterone e a un intervento chirurgico per asportare il seno. Volle però mantenere inalterato il suo apparato riproduttivo femminile. Nel quale 5 mesi fa – stando a quanto da lei dichiarato alla rivista americana “The Advocate” – si è fatta impiantare il bimbo. Che – dice – ora ha 22 settimane. Nel corso dell’intervista esclusiva con Oprah, Beatie racconta di aver inizialmente pensato di voler tenere “segreta” l’inusuale gravidanza, anche per evitare reazioni negative della gente: «Se mia moglie Nancy avesse potuto avere figli non mi sarei sottoposto a tutto questo», ha detto l’uomo.

Non l’ira divina sulle città del vizio ma un asteroide distrusse Sodoma-Gomorra.

Gb, decifrata tavoletta astronomo sumero.

(TGCom) Sodoma e Gomorra sarebbero state annientate da un asteroide del diametro di quasi un chilometro. E’ il messaggio contenuto su una tavoletta di terracotta del 700 a.C. con gli appunti di un astronomo sumero che osservava il cielo la notte della catastrofe. A decifrarlo, riporta il Times, sono stati ricercatori britannici che finalmente hanno svelato il mistero della “Planisphere tablet” dopo 150 anni di tentativi.

La tavoletta era stata ritrovata a metà ottocento da Henry Layard tra le rovine della biblioteca reale dell’antica Ninive. Secondo i ricercatori britannici, sarebbe la copia del 700 a.C. di appunti di un astronomo sumero che annotò quanto accadde la notte della catastrofe. Egli descrive l’asteroide come “una coppa di pietra bianca” che viene illustrata mentre “avanza con forza”.

Tramite una ricostruzione informatizzata di come appariva il cielo migliaia di anni fa, il gruppo di ricercatori ha anche stabilito la data dello storico avvistamento: all’alba del 29 giugno 3123 a.C. La tavoletta – della quale tuttavia sono leggibili solo metà dei segni – contiene quindi descrizioni dell’asteroide e altre della la posizione di nebulose e costellazioni.

L’impresa della decifrazione è riuscita, dopo 5 tentativi senza esito, all’équipe dell’università di Bristol, guidata da Mark Hempsall. “E’ un meraviglioso frammento di osservazione, un pezzo di scienza assolutamente perfetto” ha dichiarato.

Il gruppo di scienziati ha anche ipotizzato che l’asteroide sia precipitato sulle alpi austriache, a Koefels, dove esiste un’antica frana larga 5 km e profonda 500 metri. Durante la caduta deve aver avuto anche effetti da vera catastrofe: con temperatura a 400 gradi, frammenti del corpo celeste anche molto grandi caduti ovunque, e la distruzione di un milione di km2 di territorio.

In un suo recente libro sulla scoperta (“A Sumerian Observation of the Koefels’ Impact Event”), inoltre Hempsall ricorda che 20 antichi miti parlano di devastazioni dalle dimensioni di quelle generate dall’impatto dell’asteroide. Tra loro anche l’Antico Testamento.

Aids: A Brescia prima sperimentazione su vaccino terapeutico.

Parte da Brescia la sperimentazione clinica sull’uomo del primo vaccino terapeutico in Italia contro l’Aids.

(Agi) L’AT20 – questo il nome del probabile vaccino – e’ frutto di uno studio ventennale condotto da un’equipe di ricercatori della cattedra di Microbilogia dell’Universita’ di Brescia, diretta dal prof. Arnaldo Caruso, che nell’ambito del progetto “Imana” ha individuato una nuova molecola la quale permetterebbe di abbattere drasticamente la proliferazione del virus. Il vaccino sara’ testato, a partire da settembre, su un campione di 60 persone sieropositive in quattro centri italiani: Brescia, Milano, Torino e Perugia.

La prima fase della sperimentazione, volta a misurarne l’innocuita’, dovrebbe durare sei mesi, nel corso dei quali ai pazienti saranno inoculate fino a 5 dosi vaccinali.

Successivamente si passera’ a una seconda e terza fase – per cui si devono ancora reperire le risorse finanziarie – per valutare la reale efficacia dell’AT20, anche su ceppi del virus dell’HIV diffusi in altri Paesi del mondo.

“La strada intrapresa dai bresciani e’ una novita’ – ha spiegato oggi il prof. Caruso a una conferenza stampa a margine di un convegno promosso dalla facolta’ di Medicina, ‘Nuove strategie preventive e terapeutiche anti-Aids’ -. Finora si era lavorato piu’ sul fronte della prevenzione che pero’, paradossalmente, come hanno dimostrato molti tentativi americani, spesso possono incrementare i rischi. Il vaccino terapeutico ha come obiettivo quello di fare invece convivere il paziente con il virus, ripristinando una condizione clinica di portatore sano. L’idea e’ concepire in futuro un sistema di cura intermittente con le terapie antiretroviarali, cosi’ da alleggerire il malato dalla somministrazione continua di farmaci”.

Il vaccino svolgerebbe la propria azione arginante del virus mediante il blocco dell’attivita’ biologica di una proteina, la P17, che rilascia cellule infette e non viene riconosciuta dai normali anticorpi. Il progetto “Imana”, che ha ricevuto il placet dell’Istituto superiore di Sanita’, si affianca a un’altra sperimentazione vaccinale in corso, a cura della dottoressa Barbara Ensoli, sviluppato pero’ su un versante preventivo e terapeutico insieme. “Lo studio bresciano ha raggiunto un risultato importante – ha commentato il presidente dell’ISS, Enrico Garaci – che cosi’ si affianca alla sperimentazione avviata da noi (quello della dott.ssa Ersoli) creando una proficua alleanza. In Italia si fanno ancora pochi trial clinici, tanto che le fasi uno e due delle sperimentazioni vaccinali avvengono spesso all’estero.

L’Istituto superiore di Sanita’ coordina un progetto di ricerca in cui sono coinvolti otto Stati”.

Sesso e matematica.

(Le scienze) Nel corso di una conferenza accademica, il rettore della Harvard University Lawrence Summers dichiara che una delle principali ragioni per cui le donne riescono meno degli uomini a raggiungere i massimi livelli della ricerca scientifica è che ci sono meno donne dotate di «capacità innate» per la scienza.
Una dichiarazione provocatoria, che scatena forti reazioni, costringendo Summers a dimettersi dalla presidenza di Harvard, ma che ha il merito di avviare una discussione pubblica sulle differenze intrinseche tra i sessi e la loro responsabilità della scarsa presenza femminile nelle discipline matematiche e scientifiche. Come contributo al dibattito, in queste pagine presentiamo un’analisi del vasto corpus di letteratura scientifica dedicato al tema, da cui emergono informazioni essenziali per capire le differenze tra i sessi e le proposte per attirare più donne nelle professioni scientifiche e matematiche.
Non esiste una risposta univoca o semplice al perché in alcune aree della scienza e della matematica le donne sono molte meno degli uomini. È possibile invece identificare vari fattori che influenzano le scelte professionali, tra cui le differenze cognitive tra i sessi, l’istruzione, le influenze biologiche, gli stereotipi, la discriminazione e i ruoli sociali.
Una ragione per cui il commento di Summers ha infastidito molti è l’implicazione che qualsiasi tentativo di colmare il divario sarebbe inutile. Se la maggior parte delle donne è vittima di una naturale deficienza nelle capacità scientifiche, non c’è molto da fare. Ma in questa interpretazione apparentemente semplice ci sono due vizi di fondo.
Per prima cosa, non esiste alcuna singola capacità intellettuale che possa essere definita «capacità scientifica». (Per semplicità, useremo spesso il termine «scientifico» per riferirci a capacità rilevanti nei campi della scienza e della tecnologia, dell’ingegneria e della matematica). Gli strumenti necessari per avere successo in campo scientifico comprendono attitudini verbali come quelle necessarie per scrivere articoli complessi e comunicare in modo efficace coi colleghi; attitudini mnemoniche come la capacità di comprendere e ricordare eventi e informazioni complesse; attitudini quantitative nella creazione di modelli matematici e statistici, nonché nella visualizzazione di oggetti, dati e concetti.
In secondo luogo, se pure donne e uomini manifestassero differenze in queste capacità, ciò non vuol dire che si tratti di differenze immutabili. Se l’addestramento e l’esperienza non influissero sullo sviluppo delle nostre capacità accademiche, a che cosa servirebbero le università?
Un aspetto che può disorientare quando si parla di disparità tra i sessi è che si può arrivare a conclusioni molto diverse a seconda di come si sceglie di valutare le abilità. È chiaro che le donne hanno le carte in regola per avere successo nel mondo accademico. A partire dal 1982, rappresentano la maggioranza degli iscritti al college negli Stati Uniti, e da allora il divario rispetto gli uomini ha continuato ad allargarsi (la stessa tendenza si registra in molti altri paesi). Inoltre le donne ricevono in media voti più alti in tutte le materie scolastiche, comprese matematica e scienze.
A dispetto dei successi in aula, però, le donne ottengono punteggi molto più bassi in molti dei test standard per l’ammissione al college e ai corsi post-laurea. La disparità nelle iscrizioni maschili e femminili alle facoltà scientifiche diventa più marcata nei gradi di istruzione più avanzati. Per esempio alla fine degli anni novanta le donne erano il 40 per cento degli studenti di scienza al Massachusetts Institute of Technology, ma soltanto l’8 per cento dei docenti.

Sesso: priapismo non ha piu’ segreti, svelata causa di erezione perenne.

(Adnkronos Salute) Il priapismo, il disturbo che si manifesta nell’uomo con un’erezione perenne, non ha più segreti. Ne sono convinti i ricercatori della scuola di medicina dell’università del Texas, sicuri di averne svelato i meccanismi biochimici. Un bel sollievo per chi soffre di questo disturbo che, oltre a essere fastidioso e imbarazzante, può provocare seri danni alla salute, tra cui disfunzioni erettili permanenti o anche gangrena. Proprio lì. L’erezione del pene, nei pazienti con priapismo, è indipendente dall’eccitazione. “All’origine del disturbo – spiegano gli scienziati sul Journal of Clinical Investigation – ci sono i livelli troppo alti di adenosina, una sostanza chimica che regola la ditatazione dei vasi sanguigni. E che dunque fa aumentare l’afflusso di sangue nei corpi cavernosi del pene determinandone l’erezione”.

Una tesi che per prima cosa è stata passata al vaglio dei test di laboratorio condotti su alcuni topi ‘Ogm’, creati appositamente per non avere un enzima in grado di contrastare l’adenosina. Con la sostanza chimica a livelli alti nell’organismo, anche gli animali sperimentavano il priapismo. Almeno fino a che i ricercatori non hanno somministrato loro un altra molecola, il polietilene glicole, che riduce ma non elimina l’adenosina. “Una scoperta con implicazioni cliniche di enorme importanza”, enfatizzano gli scienziati convinti di riuscire ora a mettere a punto una terapia in grado di contrastare i livelli della sostanza alla base del priapismo. Anche se, aggiungono, “altri studi saranno necessari per capire se il meccanismo biochimico dell’adenosina è la causa della forma molto più rara di priapismo femminile, che colpisce le donne con un perenne rigonfiamento del clitoride”.

In ogni caso, annunciano, “i test su uomini affetti dal disordine dovrebbero iniziare entro la fine di quest’anno”. La notizia potrebbe cambiare la vita di molti pazienti, tra cui il 40% dei malati di talassemia e anemia falciforme che sperimenta i sintomi del priapismo. E a riprova di questo, gli scienziati rivelano gli analoghi risultati raggiunti su topi di laboratorio con anemia falciforme.

Usa, la crociata contro il Viagra rosa. "Fa solo gli interessi di Big Pharma".

La pillola blu compie dieci anni e l’industria punta sulla versione femminile. Ma cresce il movimento di denuncia: “Si medicalizza il sesso per denaro”.
(Alessia Manfredi – La Repubblica) “Sesso per il nostro piacere o per il loro profitto?” Diretto, senza troppi giri di parole è il grido d’allarme lanciato dalla New View Campaign, il movimento che, proprio quando il Viagra si appresta a compiere dieci anni di vita, fa sentire sempre di più la sua voce negli Stati Uniti contro l’eccessiva medicalizzazione della sfera sessuale e, in particolare, la versione in rosa della celebre pillola dell’amore.

Alla guida di questa campagna c’è Leonore Tiefer, psicoterapeuta e professore associato presso la New York University. La signora un’aria rassicurante, che però non deve ingannare. E’ combattiva e non è sola. Come lei la pensano diversi psicologi, accademici ed esperti di salute – molti sono donne e femministe, come lei – convinti che dietro gli sforzi della ricerca per arrivare ad una pillola magica per le disfunzioni sessuali femminili ci siano solo gli interessi di Big Pharma e non l’attenzione al benessere del paziente.

Da quando venne introdotto sul mercato nel marzo 1998, il Viagra fu immediatamente salutato come il portatore di una nuova rivoluzione sessuale, paragonabile solo a quella della pillola anticoncezionale. La compressa azzurrina ha spopolato in tutto il mondo – in Italia ne sono state vendute 60 milioni – ed è partita la corsa per produrne una versione al femminile. Più volte annunciato, il Viagra rosa non è però ancora arrivato. E la conquista della pillola in rosa si è rivelata molto più sfuggente e scivolosa di quanto non si pensasse all’inizio.

Molte aziende hanno rinunciato, altre si dicono in dirittura d’arrivo con prodotti in fase avanzata di trial clinici, fra cui un gel che al momento viene sperimentato su decine di migliaia di donne e che potrebbe avere l’ok dall’FDA nel 2009.

Contro tutto ciò si batte la Tiefer, contraria all’idea che passi il messaggio che una donna che non prova desiderio sessuale debba sentirsi malata. Quello che le compagnie farmaceutiche comunicano alle donne è questo, denuncia Tiefer al Washington Post, che al tema dedica un lungo articolo: “Voi non avete bisogno di sapere nulla. Potete avere una vita sessuale soddisfacente, solo chiedendo al vostro dottore”.

Eppure le cause dei problemi sessuali, continua la terapeuta, possono essere molteplici, da un partner non perfettamente in sintonia, allo stress, alla fatica di dover tenere dietro alla famiglia. Tutti motivi più che validi per un calo di desiderio, senza dover stare a scomodare per forza la medicina.

Tiefer e compagni accusano in sostanza Big Pharma di aver creato a tavolino una nuova malattia, motivati dalla conquista di una fetta di mercato tutt’altro che insignificante. “L’industria farmaceutica – si legge nel manifesto del movimento New View – vuole che la gente pensi che i problemi sessuali sono semplici e offre farmaci come costose cure miracolose, ma la sessualità è sempre diversa, i problemi sessuali sono complicati e nessun farmaco è privo di effetti collaterali”.

Dall’altra parte della barricata, su posizioni opposte, ci sono altri medici fra cui la nemesi della Tiefer, il dottor Irwing Goldstein – direttore centro di medicina sessuale dell’ospedale Alvarado di San Diego – che definiscono i disturbi sessuali femminili un’epidemia silenziosa, che colpisce soprattutto dopo la menopausa, ed emerge a fatica perché molte donne non se la sentono di parlarne liberamente con il proprio medico.

Per loro considerare i disturbi sessuali come una questione da affrontare con la psicoterapia significa tornare indietro nel tempo di 30-40 anni quando il Viagra, invece, ha chiarito l’origine clinica della maggior parte dei casi di impotenza. Tiefer però insiste: qui sono le aziende farmaceutiche a dettare le priorità e a stigmatizzare le donne che non sono interessate al sesso. E per la cronaca, ci tiene a sottolineare che il numero di pazienti maschi in terapia presso di lei, non è certo calato negli ultimi anni. Anzi.