Da gnoccatravel a escortsuperstar. Oggi la squillo della porta accanto la trovi in rete. E tutte senza sfruttatori.

L’ultima frontiera della prostituzione: escort imprenditrici di sé stesse. Lavorano in appartamenti, non hanno sfruttatori. E per trovarle c’è la Rete La squillo della porta accanto così rinascono le case chiuse.
(Paolo Berizzi – La Repubblica) A vederlo così, con le candele profumate all’essenza di sandalo, il piccolo acquario all’ingresso, i mobili Ikea, le riviste femminili e di fitness sparse su una mensola in marmo, la porta schiusa della cucina che lascia scorgere un pacchetto di cereali e una bottiglia d’acqua, il bilocale dell’amore potrebbe essere la casa studio di una matricola universitaria o di una ragazza all’inizio della nuova vita da single. Poi entri nella camera da letto, e capisci. Accanto al tatami con materasso in lattice, ordinati sul ripiano di una cassettiera in legno chiaro, ci sono due frustini, dei falli di gomma – uno argento – un paio di cinghie di pelle nera borchiate, un ventaglio di piume bianche e canarino. Creme, unguenti. Anche qui, candele dappertutto. Un vaso di vetro a forma cilindrica pieno di preservativi.

Benvenuti nell’ufficio di Jane, 35enne colombiana, e di Matisse, nome d’arte, 25 anni, da Orzinuovi, Brescia, ex ragazza cubo nelle discoteche del Garda. Dieci clienti al giorno (200 euro a prestazione, una su due sadomaso) spalmati su due turni: pomeriggio e sera. “La mattina andiamo in palestra, facciamo le nostre cose”. Il condominio è in via Vitruvio, comodamente raggiungibile, anche a piedi, dalla stazione Centrale. Zona ad alto tasso di “case matte”, che poi sono soprattutto mono o bilocali incastrati in mezzo a schiere di appartamenti “normali”. Se e quando la polizia scoprirà l’ufficio di Jane e Matisse, ci sarà almeno un vicino di casa che dirà “mi ero accorto già da un po’”. Perché nell’immaginario collettivo, quando si pensa a una casa di tolleranza, c’è sempre un androne o un cortile dove il traffico di uomini è incessante. Dopo cinquant’anni e una legge (Merlin), i bordelli vivono una nuova primavera. Sono solo “spacchettati”. Sempre più diffusi, sempre più frequentati.

E’ un franchising in mostruosa espansione. Una rete commerciale che ogni giorno fa nuovi proseliti e allarga le sue filiali. Nei salotti buoni delle metropoli, negli interstizi dei centri storici, nelle balere di periferia, nelle masserie di campagna. Di ipermercati e botteghe del sesso è pieno. Per tutti i gusti e per tutte le tasche. A Milano c’è una tale concentrazione immobiliare di case a ore che le strade te le immagineresti ormai vuote. E invece sono piene anche quelle: lucciole, viados, travestiti, ragazzi di vita, soprattutto romeni. “La domanda di sesso a pagamento è altissima, sempre più alta – dice Francesco Messina, capo della squadra mobile di Milano dove pochi giorni fa è stata scoperta una rete di appartamenti, decine, che insospettabili agenti immobiliari affittavano a prostitute auto-organizzate – Sono solo cambiati i posti, e il modo di arrivarci”. Già.

Nella nuova toponomastica del sesso a pagamento e a domicilio ci sono indirizzi che non contemplano targhe di marmo: o almeno non subito. Per raggiungerli, che sia una casa “attrezzata”, un hotel con stanze riservate, un centro estetico, una sauna, un eros center camuffato da spa, bisogna prima affacciarsi, e bussare, in Rete.

Basta cliccare su www. gnoccatravel. com, che non sarà un tocco di classe, ma che nella sua efficacia non disorienta. Oppure su RosaRossa. com, o Chiamami. it. I possessori di portafogli a fisarmonica, ma qui si sale in alto, nell’agenda del blackberry hanno impostati i siti delle peripatetiche per pochi: www. bluescort. com, www. escort superstars. com, www. pianetaescort. com. Sono i “non luoghi”, le piazze di annunci a pagamento dove reclutare bellezze mozzafiato da convocare per notti e fine settimana da mille e una notte (e da 3mila euro). Si naviga in Internet per arrivare ai nuovi bordelli.

Sono 100-130 mila, secondo stime recenti, le prostitute “censite” in Italia. Cinquantamila sono immigrate, 3 mila minorenni, 5 mila quelle ridotte in schiavitù. Il 65 per cento dice di lavorare ancora in strada (ma spesso mentono per evitare perquisizioni e sequestri); il 29% in albergo, le altre ricevono in appartamento.

Nei moderni lupanari milanesi appena scoperti dalla polizia i clienti pagavano fino a 2mila euro per un’ora di sesso. Uno di questi appartamenti è già entrato negli annali della trasgressione metropolitana. Un bilocale in via Mercadante, sempre zona stazione Centrale. Una sottile parete di plexiglas trasparente che separa la camera da letto dal bagno attrezzato con vasca e palo da lap dance. Per i più esigenti era questa la nuova frontiera da superare: dare libero sfogo alle fantasie sul letto king size – possibilmente poligamico – e nello stesso tempo godersi lo spettacolo che andava in scena nel bagno palcoscenico.

“Oggi le prostitute sono sempre più organizzate – dice ancora Messina – La maggior parte utilizza gli appartamenti. Il numero dei clienti è in costante aumento, e per soddisfare le richieste si moltiplica l’offerta”. Basta coi viaggi a Cuba, o nella vicina Lugano. Basta coi voli del sesso low cost. Milano come Budapest e Praga. Si resta in città perché la città offre posti sicuri dove comprare l’amore. Con una corsa all’immobile.

C’è stato proprio un mutamento sociale della prostituzione. Per strada si vendono quelle che stanno sotto protezione, le albanesi, le rumene, le slave, le nigeriane. Ma chi si affranca dal pappone, chi vuole guadagnare e riesce a autogestirsi, affitta casa, e lì lavora.

Sembra di essere tornati agli anni 50. Semplice: 1,50 lire. Doppia: 2,50. Un quarto d’ora: 3,10. Mezz’ora: 5. Un’ora: 7,20. Asciugamano e sapone: 0,5. C’era una volta il bordello, c’erano una volta i suoi tariffari.

Placche di metallo appese all’ingresso della casa dell’amore. Prezzi in vista, sulla parete in alto, come ancora se ne vedono in alcuni bar. Entravi, ti accomodavi nel salottino, e quando l’uomo reclamava il suo diritto alla felicità, oplà, sceglievi. Due parole con la maitresse, e via in camera. C’è stata un’epoca – secondo alcuni molto felice – che i “casini” erano luoghi da vivere. Si stava lì delle ore, si passava il tempo. Lupanari sì, ma “sociali”. Oggi quella socialità maschile è stata cancellata. Ci si ferma solo il necessario, si entra e si esce alla chetichella. E le prostitute, imprenditrici di se stesse, maghe della Rete, guadagnano anche cinquemila euro alla settimana.

In via Cagliero, dalle parti di viale Abruzzi, e cioè un pezzo di Amsterdam a Milano, in una casa-vetrina è stata trovata morta una cinese quarantenne: anche lei come le altre si prostituiva in questo appartamentino che pareva un piccolo tempio della pornografia. Yang li, 47 anni, adescava in strada. Le sue colleghe, quelle delle case vicine, la prendevano in giro. “Che fai ancora sul marciapiede?”. Ormai Venere convoca o viene convocata direttamente a domicilio, e quasi sempre tramite Internet. È da lì che parte tutto. La mercenaria di lusso; la studentessa che vuol pagarsi le rette all’università; la moglie al di sopra di ogni ragionevole dubbio; la squillo dell’Est che arriva, si ferma due anni, lavora in proprio e poi ritorna nel suo paese; le splendide sudamericane che concentrano il lavoro estivo in Costa Smeralda e a Saint Tropez e quello invernale a Saint Moritz e Gstaad: per tutte o quasi la parola d’ordine è cercare di togliersi dalla strada. Lavorare in casa.

“I clienti li trovo tutti sul sito, è il modo più sicuro per lavorare e per selezionare – racconta Scescé, nome d’arte, argentina di Buenos Aires, 35 anni e due figli che studiano in Svizzera (sì, in Svizzera), sempre in viaggio con il suo borsone Gucci dove, in mezzo a biancheria intima, creme da 100 euro, scarpe griffate, spunta l’attrezzatura necessaria per una seduta fetish.
Libere da papponi o da maitresse truccati da agenzie di modelle o da saloni di bellezza, le lucciole oggi si chiudono nelle quattro mura.

Come le studentesse ungheresi ventenni che si vendevano in un appartamento di Porta Romana, a due passi dal Duomo, e si pagavano gli studi alla facoltà di Economia. Facevano tre clienti al giorno Beba, Ana, Monica e Petra, 84 anni in quattro, da Budapest. Settecento euro d’affitto – da dividere – e 1.200 euro al giorno (ciascuna) di incasso. Il locatore era un agente immobiliare del centro di Milano, che ogni mese, regolarmente, intascava in nero 1.500 euro. Le casalinghe del sesso sono una categoria trasversale, liquida come il mercato della lussuria. In un appartamento di corso XXII Marzo, non lontano dal Tribunale, due trans e due donne sudamericane assicuravano spazi alternativi a uomini facoltosi di mezza età, molti professionisti, imprenditori, normali studenti. Tutti soddisfatti, manco a dirlo. Anche di non dover più accostare l’auto ai marciapiedi di via Melchiorre Gioia e viale Abruzzi.

È un commercio cross-mediale quello delle ragazze e delle donne di vita. Dalla carta stampata (non c’è quotidiano di annunci economici dove non si trovino le “inserzioni dell’amore”, ma il “vangelo” sono le riviste di settore come “Chiamami”, cartaceo e anche on line) ai siti per adulti, passando per le strisce notturne delle emittenti televisive locali che, dietro il paravento dell’intrattenimento telefonico, offrono la possibilità di un incontro. Rigorosamente al riparo da occhi indiscreti. Grazie al web la legge Merlin è aggirata e le ragazze di vita hanno conquistato la libertà di una specie di tele lavoro.

“Di portali dove le donne invitano a casa è pieno – spiega Domenico Vulpiani, direttore della polizia postale – Dopo il contatto online, scatta l’incontro, a volte solo un modo utilizzato dalla lucciola per valutare il cliente e gestirne il passaggio successivo, sempre in appartamento”. Il gioco è fatto. Suonare il citofono. Quelle stanze da collegio universitario diventano piccole aziende dal fatturato d’oro che offrono oasi di piacere nel cuore della metropoli stressata.

A Berlino un bordello per vergini o meglio la casa che ti inizia al sesso. Ed è tutto legale.

(Claudia Resta – Consigli d’amore) La prima volta è… la prima volta. Per tutti.
Fino ai primi anni cinquanta lo svezzamento spesso avveniva in un bordello, magari riuscendo a entrare con l’inganno ancora prima dei 18 agognatissimi anni. In Germania c’è qualcosa che riporta la nostra memoria a quegli usi: un bordello per vergini.
Artemis, così si chiama, è a Berlino, nella zona rossa di Kreuzberg (tra i teutonici la prostituzione è legale), vicinissimo allo stadio. Gestito da prostitute istruite nell’arte di “aiutare” il cliente che ancora non l’ha mai fatto, le benefattrici si sono sottoposte a training di sensibilità. C’è persino al suo interno la piscina, la sauna, la jacuzzi e un cinema. Insomma tutto per farvi rilassare ed arrivare al momento fatidico preparati psicologicamente e fisicamente: 60 euro per mezz’ora la tariffa.

Il film porno del sosia di Ronaldo: Il video di Vivi Ronaldinha.

(Gossipblog) Girato dalla ex fidanzata Viviane Bruneri con un sosia, il titolo è Vivi Ronaldinha, minha primeira vez Vivi Ronaldinha, la mia prima volta. Povero Ronaldo: sconfessato dall’Unicef per la scappatella coi trans e ora anche in versione hard con un porno non suo…

Completamente nudi, fanno sesso in auto, due uomini e tre donne. Denunciati.

(Agi) Completamente nudi, fanno sesso in auto, due uomini e tre donne sono stati cosi’ sorpresi dai carabinieri all’interno di una monovolume mentre erano nel pieno di un rapporto sessuale di gruppo. E’ successo ieri pomeriggio a Fucecchio, in provincia di Firenze durante un normale controllo effettuato dai militari. La monovolume era parcheggiata lungo una strada saltuariamente frequentata da prostitute. Le tre donne sono originarie dell’est europeo mentre i due uomini sono residenti nella provincia di Pisa.
Sono stati tutti denunciati per atti contrari alla pubblica decenza. Per le tre donne, inoltre, e’ stato richiesto alla questura di Firenze il foglio di via obbligatorio.

Milano: Scoperta rete sesso estremo. Nelle perquisizioni trovato il necessario per appuntamenti sado-maso, travestimenti e «prestazioni particolari».

Una rete di 300 appartamenti affittati dalle agenzie. Indagati agenti immobiliari per favoreggiamento della prostituzione. Sequestrati 12 appartamenti.
(Il Corriere della Sera) Una rete di circa 300 appartamenti, affittati da agenzie immobiliari, dove si esercitava la prostituzione e si recavano, in particolare, clienti amanti del sesso estremo è stata scoperta, a Milano, durante un’indagine della polizia di Stato conclusasi con il sequestro di 12 appartamenti, la segnalazione di decine fra prostitute e transessuali e la denuncia di diciotto persone, tra le quali cinque operatori di agenzie immobiliari. Le accuse, a vario titolo, contemplano lo sfruttamento della prostituzione, il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e resistenza a pubblico ufficiale. Durante le perquisizioni sono stati sequestrati molti oggetti in lattice, profilattici, vestiti, tutto quanto necessario per appuntamenti sado-maso, travestimenti e «prestazioni particolari». Il costo degli incontri a luci rosse variava tra i 200 e i duemila euro, cifre che abitualmente venivano sborsate da clienti facoltosi per un giro di denaro non ancora quantificato, ma sicuramente molto ingente.

Gene Simmons: Vi racconto la vera storia della prostituzione.

(Gianni Poglio – Panorama) “Mai stato politically correct e non mi interessa esserlo”: Gene Simmons da 35 anni leader dei Kiss ci ha preso gusto. Le sue prese di posizione, a volte estreme, fanno discutere e questo lo diverte moltissimo. L’ultima trovata è in effetti degna della sua fama. Simmons, è a un passo dal completare un libro intitolato Ladies of the night. “Sarà un excursus storico sul mestiere più antico del mondo”, ci racconta entusiasta. Un racconto erotico camuffato da saggio storico? Una massa di volgarità direttamente dalla penna della rockstar che ha conquistato cinquemila fanciulle finite tutte nel suo letto? No, niente di tutto questo. “Io rispetto le prostitute. E lo dico senza ironia” assicura Simmons “Una donna che vende il suo corpo ha almeno l’accortezza di comunicarti quanto vuole prima di iniziare qualsiasi attività fisica. Senza denaro non c’è contatto”. Su questo siamo d’accordo, ma dove vuole arrivare? “Il punto è che una professionista del sesso si qualifica per quello che è. Molte donne che si sentono moralmente superiori alle signore della notte sono in realtà molto più disoneste. Pensi a tutte quelle che si sposano per convenienza in attesa del divorzio. In un colpo solo rapinano allo sfortunato di turno il 50 per cento dei suoi beni”. Consapevole di attirarsi l’odio di una bella fetta del pubblico femminile? “Io dico la verità e poi molte donne sanno che ho perfettamente ragione”.

La copertina del libro di Gene Simmons, “Ladies of the night”, prossimamente nelle librerie americane

La copertina del libro di Gene Simmon

La sauna chiusa a Torino. Aldo Busi ed una difesa d’annunziana della prostituzione.

Non è bordello: uomini che aspirano a fare sesso gratuitamente tra di loro no parchi no cinema. Dove vanno coloro che vogliono farsi una sborratina? Sauna, luogo di civiltà e nel concetto di civiltà ci sta anche la prostituzione.

(Aldo Busi – Dagospia) Ho un aggiornamento sulla sauna Antares di Torino chiusa con il pretestuoso pretesto di chissà quali illeciti a favore della prostituzione tra adulti (mentre le tangenziali di Torino pullulano di minorenni somale e affini schiave di criminali pressoché indisturbati dalle forze del cosiddetto ordine): poiché il nome Antares, costellazione dello Scorpione a parte, qualcosa mi diceva ma non riuscivo a situarlo, ho chiamato Marco Silombria, artista torinese di cui ho presentato a suo tempo due cataloghi, per delucidazioni; Silombria, che molte battaglie ha condotto con Angelo Pezzana ancora negli anni Settanta per i diritti civili e che si può annoverare tra i fondatori del FUORI! e della fondazione Sandro Penna, mi dice che una volta ci siamo incontrati proprio lì; impossibilitati a stabilire quando, abbiamo convenuto che deve essere stato un dieci anni fa, ma potrebbero essere cinque o venti (la sauna esiste dal 1981); facendo qualche sforzo, ho messo a fuoco l’ambiente: intanto, sarà stato in occasione della Fiera del Libro di Torino – alla quale non vado da almeno un decennio quale ospite star -, perché Torino non è certo città in cui qualcuno poteva e può mai andarci per un fine settimana di sesso (si mangia benissimo, gli esercenti sono di grande, spiritosa gentilezza ed è oggi di rara bellezza, ma per il resto te la raccomando tuttora: gronda una tale frigida libidine che metà basta a farti scappare, proprio come Roma e Milano e Firenze e Napoli stessa); a Torino sono stato negli ultimi tempi due volte, la prima in occasione della Fiera dell’Arte e la seconda per un incontro con i carcerati del Polo Universitario, nella prima sono andato in una sauna nuova, molto capace, con gestori e ospiti di grande educazione, di cui non ricordo il nome e in cui non c’era ombra né odore di qualsivoglia forma di sessualità, tanto che un po’ di marchette non sarebbero guastate (non per me, che non c’ho stomaco per questi barocchismi, ma almeno per ricordare da dove veniamo e dove andiamo e perché, infine, non viene mai nessuno); dunque, il mio ricordo della sauna Antares: ho rilasciato tre interviste, fine, nel senso che a) se qualcuno mi riconosce, non posso più scoparci, e quindi non scopo mai, perché o incontro qualcuno sceso dal monte Ararat o vado in bianco, il che per me è la regola b) i luoghi precostituti agli incontri sono la morte di ogni libido, sicché, se vado in sauna, pretendo di fare innanzitutto una sauna; c) la mia vista, per i gay italiani, equivale di solito a un pugno nello stomaco, mi stanno tutti a distanza di scomunicato – sei metri – e, quando mi va bene, o chiacchiero o me ne sto isolato godendomi la finlandese e il vapore e la piscina; quindi all’Antares mi andò bene, chiacchierai o meglio, risposi, alle solite domande, a voce fin troppo flautata, e me ne andai scazzato perché i servizi non corrispondevano affatto alla mia idea di cultura dell’acqua).

Al di là del mio personale essere esigente e schizzinoso, ricordo un’assoluta assenza di gigolò e di ogni parvenza di vita che non superasse età da andropausa, quindi avrò parlato di sciatica da scrittore da balletto televisivo e di mogli (le loro) a casa, contente come una Pasqua e tutte che da decenni facevano finta di non sapere; il gestore era già anziano allora, addirittura più anziano di me, non si sentiva particolarmente lusingato dalla mia presenza (credo di aver protestato per l’armadietto dalla serratura scassata), visto che aveva tra i suoi habituées magistrati, carabinieri, calciatori, intellettuali, uomini, insomma, per quanto piemontesi; l’arredamento era indescrivibile, fu anche per questo che levai le ancore al più presto, era pura arcadia da vecchia zia nubile anni Cinquanta e mi si era stretto in maniera irreversibile anche il cuore.

Bene, per la conoscenza che ho di posti simili e (in tutto il mondo) e della prostituzione maschile, uno dei tanti tòpoi della mia estetica letteraria, posso delucidare i profani su alcuni aspetti che solo un cretino può contestare, anche se laureato in legge: a meno che una sauna non nasca come bordello (come a Barcellona, per esempio), dove io sono capitato per sbaglio per fuggire a gambe levate perchè era come essere assaliti da uno sciame di cavallette incattivite), a nessun gestore italiano conviene mischiare le due imprese e di fatto, se avviene, la prostituzione la subisce come le piattole messe in conto; in nessuna sauna italiana si esercita la prostituzione con l’accordo del gestore, ma in quasi tutte le saune gay e no (vedi privé) capita di imbattersi in aspiranti marchette, spesso improvvisate (lo scambio di denaro è spesso un alibi per allontanare da sé la paura di essere altrettanto omosessuale di chi paga); recentemente, a Roma, sono stato testimone (conversazione ascoltata in volontariamente, involontariamente non so quanto) di un incontro a pagamento avvenuto così: l’accordo è stato preso fuori, tramite internet o per telefono, e l’appuntamento è avvenuto lì, sicché niente si può imputare al gestore; è possibile che un gestore anziano subisca la prostituzione e che, semmai, andrebbe difeso da quanti, se organizzati in una vera e propria banda, gliela imponessero con minacce e ricatti; resta aperta la questione dei massaggiatori, ma esattamente come resta aperto il Canale di Suez: si potrebbe richiudere, ma a prezzo di cosa?

Allora: nei parchi no, nei cinema no, nelle associazioni no (recente assalto di naziskin a un paio di club romani), dove andranno i milioni di uomini italiani che vogliono farsi una sborratina domenicale dopo la santa messa? Bisogna capire fino in fondo che una sauna è innanzitutto un luogo di civiltà e che nel concetto di civiltà ci sta anche la prostituzione adulta, maschile o femminile che sia, e che a nessuno deve essere permesso di fare le pulci alla sessualità per come ognuno la vive e concepisce (fermo restando l’osservanza delle leggi sull’età del consenso); il colmo del ridicolo, negli articoli della Stampa, viene raggiunto dalla foto con dei poliziotti che, come corpo del reato, esibiscono delle riviste o cassette porno che si trovano non solo in tutte le edicole ma anche nei circoli bocciofili e, mi auguro, presso le Acli e i luoghi di ristoro di Pietrelcina.

Morale: la sauna Antares non è un bordello come viene definito, la maggior parte della sua clientela, come la maggior parte della clientela di tutte le altre saune italiane e no, è costituita di uomini che, puttani e clienti allo stesso tempo grazie al prezzo d’entrata, aspirano a fare sesso gratuitamente tra di loro, e il fatto che qualcuno si incontri lì a pagamento, reclutato dentro o fuori, innanzitutto non dovrebbe riguardare nessun magistrato e poi non significa che chiunque ci vada faccia altrettanto.

Quello che invece sarebbe ora di fare, semmai, è abolire la tessera Arci, vera vergogna europea e occidentale e immonda schedatura razzista, per entrare in club e saune se maggiorenni e che nessun gestore di locale gay goda più dell’alibi di associazione culturale per non pagare le tasse come tutti quanti. E ri-baci.
Aldo Busi

Lugagnano. Fra gli operai-squillo amici di Claudiu: "Ci prostituiamo come lui. Basta che paghino". I Ris nella villa dell’orrore.

Verona, i carabinieri nella casa di Lugagnano dove sono stati uccisi i due coniugi. Oggi interrogatorio e sopralluogo.
(Roberto Bianchini – La Repubblica) Per molti di loro, lo dicono senza imbarazzo, non fa differenza. Dipingere una parete, piantare un chiodo, tagliare una siepe. Anche fare l’amore con un uomo. “Basta che paghino”. Perché non hanno scelta, spiegano, se vogliono sopravvivere. Radu fuma e sorride, sfregando il pollice sull’indice della mano destra. Il primo gesto che ha imparato in Italia. E’ bello Radu, occhi neri, capelli cortissimi, basette lunghe, fisico asciutto. Veste firmato, tutto di nero, al collo porta una croce di brillanti. Ha ventidue anni e viene dalla Romania. A cercare fortuna, come tanti. Come Claudiu Stoleru (foto a fianco), il ragazzo accusato di aver massacrato i due pensionati, Luigi e Luciana Meche, nella loro villetta. A martellate lui, soffocata lei.

Come Claudiu, e come altri, anche lui è un operaio-squillo. Pronto a vendersi per una giornata da imbianchino o da manovale, come per un’ora di sesso. Non importa con chi. Anche Claudiu ha confessato che si prostituiva. Gli serviva, oltre che per il denaro, per ottenere qualche lavoretto. Ha detto che non era la prima volta, che l’aveva già fatto con Luigi Meche e anche con altri. Ma voleva smettere. E aveva ucciso il suo datore di lavoro perché “non ne poteva più”. Oggi a Civitavecchia, dov’è stato fermato, verrà nuovamente interrogato. Deve ancora spiegare l’omicidio della donna. Finora ha negato di averla uccisa lui. E i Ris torneranno nella villetta per altri accertamenti.

Lo conoscevano il pensionato ucciso, gli operai-squillo che bighellonano tra i negozi del grande centro commerciale vicino alla tangenziale, due passi dal paese, dove arrivano a fare compere da tutta la provincia. E’ un punto d’incontro, un crocevia della prostituzione maschile. Ci vengono soprattutto uomini sposati, di mezza età. “Qui ci si incontra – racconta il giovane – poi si va in una zona che conosciamo, vicino all’Adige, lì non ti vede nessuno”. I carabinieri hanno raccolto più di una testimonianza tra gli operai-squillo. Tutte concordanti: “Luigi era un cliente abituale. Gli piacevano i giovani, frequentava soprattutto quelli dell’est”. Per questo giudicano attendibile la versione di Stoleru sulle molestie sessuali, anche se in paese nessuno crede al “vizietto” del pensionato.

“I padroncini del Nord Est ci sfruttano in fabbrica e anche a letto”, attacca Radu, sfrontato, anche lui mille mestieri, sempre saltuari. Racconta di una vita che, per gente come loro, “è un inferno”: lavoro mai sicuro, soldi pochi, sempre in nero, case care, vecchie, malsane. “E qualche volta – attacca – pretendono anche di usarci a loro piacimento, sessualmente dico, per soddisfare le loro voglie. O quelle delle loro signore. Com’è successo a Claudiu. E noi zitti. Perché se ci ribelliamo perdiamo anche il lavoro. Allora tanto vale che ci vendiamo subito. Cos’altro dobbiamo fare? E che ci paghino bene almeno per quello”.

E’ brutta e vecchia la casa dove abitava l’assassino. Due piani, senza nemmeno l’intonaco, addossata a una fila di altre palazzine dall’aspetto dimesso. Ci abitano romeni, moldavi, magrebini. Tutti immigrati. Tutti lavoratori saltuari. Manovali, operai, braccianti, tuttofare, prostituti. Non c’è neanche un nome sui campanelli, nessuno sa in quanti ci vivano. Gli abitanti della zona dicono che c’è un via vai continuo di ragazzi sconosciuti.

Stoleru abitava in un appartamento al primo piano. Nessuno sa com’era arrivato qui. Gli avevano dato una stanza, anzi un pezzo di stanza con una branda, separato dagli altri letti solo da un armadio. Non aveva quasi nulla con sé, neanche una valigia. Era finito subito a fare qualche lavoretto, come aiuto imbianchino, proprio dall’uomo che sarebbe diventato la sua vittima. I moldavi sapevano che quell’uomo dava lavoro agli immigrati. E sapevano anche dei traffici sessuali. Sergiu, che vive nella stessa casa e fa l’operaio, dice che Claudiu era arrivato in paese solo da due settimane. Che gli sembrava un ragazzo normale, come tanti. Silenzioso, poche parole con gli altri romeni, pochissime con gli abitanti. “Parlava ancora male l’italiano”. Lo stretto necessario per comperarsi le sigarette e ordinare un paio di birre al bar “Matteo” e di sambuche al bar “Saint Patrick”.

I vizi del paese li aveva presi subito. Ma aveva un aspetto fragile, forse anche per via di quegli occhi chiari, e dei lineamenti del viso, più delicati degli altri. “Non avresti mai detto che poteva essere violento. Feroce, addirittura”.

Gb. Lord Laidlaw dona 1 milione di sterline per curare i "sesso-dipendenti".

(Agi) Ventiquatt’ore ore dopo che un tabloid ha rivelato la sua ossessione per il sesso, un ricco lord scozzese ha deciso di donare un milione di sterline (1,27 milioni di euro) per quelli che, come lui, sono “sex-addict”. Lord Laidlaw, generoso finanziatore del partito conservatore, gia’ sotto inchiesta per evasione fiscale, e’ il protagonista dell’ultimo scandalo a luci rosse che -dopo l’ex governatore Eliot Spitzer, in Usa, e il boss della Formula 1, Max Mosley- si abbatte sul mondo degli “happy few”. ‘News of the World’ ha rivelato domenica che il 64enne baronetto e’ un sesso-dipendente che adora organizzare gaudenti orge con prostitute e gigolo’ da 3.000 sterline a notte; il tutto innaffiato da fiumi di champagne e cocaina.

Secondo il popolare domenicale, Laidlaw, che risiede a Montecarlo, affittava per le sue serate particolari da 27.000 sterline l’una la suite dell’hotel Ermitage (che da sola ne costa 6.000): insieme a 4 ragazze, un gigolo’, la droga, Viagra e alcol. Il copione cambiava di volta in volta, con qualche particolare ricorrente (“ragazze alte con seni piccoli”). Ma a volte il barone Irvine Laidlaw of Rothiemay, che ha fatto la sua fortuna con una societa’ organizzatrice di eventi internazionali, si limitava solo a guardare.

Ma oggi il ‘Times’ rivela che il protagonista dell’ennesima storiella piccante -110.mo uomo piu’ ricco del Regno Unito con una fortuna personale di 730 milioni di sterline, di cui 6 donati al partito di David Cameron- e’ entrato volontariamente in una clinica sudafricana per tentare di curarsi e evitare “una ricaduta in inaccettabili comportamenti”. Non solo. Con un’inedita forma di pentimento, Lord Laidlaw ha deciso di porsi come obiettivo il finanziamento di una ong britannica che potra’ usare i soldi per coloro che sono erotomani come lui, ma non possono permettersi cure.

La sauna chiusa a Torino. Parlano i clienti: "Sono cose private, lo Stato cerchi criminali". I ragazzi; "Signori per bene che pagavano i libri".

Così si difende uno dei frequentatori del locale gay.

(Massimo Numa – La Stampa) Il «vecchio» professore, una volta, insegnava lettere in un liceo classico. E’ un uomo dall’aspetto giovanile, appena sopra i sessanta. Adesso si divide tra una località turistica della riviera romagnola e la casa di Torino. Fa parte, senza clamore, di un’associazione che ha come postulato due parole: «Cristiani omosessuali».

Professore, lei era un cliente dell’Antares?
«Guardi, subito non mi sono ricordato. Il nome non mi suonava nuovo ma l’indirizzo sì, lo conoscevo: via Pigafetta. Bel locale, tranquillo. Ben frequentato. Ci sono stato, in un passato recente, qualche volta. Quante? Non ricordo…Ma basta a essere criminalizzato, a diffondere il mio nome sui media. Chi ha fatto il mio nome?».

Non si preoccupi. Nessuno violerà la sua privacy. Volevamo solo capire se le accuse all’Antares sono vere…
«Anche perchè, io, in sauna ci vado per lavarmi, per rilassarmi. A casa, la sauna, io non ce l’ho. E lei?»
Neanch’io. Ma si parla di prostituzione, di ragazzi giovanissimi…
«Mai visti. Non prendiamoci in giro. Tra adulti, ognuno è libero di fare ciò che vuole. Lo Stato, se ha energie, si occupi di altro. Magari della criminalità. Quella vera».

“Prof e signori bene mi pagavano i libri”.
I ragazzi di via Pigafetta: «Sesso per sopravvivere».

(Massimo Numa – La Stampa) Vecchio professore cosa vai cercando in quel portone/forse quella che sola ti può dare una lezione/quella che di giorno chiami con disprezzo “pubblica moglie”/quella che di notte stabilisce il prezzo alle tue voglie…». Son cambiati i tempi, da quando De André sgomentava le famiglie. Il «vecchio professore» è sempre un po’ vizioso ma, a quanto pare, ha cambiato bersaglio. Quelli che frequentavano la sauna gay Antares di via Pigafetta 73d, prediligevano ragazzoni robusti, dall’aria esotica: tunisini, brasiliani, marocchini, romeni e anche made in Italy. Nel caso, un ragazzino dall’aria efebica, 18 anni, compiuti da un mese. Che racconta, ai poliziotti del commissariato San Secondo che hanno sbarrato le porte della «casa», nell’elegante quartiere di Crocetta: «Sono studente, libri e tasse costano, e faccio le marchette per pagarmi i corsi. Che male c’è?».

Viaggio nelle pieghe di un’inchiesta, ora affidata al pm Monica Abbatecola, che potrebbe – se non altro – svelare qualche retroscena ancora sconosciuto sulla prostituzione maschile, alimentata senza fine dai giovani extracomunitari. E clandestini. Come i romeni dell’Antares. Ragazzi dallo sguardo duro, che non hanno voglia di parlare. Le prestazioni sessuali all’interno della sauna, per loro, servono a raccogliere denaro. Per sopravvivere, per vivere meglio. Gli habitués li coprivano di regali, anche. Vestiti e gadget, per trasformarli, secondo i loro desideri, in fidanzatini, con la speranza dell’esclusività.

Il vicequestore Silvia Governa aveva ricevuto una serie di esposti dai vicini di casa del «casotto»: «Ci hanno preoccupato, e non poco, i contenuti di quelle segnalazioni. Denunciavano la presenza di minorenni, che non abbiamo riscontrato, per fortuna, dopo mesi di controlli e di spaccio di cocaina. E anche questo aspetto è risultato inesistente, almeno per ora».

Governa, responsabile del commissariato, ci tiene a precisare che «i clienti non sono stati accusati di nulla. Non è un reato, frequentare un locale per gay. Certo, erano imbarazzati e preoccupati. Sono quasi tutti sposati, con figli. Solo uno ha provato a fare il furbo. “Sono senza documenti”, mi ha detto. Gli ho chiesto se era arrivato lì con l’auto. E la patente? Insomma, reazioni tutto sommato comprensibili. Quanto al titolare, dovrà spiegare al pm come mai, in tutti questi anni, non s’è mai accorto di cosa realmente succedeva all’interno del suo locale. I casi di prostituzione sono avvenuti, realmente. I ragazzi lo hanno confermato. Non ci sono misteri».

Muti, i dirigenti della questura, sui nomi dei vip, amanti del clima. Tutti vorrebbero sapere ma la risposta è una sola: «Lasciate perdere, le carte sono segrete». Ma tant’è, ci pensa il titolare dell’Antares a svelare il mistero. Secondo lui, là dentro, ci vanno tutti. Ovviamente, solo clienti di alto profilo sociale. La categoria più gettonata, i professori. Anche universitari, anche noti. Molto noti. E poi liberi professionisti, anche magistrati che facevano aspettare sotto al scorta. Svetta il preside di un istituto superiore della provincia, sorpreso pure lui con il pareo e le pantofole di spugna bianca. C’è incertezza sull’uso o no del perizoma. Qualcuno dice sì, che c’erano; altri smentiscono. Poi una flotta di attori, teatro e cinema, dai nomi famosissimi. In trent’anni, secondo Lo Marco, sono passati i «re» di Cinecittà, alcuni con solida fama di rubacuori e mai passati attraverso l’outing.

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