Comincia dall’Italia la lotta ai viaggi del sesso. Parla la ministra del Turismo brasiliano.

Marta Suplicy, ministro del Turismo

(Paolo Manzo – Panorama) Marta Suplicy, 63 anni ben portati, è una psicologa ma soprattutto una politica brasiliana importante. Membro di spicco del Partito dei Lavoratori fondato dal presidente Lula nel 1980, potrebbe essere lei la prossima sindaco di San Paolo, metropoli che ha già guidato tra il 2001 e il 2004. La sua candidatura per le elezioni d’autunno si deciderà nei prossimi giorni. Dal marzo del 2007 è ministro del Turismo del Brasile. Panorama.it l’ha intervistata per affrontare due problematiche spinose: la violenza di Rio e i viaggi del sesso, che vedono spesso coinvolti turisti italiani.

Ministro, in Italia spesso non si sceglie il Brasile come meta turistica a causa della violenza…
Oggi il mondo è un mondo violento, molte volte pericoloso. Ma tutto il mondo, mica solo il Brasile.
Non crede però che l’immagine a tinte forti che il film vincitore dell’Orso d’Oro di Berlino Tropa de Elite ha dato di Rio, per esempio, possa influenzare negativamente il flusso di turisti europei verso il Brasile?
Non abbiamo nessun dato su questo ma non penso. Il grande feed-back negativo c’è quando un turista straniero subisce una violenza.
Ma non crede che quella di Rio sia un’emergenza costante?
Rio de Janeiro non è una città molto differente dalle altre metropoli mondiali. Tutti i sondaggi dell’Embratur, il nostro Ente del turismo, ci dicono che quando uno straniero lascia il Brasile pensa che i timori per la sicurezza che aveva al suo arrivo non fossero giustificati.
Allora come mai questa percezione?
Rio occupa nell’immaginario mondiale un luogo molto privilegiato, per il suo Carnevale e le sue bellezze, per cui quando accade qualcosa qui si ha una ripercussione mediatica che normalmente in altri luoghi non si verifica. Se lo stesso episodio violento accadesse a Buenos Aires o a Lima, eventualmente uscirebbe un articolo solo nel paese d’origine del turista. Se accade a Rio invece rimbalza in genere in tutto il mondo. Sono i vantaggi e gli svantaggi di essere una “città sogno”.
Altro tema collegato al Brasile è quello del turismo sessuale: un fenomeno che in tempi recenti ha visto protagonisti anche alcuni italiani.
Facciamo attenzione a non etichettare il Brasile come un paese meta di turismo sessuale. Non lo siamo. Esistono invece alcuni epicentri, sia dal lato dell’offerta che di domanda. Uno degli epicentri dell’offerta è Fortaleza, capitale dello stato del Ceará, nel nord-est. Qui facciamo molto, soprattutto agiamo sulla prevenzione, coinvolgendo il più possibile le ragazze e i ragazzi a rischio e le loro famiglie in corsi di formazione professionali. Perché non ha senso togliere le prostitute dalla strada sic et simpliciter. Se non si dà loro un’alternativa concreta, tornano in strada il giorno dopo. È una problematica economica. È fame, gente, è fame. La formazione è l’unica via percorribile per risolvere questo problema.

La spiaggia di Copacabana

E per combattere quelli che lei definisce gli “epicentri della domanda”?
Stiamo facendo uno studio per localizzare gli agenti emissivi, ovvero i tour operator italiani e non, coinvolti in questo tipo di turismo ignobile, per porre un freno ai flussi che non vogliamo. L’obiettivo è creare barriere all’entrata.
Ministro, può essere più precisa?
Stiamo agendo in modo segreto per prendere in flagranza di reato questi operatori internazionali. L’unica informazione che posso fornirle è che ci stiamo muovendo in congiunto con altre istituzioni. Ma su questo non posso aggiungere altro.

Busto Arsizio, frate laico abusa di una minorenne col pretesto di guidarla alla santità.

 La violenza contro le donne è un flagello mondiale che una su tre subisce almeno una volta nella vita, e in 192 stati tra quelli che fanno parte delle Nazioni Unite non esistono leggi che puniscano gli uomini protagonisti di tali violenze. Lo afferma un rapporto dell'Onu | Foto Ansa

(Panorama) Un uomo di 50 anni, un frate laico, è stato arrestato dagli investigatori del commissariato di polizia di Busto Arsizio (Varese) con l’accusa di violenza sessuale aggravata e continuata su una ragazza di età inferiore ai 14 anni. Secondo quanto si è appreso, l’uomo, conosciuto e stimato dalla famiglia della ragazza, aveva proposto alla giovane un “percorso mistico di preghiera” che avrebbe potuto farla giungere alla santità. In realtà, stando ai risultati dell’indagine, l’educatore durante queste sedute, approfittava sessualmente della ragazzina. Il frate laico è anche accusato di produzione e detenzione di materiale pedopornografico ritrovato in un computer nella sua abitazione.

Secondo la ricostruzione, il frate laico, appartenente all’ordine religioso secolare francescano, aveva convinto i genitori di una ragazzina ad affidargli la figlia sostenendo che era stata prescelta per sconfiggere il demonio. Ha cominciato così con lei un “percorso mistico” che avrebbe elevato l’adolescente al ruolo di “angelo”. L’uomo, fermato ieri pomeriggio dai poliziotti dell’Ufficio minori e della Squadra investigativa del Commissariato di Busto Arsizio e condotto in carcere dove si trova in stato isolamento, avrebbe consumato le violenze, durate qualche mese, da settembre a novembre dello scorso anno, durante queste sedute spirituali. Nel corso della perquisizione domiciliare nell’abitazione del frate laico sono stati trovati e sequestrati tre computer portatili contenenti centinaia di file con immagini pedopornografiche e foto che ritraggono la minore nelle parti intime. L’operazione è stata coordinata dal pm Roberto Pirro della Procura della Repubblica di Busto Arsizio.

Milano. Nudi in classe, arrestato il maestro. L’uomo avrebbe detto ai piccoli: spogliate un vostro compagno, poi vi dò il Viagra.

Violenza sessuale su 9 bambini a Quarto Oggiaro. Denunciato il preside. Sono stati i genitori a dare l’allarme.
(Biagio Marsiglia – Il Corriere della Sera) «Forza bambini, che aspettate, tutti addosso a Mario… e levategli anche i pantaloni… poi venite qua che vi do il Viagra..». Ora di geografia, quarta elementare a Quarto Oggiaro, periferia Nord-Ovest di Milano. Dovrebbe parlare d’altro, il maestro venuto da Napoli. E invece la lezione prende un’altra piega. E Mario, che in classe resta in mutande, dopo l’assalto corre in un angolo a piangere, il viso rosso, pieno di vergogna e rabbia. Lacrime a scuola e a casa. E così si scopre, di mamma in mamma, che quel maestro di cose strane ne fa parecchie. Prende i bambini in braccio, soprattutto i maschietti, e gli infila le mani sotto i pantaloni, poi dice e fa altre cose che non dovrebbe dire e fare. Avrebbe approfittato anche di una bambina che vede poco o niente.

«No, è un pedofilo, va cacciato…», vanno a dire alcuni genitori al preside. E così inizia la brutta storia del «cattivo maestro», ora agli arresti domiciliari con un’accusa infamante, violenza sessuale su minori con l’aggravante di essere il loro tutore. Ma nei guai c’è anche il preside. Si sarebbe mosso troppo tardi, consigliando al maestro di mettersi in malattia anziché denunciare subito i fatti alla magistratura e al Provveditorato. Cosa che è avvenuta solo nel dicembre scorso, sotto Natale, quando per disperata protesta i genitori dei bambini della quarta elementare di Quarto Oggiaro hanno tenuto i figli a casa da scuola e al preside hanno spedito una sorta di ultimatum: «O quello se ne va per sempre, o i bambini restano a casa».

Una rivoluzione furibonda, e finalmente sono partite le segnalazioni e l’inchiesta. Il maestro è stato messo agli arresti e il preside è finito sul registro degli indagati per concorso in maltrattamenti, violenza sessuale aggravata e truffa ai danni dello Stato per avere consigliato all’insegnante contestato di marcare visita quando ammalato non era. Il magistrato che guida le indagini, Marco Ghezzi, per il maestro 42enne aveva chiesto il carcere, ma il gip Giovanna Verga, che proprio ieri ha ultimato gli interrogatori delle nove piccole vittime alla presenza di uno psicologo, ha deciso per una misura restrittiva più morbida, ai domiciliari. Intanto, la squadra mobile ha raccolto decine di deposizioni. Ha ascoltato le colleghe del maestro, che qualcosa di strano avevano notato e denunciato già all’inizio dell’anno scolastico, e così pure ha raccolto le testimonianze dei genitori dei piccoli alunni maltrattati. Dunque, alla chiusura del caso mancano davvero pochi tasselli e pochi giorni.

«Non vogliamo clamore, ma che sia fatta giustizia in fretta — precisa uno degli avvocati che assistono le famiglie dei bambini, Laura De Rui — almeno due delle vittime stanno soffrendo le pene dell’inferno. Sono nell’età in cui possono leggere i giornali, vedere la tivù, e per questo è giusto che sulla vicenda cali il silenzio. Per non aggiungere dolore a dolore…». Ma dall’altra parte raccontano tutta un’altra storia. Il preside giura d’avere fatto il suo dovere fino in fondo, e lui, A. S., il «cattivo maestro», ci tiene a dire che è «povera vittima di una maldestra congiura, proprio come i maestri d’asilo di Rignano Flaminio…». E dice ancora: «È tutta una montatura per un rimprovero fatto a un bambino dopo un compito in classe…». E spiega bene, il maestro, che quelle pasticche distribuite a scuola mica erano Viagra per davvero. Erano soltanto caramelline alla menta.

Famiglia Cristiana, il Papa e i preti pedofili…

LA VERGOGNA DEI PRETI PEDOFILI.
Tutta la comunità deve impegnarsi in un’opera di purificazione, invocando la misericordia di Dio e degli uomini. Ma senza trascurare la speranza che deve alimentare la Chiesa e l’umanità.

Sono un laico non credente, ma da ragazzino facevo parte degli Scout, ero iscritto all’Azione cattolica, frequentavo la parrocchia e facevo il chierichetto. Mi sono allontanato dalla Chiesa dopo che il parroco, poi diventato monsignore, aveva tentato nei miei confronti un “approccio” non proprio ortodosso. Per fortuna, sono riuscito a scappare a gambe levate, e in parrocchia non ci ho più rimesso piede: non volevo che il prete ci riprovasse! Capisco che sia quasi fisiologico che in ogni struttura si trovino persone d’ogni tipo: santi, idealisti, profittatori, delinquenti…, e che anche la Chiesa non ne sia immune, ma chi ha autorità dovrebbe intervenire. Soprattutto, quando in queste situazioni scabrose sono coinvolti degli ecclesiastici. Io sono fiorentino e certe storie di sesso tra “chierici e verginelle” mi richiamano alla mente le novelle del Boccaccio. Perché la Chiesa non è più drastica nei suoi interventi, non foss’altro per tutelare i tanti preti perbene, che vanno distinti dalle “mele marce”? Proprio oggi leggo che un prete è stato arrestato perché coinvolto in un giro di prostituzione. Mi auguro che le gerarchie ecclesiastiche intervengano subito, sospendendolo o allontanandolo almeno fino a quando la sua situazione non sarà chiarita. Non vorrei che si giustificasse l’inerzia dietro l’ipocrisia del dire che «ognuno è innocente fino a prova contraria». I sacerdoti, lo dico da laico, devono essere al di sopra d’ogni sospetto. Nell’interesse di tutti coloro che credono in voi. Temo, purtroppo, che non sarà così. Ovviamente, so che non mi risponderà. Lettera firmata

(Don Antonio Sciortino*) Benedetto XVI nella sua recente visita negli Stati Uniti ha denunciato ben cinque volte la vergogna dei preti pedofili. E ha chiesto alla Chiesa d’impegnarsi in un’opera di purificazione, invocando la misericordia di Dio e degli uomini. Con altrettanta forza, ha ricordato la speranza che deve sempre alimentare la comunità ecclesiale e l’umanità.

La Chiesa è più grande del peccato dei suoi membri, e se dei sacerdoti ne hanno offuscato il volto, ha in sé le risorse per rialzarsi e continuare a essere sorgente e via di salvezza per gli uomini. Sui preti pedofili, come su tutto, è sbagliato generalizzare. Quando condanniamo, con amarezza e rabbia, i sacerdoti che hanno tradito la loro missione, non possiamo ignorare che tantissimi preti, suore e missionari spendono la loro vita nel silenzio e nella dedizione totale al prossimo, in Italia e nel mondo.

L’insistenza e la forza con cui Benedetto XVI, già da cardinale e ora da Papa, ha condannato i preti pedofili, ha cambiato radicalmente il modo con cui questa “vergogna” era affrontata in passato.

Per paura di scandalizzare i fedeli e per timore che perdessero la fiducia nei loro preti, si tendeva a coprirli col silenzio o a non dedicargli un’attenzione specifica. I superiori intervenivano con rimproveri o trasferendo i colpevoli ad altre sedi o ad altri incarichi, pensando – con molta ingenuità – che un trasferimento bastasse a sanare la situazione. Non si accorgevano che si spostava il “male”, togliendolo da una parte e trapiantandolo altrove.

Oggi il Papa ha affrontato il problema alla radice, chiedendo un esame più accurato di chi vuole farsi prete. Vale sempre il consiglio che san Tommaso dava a proposito dei giovani che desideravano andare in monastero: «Bisogna giudicarli in base a quello che sono oggi, e non cullarsi nella speranza di un futuro cambiamento, specialmente quando si tratta di persone cui verranno affidati compiti di guida e di azione salvifica».

La Chiesa non purifica sé stessa limitandosi a denunciare i preti pedofili, emarginandoli e mettendoli in situazioni di non nuocere. Questo è il primo passo. Nel delitto di pedofilia non va dimenticata la vittima, violata e ferita, che spesso si chiude nel silenzio, pagando pesanti conseguenze per tutta la vita. Se qualcuno ha avuto modo di incontrare chi, nell’infanzia o nell’adolescenza, ha subìto questa ferita, sa che la vittima cerca di dimenticare e rimuovere il passato.

Ma, anche a distanza di anni, il trauma fa sentire i suoi devastanti effetti, e si acuisce quando si sta per stabilire un rapporto affettivo con un’altra persona. Le ferite del passato sono radici avvelenate che, prima o poi, generano fiori marci. Quando il Papa parla di purificazione, invita la Chiesa a curare e sanare le “piaghe aperte” di questi suoi figli. L’ha fatto intendere con chiarezza, anche nel recente viaggio negli Usa, accettando di incontrare le vittime dei preti pedofili.

Infine, una parola anche sui pedofili. Premesso che occorre “tolleranza zero”, la Chiesa deve aiutarli a prendere coscienza della loro perversione, per contenerla e guarirne. Non basta “stracciarsi le vesti”, bisogna anche “redimerli”. Opera non facile, né di breve durata, che richiede l’impegno serio del pedofilo e l’aiuto di persone esperte.

*Direttore di Famiglia Cristiana.

Finto fotografo condannato a Bari. Realizzava film porno con minorenni.

Il Tribunale ha condannato un finto fotografo di 33 anni, che estorse le prestazioni in video a due ragazzine, promettendo in cambio dei “book” .
(La Gazzetta del Mezzogiorno) Spacciandosi per fotografo accreditato presso importanti riviste di moda nazionali, un agente di commercio barese di 33 anni, Flavio Stancarone, indusse due ragazze minorenni a girare filmini pornografici per ottenere in cambio book fotografici da inviare ai giornali: oggi l’uomo è stato condannato a Bari a tre anni di reclusione per diffusione di materiale pornografico minorile. La sentenza è stata emessa con rito abbreviato dal giudice Antonio Lovecchio.
Il finto fotografo fu arrestato dalla Polizia nel maggio 2007 in esecuzione di un provvedimento cautelare. Le indagini erano state avviate dalla Squadra mobile dopo le denunce presentate dalle mamme delle due ragazzine vittime del trentatreenne: durante una perquisizione nell’abitazione dell’uomo furono sequestrati book fotografici realizzati con la promessa di portarli all’attenzione delle riviste di moda e, successivamente, un computer con otto cd rom contenenti le immagini pornografiche.

L’insegnante fa sesso con padre e figlio. Confessa la storia all’uomo che la denuncia.

La donna, sotto processo per rapporti sessuali con tre minori consenzienti, avrebbe confessato la vicenda al padre di uno dei ragazzi divenuto nel frattempo suo amante.

(Quotidiano.net) Una giovane insegnante è sotto processo per aver avuto rapporti sessuali e di libidine con tre minori consenzienti. Lo rende noto l’edizione palermitana de ‘La Repubblica’ indicando nel padre di un ragazzino, divenuto poi l’amante dell’insegnante, l’autore della denuncia della donna.

L’uomo sarebbe venuto a conoscenza degli atti di libidine commessi dalla donna col figlio durante i loro rapporti sessuali. Oltre al figlio dell’amante, l’insegnante avrebbe compiuto atti di libidine o rapporti sessuali con altri due ragazzini di dodici anni durante le lezioni di ripetizione. Il processo, che è in corso, è stato aggiornato al 29 maggio.

Pedofilia e Chiesa. Le scuse del Papa: "Le parole non bastano a noi abusati dai religiosi".

(Arturo Zampaglione – La Repubblica) Le vittime dei preti pedofili non si accontentano nè delle espressioni di «profonda vergogna» di Benedetto XVI, ne dell’incontro di ieri del Papa con alcuni di loro.
«Ci aspettavamo un atteggiamento più fermo nei confronti di vescovi e cardinali che hanno nascosto le nefandezze dei sacerdoti», si lamenta Peter Isely. «Invece il Papa non ha redarguito nessuno e si e li-mitato a pregare assieme a un piccolo numero di vittime, scelto con molta cura, rifiutandosi di incontra-re i membri della nostra associazione».
Molestato da un sacerdote del Wisconsin quando aveva appena 13 anni — e rimasto cattolico —, Isely è uno dei leader dello Snap (Survivors network of those abused by priests), l’associazione cui fanno parte 4500 vittime e che in questi giorni accompagna la visita pontificia con mani-festazioni di protesta. Gli obiettivi? «Chiediamo che sia dato il buon esempio, punendo alcuni prelati che hanno protetto i pedofili ed estendendo le norme introdotte negli Stati Uniti al resto della Chiesa», dice Isely in un colloquio con Repubblica.

Non è importante, per voi, la grande attenzione del Papa per un problema che ha scosso e indebolito la Chiesa americana?
«Abbiamo apprezzato le parole del Santo Padre: ma sono rimaste per aria, a l0mila metri d’altezza, cioè alla stessa quota dell’aereo che lo portava qui negli Stati Uniti, senza mai scendere sulla terra e tradursi in azioni concrete. II Papa si è seduto accanto al cardinale di Chicago, Francis George, senza mai rimproverarlo. E ha deplorato l’onnipresenza della pornografia e dei temi sessuali in televisione come se fossero una causa della pedofilia dei sacerdoti».

Che ha fatto di male il cardinale di Chicago?
«Nel 2005, invece di sospendere Daniel McCormack, un sacerdote arrestato per pedofilia, il cardinale lo trasferì in un’altra parrocchia, dove il prete continuò a molestare i bambini, tanto da essere arrestato una seconda volta. Vede: non sarà mai possibile evitare casi di pedofilia, ma se vengono scoperti non si può proteggere il colpevole. Invece è proprio quello che ha fatto la Chiesa: rifiutandosi di denunciare alla magistratura i sacerdoti pedofili, o trasferendoli in altre diocesi o persino all’estero».

Ora però la Chiesa americana ha voltato pagina.
«E vero, ma ci sono ancora molte ambiguità. Secondo i dati forniti dai nostri vescovi, ci sono stati 5180 sacerdoti pedofili: alcuni sono morti, come quello del Wisconsin che molestò 40 ragazzini tra cui il sottoscritto, ma altri sono stati semplicemente nascosti. E non e mai stato punito alcun responsabile dell’insabbiamento istituzionale».

Perché ha da ridire sulle critiche di Ratzinger alla pornografia?
«Capisco che il Papa abbia difficoltà nell’accettare che la sacralità del sacerdozio venga tradita dalla pedofilia. Ma questa è la realtà. E per combattere il problema non bisogna dare la colpa alla cultura di massa perché incensa la sessualità, ma allertare la magistratura e soprattutto allontanare i complici, anche se indossano la porpora. Mi sorprende pure che le sanzioni del diritto canonico per i sacerdoti pedofili si applichino soltanto agli Stati Uniti, non a tutta la Chiesa: come se il problema fosse solo americano, mentre sappiamo bene che è mondiale».

Molestava i ragazzi minorenni col cellulare. Quarantamila sms porno, allenatore in manette.

(Il Secolo XIX) Allenatore di squadre giovanili di calcio per hobby, adescava adolescenti con gli sms – i “messaggini” del telefonino – fingendosi una loro coetanea disinibita e li convinceva a spedirgli mms (gli sms con allegati) con immagini delle loro parti intime; poi, se loro non volevano più stare al “gioco”, li minacciava di spedire le immagini agli amici e di raccontare tutto ai genitori.

Per questo, un operaio genovese di 35 anni, Marco B., è stato arrestato dai carabinieri ed è da ieri sera nel carcere di Marassi. È accusato di violenza sessuale, pornografia minorile, detenzione di materiale pedopornografico e molestie continuate e aggravate.

Le indagini sono partite lo scorso agosto, dopo la denuncia di una mamma che aveva controllato per caso il cellulare del figlio: in cinquanta giorni di intercettazioni, i militari hanno accertato che l’uomo aveva scambiato con 98 ragazzi – dai 12 ai 16 anni – ben 40.000 sms e circa 2000 mms pornografici.

Secondo quanto reso noto dai carabinieri, per non meglio precisate «ragioni di lavoro», il pedofilo riusciva a ottenere senza particolari problemi il numero di telefono delle giovani vittime, scelte nel mondo dello sport giovanile; solo in un secondo tempo le contattava “da ragazza”.

I carabinieri (nelle foto mentre mostrano gli sms spediti dal pedofilo) hanno confermato che l’uomo – che arrivava a offrire ricariche telefoniche alle vittime che non potevano permettersi lo scambio di foto – non sarebbe riuscito a ottenere incontri con i ragazzini che aveva preso di mira, residenti a Genova e provincia.

Ecco il testo di uno dei messaggini spediti dal malvivente: «6 timido? 6 disposto a scambiare foto? 6 fida?»; subito dopo, incalzava: «Io ho quasi 14! Vuoi scambiare foto o sei timido? Dimmi te! Se vuoi ti mando foto mia nuda».

Infine, nonostante l’elevato numero di ragazzini raggiunti dal malvivente, i carabinieri fanno notare che appena sei genitori, in totale, hanno segnalato alle forze dell’ordine che qualcosa non andava; per padri e madri, insomma, il consiglio è quello di essere più assidui nei controlli.

Un verbale choc. Sesso, Internet e bugie. Confessione di un pedofilo.

“Mi sentivo attratto dalle figlie dei miei amici”.

(C. Laugeri e M. Neirotti – La Stampa) Ve lo giuro, erano carezze senza malizia». Erano nelle parti intime. «E’ vero sì, ma è accaduto tutto senza malizia». E le foto? E quelle immagini che ha trovato sua moglie, quelle con le bimbe nude? «Le tenevo in casa, sì. A mia moglie ho raccontanto quello che mi stava capitando».

Dietro e oltre la cronaca, dietro e oltre le quinte, dietro e più in là dell’indignazione degli altri e dei nascondigli della propria anima, prima e dopo un processo. Antonio (o qualsiasi altro nome possa avere l’uomo davanti alle scrivanie della questura) ha parlato con la polizia, con il vicequestore Gian Maria Sertorio, con i pm, ha taciuto davanti alla toga del gip Cristiano Trevisan. Il «mostro» sociale, immaginifico, angosciante emblema palpabile della pedofilia ha avuto in questa indagine un passo spaventato e poi diverso: confidenza, bisogno di uscire dalla gabbia. I verbali sono, per la prima volta, al di là di ogni orrore, le «confessioni di un pedofilo», perché si incomincino a capire brandelli di Internet, di stralci giudiziari, di scoop, di punizioni oltre le sbarre, di pentimenti, di mente persa nel desiderio davanti a scorci di pelle che portano via la testa. «Confessioni di un pedofilo»: fanno dolore pure a chi per mestiere è avvezzo anche a questi romanzi.

Non fosse altro che per la minuzia della deposizione, Antonio ha il merito di aprire la saracinesca blindata su bambini e bambine. La storia incomincia con fotografie scattate su una spiaggia del Sud. E va avanti con una madre che chiede alla figlia, sul bidet, che problemi ci sono. La bimba parla di quando la tocca «il papà di…». Il crescendo, visto da quella creatura e da altre, riportate negli atti, arriva a botta e risposta che lasciano sospesa ogni emozione: «Noi vedevamo sempre tutto», «Solo alle femmine, a parte…», «non è una sensazione proprio bella quando ti fanno queste cose … alla patatina». Sono pagine e pagine di dettaglio, dove i quattro minori, seppur turbati, si sciolgono davanti alla pacatezza, alla non insistenza di chi li ascolta con delicatezza, passo dopo passo, di carezza in carezza. «Solo quello?». E una bimba: «No. Anche alla patatina».

Ma la maschera da svelare, l’uomo che era «mostro» e non riesce a reggere il ruolo del mostro, deve ancora aprirsi. Il pedofilo che si racconta dentro anziché cercare scuse storiche, sgomento perfino lui degli abiti che gli sono stati tolti e di quelli che la gente più che la giustizia gli ha cucito addosso, si rivela: «Tutto è incominciato nel 1997, al termine di un viaggio di lavoro in Argentina. Navigavo su Internet e mi sono accorto di essere attratto dalle foto di ragazze giovanissime. Le rivedevo un po’ in mia moglie, che cercavo di rendere sempre più giovane, le chiedevo di radersi il pube e ritoccavo le sue fotografie».

Il crescendo. Lei, la donna che lo assecondava sperando in un gioco soltanto fra loro, trova in casa foto di bimbe nude. Antonio: «Che cosa potevo fare? Le ho raccontato tutto quello che stava capitando». Continua ad aprirsi: a partire dai dati dei siti dove va a cercare immagini scaricando corpi nudi senza però lanciarsi nelle spericolate operazioni di scambio tra «amatori» del genere.

Il virtuale. Ma poi? I corpi sono lì vicini. E’ il crescendo, quello che porta oltre il confine, che – anche riconoscendo disturbi di personalità – la psichiatria forense non coglie come «scusante», perché rimane coscienza di bene e male. «Dopo qualche tempo cominciammo a frequentare coppie di amici, avevano anche figlie piccole. Ammetto, sì, ho provato un interesse nei loro confronti, mi resi conto che mi sentivo una forma di gusto, di appagamento, nello stare insieme e vederle, quando capitava, nude». Passo per passo, scivolata della mente per pattinaggio della coscienza, Antonio, uno di noi, uno con la famiglia, con la stima di chi ha intorno, si svela: «Eravamo in una vacanza. Erano due le bimbe, una di dieci e la sua amica di nove. Facevo carezze senza malizia. Anche sui seni. Però non ho mai usato violenza». Quella fisica, verrebbe da obiettare. Eppure, a suo modo, dice una verità. E’ l’insinuarsi della fiducia. E dell’alibi: «Credetemi, anche una delle bimbe mi ha chiesto di accarezzarla, però le ho detto di no». Si confondono le acque, eppure è preciso, con l’amica del figlio che, guarda caso, quando giocano insieme al dottore, ha dolori tra le labbra della bocca e tra le gambe. Si contiene nel racconto: «Mi sono limitato a farle un paio di carezze».

E’ un’altalena di alibi e dolore e seppur tardiva voglia di liberarsi. Chiede «aiuto», «terapie», «uno psicologo», purché sia aiuto. Dovrà scardinarlo di certo da un’altalena lo psicologo, perché chiede aiuto e insieme si preoccupa delle tracce di bimbi e bimbe nude, tracce forse perse fuori dal suo nido, tracce sue e non di Internet e delle sue chiavi. Chi parla a verbale è un prigioniero, certo. Ma il suo racconto, la lucidità, l’onestà di confessione dicono anche che la «chiave» non l’aveva mai buttata fuori dalla gabbia.

"Io, sequestrato perchè gay". Bombardato da violenze ed insulti dai due coinquilini.

L’allucinante racconto di un giovane arrivato a Parma da pochi giorni. «Sei un demente, un deviato. Sei un gay. Vattene fuori dai c…».

(Laura Frugoni – La Gazzetta di Parma) Quel bombardamento di insulti Mirco ce l’ha ancora nelle orecchie, mentre racconta una storia che si fa fatica ad ascoltare e a comprendere. Che ti risbatte in faccia un concetto, una parola che ci ostiniamo a pensare superata: discriminazione. «Sono stato insultato, minacciato e sequestrato da due giovani. Perché sono omosessuale».

Mirco Montoan ha 34 anni ed era arrivato da pochi giorni. Benvenuto pessimo. «Avevo l’urgenza di cercare un tetto. Vivevo a Milano, ma ho vinto un concorso per un posto di lavoro a Parma. Ho messo in vendita un piccolo monolocale ma intanto continuo a pagare 500 euro di mutuo e quindi, vista la mia situazione precaria, ho cercato una sistemazione economica».

Mirco risponde a un annuncio trovato sulla bacheca dell’Informagiovani. «Avevo trovato un posto letto in zona ospedale, un appartamento con altri due ragazzi, dove c’è una stanza con due letti dove avrei dormito io, e un’altra con un letto singolo».

I due inquilini, entrambi sui trent’anni (originari di due città del sud, uno è laureato e l’altro sta seguendo un master) gli spiegano le condizioni: 240 euro a testa più le spese, il 10 di ogni mese sarebbe arrivato il padrone di casa a ritirare l’affitto in contanti. Mirco accetta, non gli viene chiesta nessuna caparra e si trasferisce. I primi tre giorni tutto fila liscio, poi succede qualcosa. «Nella cifra dell’affitto era compresa anche la connessione a Internet. Uno dei due si è offerto di prestarmi il computer, visto che ne possiede due».

Quella sera Mirco torna a casa e accende il pc: «Ho guardato la posta, sono entrato in qualche chat e qualche sito gay».

Il giorno dopo, il computer era sparito. «Il proprietario aveva cambiato faccia, non mi ha neanche salutato. Ho inviato un sms al suo amico per chiedergli se il problema era perché aveva scoperto che sono gay. Non mi ha neanche risposto».

Quando Mirco rientra, sabato sera, gli altri due sono seduti sul divano ad aspettarlo. «Hanno cominciato a darmi del demente pervertito. Quello con cui dividevo la stanza urlava che non voleva dormire con un gay». L’altro gli dà manforte. «Voleva buttarmi fuori di casa, mi ordinava di restituirgli le chiavi. Ero in cucina a prepararmi un latte caldo e loro mi stavano di spalle. Ha cominciato a tirare una brutta aria, avevo paura. Ho reagito: “adesso vado dai carabinieri e vi denuncio”, e a quel punto loro sono andati a chiudere a chiave la porta blindata: “di qua non esci vivo se prima non ci dai le chiavi”. Uno diceva di avere un parente nelle forze dell’ordine: “non ti crederanno mai”».

Mirco si precipita in camera per chiedere aiuto col cellulare «ma mi sono venuti dietro, hanno dato una spallata alla porta facendomi scivolare e cadere a terra. Finalmente mi sono chiuso dentro e ho chiamato il 113, mentre da dietro la porta continuavano a deridermi: “vediamo cos’hai da dire alla polizia” ».

Due minuti e nell’appartamento arrivano due pattuglie delle Volanti: la situazione non si placa subito («mi insultavano anche davanti ai poliziotti, volevano indietro le chiavi e gli agenti davano ragione a me: “le chiavi gliele avete date voi, non potete togliergliele”»). Mirco si sente male e va al pronto soccorso in preda a una crisi d’ansia: lo trattengono una notte in ospedale. Alle 9 del mattino dopo torna nell’appartamento. «C’era anche il padrone di casa e dava ragione agli altri due: avrei dovuto dire prima che sono omosessuale, voleva farmi firmare un foglio in cui mi impegnavo a lasciare l’appartamento entro 15 giorni. Ho chiamato il mio avvocato e stavo per firmare ma lui poi ha aggiunto due righe in cui specificava che ero un ospite. Macché ospite, io ero entrato come un normale inquilino, quei due non li avevo mai visti prima. Non ho firmato niente e lui si è incavolato nero. A quel punto ho preso la mia roba e sono andato a cercarmi un’altra stanza».

L’ha trovata, Mirco («da una signora anziana gentilissima che è venuta perfino a prendermi con la sua auto»). Però aveva un’altra cosa urgente da fare. Insieme al suo avvocato s’è presentato dalla guardia di finanza per denunciare quello che aveva subito. «Li abbiamo querelati per sequestro di persona, lesioni personali, minacce e ingiurie», conferma l’avvocato reggiano Fabrizio Sessa, che ha aggiunto l’aggravante dei motivi abietti: «Uno dei due teneva un busto del duce sul comodino e il mio cliente, che è un tipo puntiglioso, l’ha fotografato: ci potrà servire come prova oltre al referto del pronto soccorso. La parte giudiziaria me la sbrigherò io e, al di là di quella, è giusto che l’opinione pubblica sappia che un omosessuale ai giorni nostri può subire soprusi del genere». Discriminato Mirco Montoan, il 34enne che ha raccontato la sua allucinante avventura.