Gianfranco Fini e Famiglia Cristiana si scrivono.

Fini: “Dal Pdl il rilancio della famiglia e la tutela della vita da ogni aggressione”. Don Sciortino: “A quando una vera politica per la famiglia?”.

Caro Direttore, concordo con Lei quando osserva che “gli elettori del Pdl, soprattutto quelli cattolici, hanno tutto il diritto di sapere cosa pensano i propri candidati – e non solo il Capo – su aborto, testamento biologico, coppie di fatto (…)”. Vorrei dirle subito però che il diritto di sapere riguarda tutti gli elettori, inclusi quelli che non fanno riferimento ad alcuna confessione. Vita, famiglia, educazione sono questioni laiche sulle quali convenire, in adesione a dati di realtà, a prescindere dalla vicinanza alla religione. Riconoscere che l’essere umano è tale dal concepimento non richiede un atto di fede, basta un’ecografia; questo riconoscimento non comporta l’abrogazione della 194 o il ripristino delle norme a essa antecedenti: deve invece indurre a un impegno, anzitutto…

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Laicità: le condizioni per il confronto. Nessuno è proprietario dello Stato, nessuno ha diritto a ipoteche.

(Costanza Firrao – Libertà giustizia) Mercoledì 27 febbraio, a Ivrea, si è discusso dei rapporti tra mondo laico e mondo cattolico, di laicità e democrazia, tra “non possumus”, “valori non negoziabili” e moratorie. A parlarne in una sala gremita, il Prof. Gustavo Zagrebelsky, docente di Giustizia Costituzionale all’Università di Torino e Presidente Emerito della Corte Costituzionale e Don Ermis Segatti, docente di Storia del Cristianesimo alla facoltà Teologica di Torino, referente per la Cultura e l’Università della Diocesi cittadina. Sollecitati dall’introduzione di Tullio Lembo, del Forum Democratico del Canavese che insieme a LeG ha organizzato l’incontro, i due relatori hanno dimostrato che il dialogo e il confronto sono non solo possibili ma auspicabili.

L’autonomia e la responsabilità dei laici, ricorda Lembo, erano state riconosciute dalla Chiesa con il Concilio Vaticano II, poi, dopo la caduta del muro, l’atteggiamento è cambiato: sempre più ingerenze da parte della gerarchia ecclesiastica nell’ambito della sfera istituzionale e politica. Ma nel Paese c’è una reale contrapposizione su questi temi?
Nei dibattiti in cui si chiamano a discutere due persone che rappresentano la Chiesa da una parte e i laici dall’altra, sottolinea Zagrebelsky, nessuna delle due vince niente e, pur mantenendo ferme le proprie convinzioni, sarebbe una grave perdita se si scavasse un solco tra questi due mondi. Oggi tutti si proclamano laici e nessuno propone la cristianizzazione dello Stato ma si è aperta una controversia. Si auspica, da parte del mondo cattolico, una “nuova” o “sana” laicità, inquinando in tal modo il discorso. Lo Stato laico deve mantenere nei confronti di tutte le professioni di fede un’assoluta neutralità mentre le convinzioni etiche di ciascuno debbono trovare all’interno dello Stato stesso, il loro spazio naturale e di convivenza. Posizione, questa, maturata a seguito delle guerre di religione che hanno insanguinato il mondo. E’ necessario fare chiarezza: negli anni ’20 in Germania e in Italia, nazisti e fascisti si dicevano portatori di una “vera, sana e leale democrazia”, contrapposta a quella corrotta degli altri Paesi.
I dibattiti tra mondo laico e cattolico trovano un reale coinvolgimento nella società? Sì, esattamente come i temi di carattere economico o sociale. Il mondo laico si sente sotto assedio, quello cattolico si sente schiacciato dal peso del cosiddetto “relativismo etico”. Due posizioni di debolezza che sfociano in aggressività reciproca e provocano continue tensioni nei due campi. “Non possumus” da una parte e dall’altra, perché ci sono dei presupposti che nessuno dei due soggetti è disposto a mettere in discussione, quindi reciproca sopraffazione. Ma questa non è democrazia.
Replica Don Segatti che la laicità in Europa e in Italia, rispetto ad altri posti nel mondo, non è a rischio anche se, riconosce, c’è un certo livello di contenziosità. Si dice d’accordo con l’analisi di Zagrebelsky, le due debolezze creano ansietà sociale. Come è vissuta oggi la fede cattolica? Si è passati nel giro di pochissimi decenni da una situazione di “cristianità stanziale”, di “ovvietà del cristianesimo” a una situazione di precarietà: cresce il senso di “non appartenenza”, una sorta di “infantilismo della religione” e un “riduzionismo della sfera religiosa”. Il cattolico vede una società senza orizzonti di valori, di qui è maturata una fase reattiva che lo spinge a vivere la religione non più solo come un fatto di coscienza privata, bensì a proporre delle posizioni forti e a mettere dei punti fermi rispetto a un mondo frantumato, di riproporre alla società civile una serie di valori irrinunciabili, dando in tal modo alla fede una funzione di supplenza ai valori etici.
Ma la Chiesa, interviene il moderatore, facendosi supplente di tutto è portata a compiere dei passi falsi di cui poi potrebbe essere messa in condizione di dover chiedere scusa (vedi ieri la contrapposizione con Galileo). La Chiesa ha una diffidenza nei confronti della democrazia e della pluralità?
La Chiesa, risponde Zagrebelsky, dice che le nostre società sono in una situazione di crisi, hanno perso un orizzonte di valori. Ma non solo la Chiesa, anche il mondo laico è preoccupato dalla “dittatura della scienza”, ci si chiede con angoscia, stiamo progredendo, ma verso cosa? E specularmente alla Chiesa i laici discutono di valori: dalle unioni di fatto a quelle gay, dal testamento biologico alla fecondazione assistita, ma con una visione etica della vita molto diversa. Si può essere pro o contro ma non si può negare che dietro a chi li propone ci sia una questione “valoriale” che viene invece percepita dalla Chiesa come disvalore. Bisogna trovare il modo di convivere. Una parte dei cattolici non si sente a “casa propria” nel dibattito sui valori, ma questo è proprio della laicità: nessuno si deve sentire a casa propria ma in una “casa comune”. Nessuno è proprietario dello Stato, nessuno ha diritto a ipoteche. I cattolici dicono che i laici vogliono relegarli nel privato delle loro coscienze ma nessuno, religioso o non credente, può avere la pretesa di intervenire, a livello politico, nella gestione della casa comune.
Quando la Chiesa protesta contro la secolarizzazione sbaglia, ben vengano tutte le professioni religiose ma fuori dalle decisioni comuni. Fino a qualche anno fa i problemi tra Chiesa e Stato erano diversi ( le scuole cattoliche, la sacra Rota, l’insegnamento della religione) mentre oggi la Chiesa interviene nel funzionamento delle istituzioni e vincola i propri fedeli a seguire determinati dogmi anche all’interno del Parlamento. Questo è un problema per la democrazia. Chi ha fede oggi, concorda Don Segatti, ha diritto allo spazio pubblico ma non a invadere quello politico-istituzionale.
Dopo alcuni interessanti interventi da parte del pubblico, il dibattito si è concluso con le parole del moderatore: se prevalesse la visione di Monsignor Segatti non ci sarebbero problemi, il confronto è possibile, basta solo volerlo ricercare.

Una società eticamente omofobica. Capitalismo e sessualità.

(Cronache di Agharta) Credo che la società, nei confronti dei gay abbia sempre e continui ancora oggi ad usare una doppia morale che è: eticamente omofobica, cioè condanna l’omosessualità come “amore nichilista e imperfetto” come sostiene Benedetto XVI al secolo Ratzinger, ed economicamente omofilica, nel senso che con i gay si fanno affari d’oro. E’ notoriamente risaputo da tempo che i maschi gay, per la loro condizione sociale sono in genere un soggetto appetibile per moltissime società commerciali a cominciare da quelle che si occupano di viaggi fino a quelle che si occupano di produzione voluttuaria in senso lato.

Solitamente il target gay standard è quello di una persona con un buon lavoro, una cultura superiore alla media, buona disponibilità al tempo libero. Naturalmente però non mi sento di generalizzare conosco molti gay che sono poveracci, poco colti e e morti di fame con situazione socio economiche disastrate e con i tempi che attraversiamo quest’altra dimensione della condizione omosessuale si va sempre più diffondendo. Ora si apprende che le banche asiatiche preferiscono assumere persone omosessuali rispetto che persone eterosessuali, perché le prime, proprio perché non vincolate dalla riproduttività e dunque dai doveri verso la famiglia, sarebbero più propense alla produttività, intesa come massimizzazione degli utili aziendali. Il mio punto di vista in merito è che al capitalismo ( termine caduto in disuso troppo presto) non importi molto l’orientamento sessuale e la sua pratica, importa invece avere braccia da lavoro, corpi per il lavoro, vite per il lavoro e questa regola è estesa a tutti. Le persone omosessuali diventano un soggetto di osservazione solo perché in alcune società – poche per la verità – il diritto alla scelta e alla pratica del proprio orientamento sessuale è salvaguardato da leggi ed articoli costituzionali.

In tutte le altre, quelle asiatiche, la cinese per esempio – ma anche in molti stati del nord America e ed in alcuni paesi delle ex repubbliche socialiste, Russia in testa vale un’unica morale: quella repressiva e basta senza neanche più l’ipocrisia vaticana della tolleranza della persona ma non della pratica. In ultima analisi io credo che per il capitalismo maturo siamo considerati tutti degli Iloti ( come a Sparta), solo che, rimanendo intatte le differenze di classe ( anche questo termine caduto troppo preso in disuso) , ci sono gay delle classi alte che non risentono di nessun condizionamento , si sposano vivono in ville a Malibù e se ne strafregano della doppia morale o del giudizio del Papa , mi vengono in mente Elton Jhon e il suo compagno, Valentino e Giammetti, Dolce & Gabbana e altri che magari fanno i gommisti o i meccanici, ma anche gli impiegati e che subiscono pesanti condizionamenti sociali o economici che ne compromettono lo stile e la qualità della vita, anche se, rispetto al lavoro credo che le condizioni – per le persone omosessuali non agiate – siano anche più insopportabili. Dunque le banche asiatiche hanno solo ottimizzato il rendimento delle” risorse umane” e la riflessione che hanno fatto sulla maggiore disponibilità delle persone omosessuali e quindi sulla loro selezione la faccio rientrare tutta nella categoria dello sfruttamento capitalistico delle persone che oggi è peggiore di quello praticato nella Londra dickensiana anche se sembra esattamente il contrario, solo perché nessuno si cura più di farlo notare.

Una Chiesa che scambia il sacro col profano.

(Eugenio Scalfari – La Repubblica) E’ durato ventiquattr’ore il gelo tra Vaticano e Campidoglio, tra il Papa e il sindaco di Roma. Poi c’è stata la marcia indietro guidata dal cardinal Bertone, Segretario di Stato, e Roma da città in “gravissimo degrado” come aveva affermato Benedetto XVI di fronte a Veltroni, Marrazzo e Gasbarra allibiti di tanta inattesa severità, è diventata di colpo una “città godibile e accogliente” e le istituzioni locali “alacremente impegnate a migliorare la socievolezza e il benessere diffuso”.

Le due diplomazie parallele hanno lavorato sotto traccia senza risparmiarsi, ottenendo infine il risultato desiderato da entrambe (quella di Veltroni e quella di Bertone): correggere la “gaffe” di papa Ratzinger, ristabilire rapporti amichevolmente corretti tra le due sponde del Tevere, mettere allo scoperto l’ultimo colpo di coda di Ruini, autore del dossier cui si era ispirato il Papa per la sua improvvida sortita. Ruini sta facendo i bagagli, tra poco lascerà il Vicariato (per limiti d’età).
Al suo posto andrà il prefetto del Tribunale della Segnatura Apostolica, candidato del Segretario di Stato.

Quanto all’assalto antiveltroniano scaturito dopo l’intervento papale dell’altro giorno, la correzione effettuata dal cardinale Segretario di Stato ha avuto l’effetto di un “boomerang”: per l’ennesima volta gli statisti del centrodestra – con la sola eccezione di Casini – si sono esposti con strepiti e sceneggiate clericaloidi per poi trovarsi spiazzati e beffati.
Una vittoria non trascurabile per Veltroni, derivante da un appuntamento che in condizioni diverse avrebbe avuto dai “media” l’attenzione di poche righe e che si è invece trasformato in una prova di forza del sindaco di Roma e leader del Partito democratico.
Tutto è bene quel che finisce bene, ma è proprio così?

Dipende dai punti di vista. Per i laici-laici (adesso si usa definirli così) restano molti punti interrogativi dopo questa vicenda, ma problemi ancora maggiori si pongono al laicato cattolico.

Non che siano nati dalla “gaffe” di Benedetto XVI; esistono da molto tempo e precedono di anni l’incoronazione dell’attuale pontefice. Ma quest’ultima sua sortita ha avuto l’effetto di riproporli tutti, insoluti e sempre più urticanti.

Al di là della palese inconsistenza politica e culturale di papa Ratzinger, che da Ratisbona in qua si comporta come un allievo di questo o quel dignitario della sua corte spostando la barra del timone secondo i suggerimenti che gli vengono da chi di volta in volta lo consiglia, esiste più che mai un disagio profondo nella Chiesa e nel laicato cattolico. La Chiesa di Benedetto XVI, ma anche quella di Giovanni Paolo II, non riesce ad entrare in sintonia con la cultura moderna e con la moderna società. Questo è il vero tema che dovrebbero porsi tutti coloro che si occupano dei rapporti tra la società ecclesiale e la società civile all’inizio del XXI secolo.

La gerarchia ecclesiastica e quello che pomposamente viene definito il Magistero si sono da tempo e sempre più trasformati in una “lobby” che chiede e promette favori e benefici, quanto di più lontano e disdicevole dall’attività pastorale e dall’approfondimento culturale. Il “popolo di Dio” soffre di questa trasformazione; i laici non trovano terreno adatto al dialogo se non sul piano miserevole di comportarsi anch’essi come una confraternita pronta a compromessi e patteggiamenti.
Quando un Papa arriva al punto di bacchettare un sindaco di Roma e un presidente di Regione e reclama maggiori aiuti finanziari per il Gemelli e il Gesù Bambino e per le scuole cattoliche; quando il Vicariato di Roma e il vertice della Conferenza episcopale intervengono direttamente sui membri del Parlamento e del Consiglio comunale romano per bloccare una legge o mandarne avanti un’altra; quando questa prassi va avanti da anni di fronte a problemi mondiali che chiamano in causa civiltà e culture, bisogna pur dire che siamo in presenza di spettacoli desolanti.

Aggiungo che si tratta di responsabilità condivise. La gerarchia cattolica baratta da anni (o da secoli?) il sacro con il profano; le istituzioni politiche l’accompagnano su questa strada di compromessi al ribasso per cavarne improbabili tornaconti elettorali; lo stuolo sempre più vociante degli atei devoti affianca o precede il corteo.
Verrebbe spontaneo di voltar la faccia dall’altra parte per non vedere.

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Veltroni ha fatto bene a protestare sottotraccia e portare a casa la vistosa correzione di rotta vaticana.
Zapatero, in una situazione per molti versi analoga, ha scelto una strada diversa. L’Episcopato spagnolo guidato dal primate vescovo di Madrid aveva pochi giorni fa portato in piazza un milione di fedeli per protestare contro la legge sul matrimonio dei “gay”; la vicepresidente del governo, signora Fernandez de la Vega, ha ufficialmente commentato quella manifestazione con queste parole: “La società spagnola non è disposta a tornare ai tempi in cui una morale unica era imposta a tutto il Paese né ha bisogno di tutele morali. Tanto meno ne ha bisogno il governo che non le accetta”.

Capisco che Madrid non è Roma e il vescovo di Madrid non è il Papa. Ma la Chiesa è la stessa in Spagna come in Italia. I laici-laici italiani avrebbero probabilmente preferito che la protesta del leader del partito democratico fosse stata simile a quella del suo collega spagnolo, ma in Italia non si può. L’Italia è una provincia papalina, Porta Pia è una data caduta in disuso, il Concordato fu voluto e firmato da un altro ateo devoto come Benito Mussolini e inserito nella Costituzione con il voto determinante di un altro ateo come Togliatti per ragioni esclusivamente politiche.
In Italia ci sono oggi due minoranze, quelle dei cattolici autentici e quella degli autentici laici. In mezzo c’è un corpaccione di laici e di cattolici “dimezzati”, che ostentano virtù civiche e religiose che non praticano affatto. Quella è la maggioranza del paese. Il resto viene da sé.

Il guaio è che la gerarchia ecclesiastica e il Magistero non sono affatto turbati da questa situazione paganeggiante. La loro preoccupazione è l’otto per mille, i contributi pubblici agli oratori, la costruzione di nuove chiese e parrocchie, l’esenzione dall’Ici, l’insegnamento del catechismo nella scuola pubblica, il finanziamento di quella privata. E naturalmente la crociata antiabortista, la moratoria.

A loro interessa non già di usare lo spazio pubblico per propagandare la dottrina e il Vangelo ma entrare nelle istituzioni politiche per guidare il voto dei parlamentari e condizionare i partiti. L’attuale Segretario di Stato, che rimpiange il Togliatti dell’articolo 7 della Costituzione, è comunque un progresso rispetto al suo predecessore, cardinal Sodano che, alla vigilia di ogni elezione, esaminava i leader dei vari partiti per vedere chi offriva maggiori garanzie alla Santa Sede. E quelli si facevano esaminare, felici quando il “master” toccava ad uno di loro invece che all’altro.
Serve a qualche cosa una Chiesa così? Fa barriera contro le invasioni barbariche del terzo millennio o invece apre loro la porta?

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Risponderò con una citazione quanto mai attuale: “La Chiesa sembra porsi di fronte allo Stato e alle forze politiche italiane come un altro Stato e un’altra forza politica; l’immagine stessa della Chiesa risulta appiattita sulle logiche dello scambio, impoverita di ogni slancio profetico, lontana dal compito di offrire ad una società inquieta e per tanti aspetti lacerata motivi di fiducia, di speranza, di coesione. Le responsabilità del laicato cattolico sono del tutto ignorate. La sorpresa e il disorientamento sono forti per tutti i cattolici che hanno assorbito la lezione del Concilio Vaticano II su una Chiesa popolo di Dio nella quale il ruolo della gerarchia non cancella ma anzi è al servizio di un laicato che ha proprie e specifiche responsabilità. Tra queste vi è proprio quella di tradurre nel concreto della vita politica e della legislazione di uno Stato democratico esigenze e valori di cui la coscienza cattolica è portatrice. E’ legittimo e doveroso per tutti i cittadini, e perciò anche per i cattolici, contribuire a far sì che le leggi dello Stato siano ispirate ai propri convincimenti ma questo diritto dovere non è la stessa cosa che esigere una piena identità tra i propri valori e la legge. E’ in questa complessa dinamica che si esprime la responsabilità dei cattolici nella vita politica. Urgente si è fatta l’esigenza della formazione del laicato cattolico alle responsabilità della democrazia. Perché mai l’Italia e i cattolici italiani debbono sempre esser trattati come “il giardino della Chiesa”?”.

L’autore di questa pagina è Pietro Scoppola e la data è del febbraio 2001, nel pieno d’una campagna elettorale che si concluse con la vittoria di Berlusconi e del suo cattolicesimo ateo e paganeggiante. Ma potrebbe essere stata scritta anche oggi con la stessa attualità. Purtroppo l’autore è scomparso, la sua voce non parla più e la perdita è stata grave per i laici ma soprattutto per i cattolici.

Scoppola si rendeva conto che solo il dialogo tra la minoranza dei veri laici e la minoranza dei cattolici autentici avrebbe ridotto il peso di quell’indifferenziato corpaccione di finti devoti e di finti laici “appiattiti sullo scambio dei benefici e dei favori, impoveriti di slancio profetico e pastorale, dominati dalla gerarchia e dalle oligarchie”.

Questo era il problema di allora ed è ancora quello di oggi. Di esso il Partito democratico, la sinistra radicale, i cattolici moderati, gli uomini e le donne di buona volontà, dovrebbero discutere; su di esso dovrebbero dialogare. La gerarchia occupi tutto lo spazio pubblico che vuole ma non interferisca nell’autonomia dei laici e delle istituzioni civili. I rappresentanti di queste ultime impediscano le interferenze anziché assecondarle o nel caso migliore tollerarle fingendo che non vi siano state. Queste finzioni non fanno bene né alla Chiesa popolo di Dio né alla democrazia.

Post scriptum. Molti lettori mi chiedono di intervenire a proposito della campagna per una moratoria sull’aborto.

L’ho già fatto nei miei due ultimi articoli domenicali e non mi sembra di dover aggiungere altro. Mi chiedono anche un’opinione sulla disponibilità di Veltroni a dialogare su questi temi con Giuliano Ferrara, l’ateo devoto che ha promosso quella moratoria. Non ho opinioni in proposito.

Anche a me capita talvolta di dialogare con il conduttore di “Otto e mezzo” in qualcuna delle sue trasmissioni. Certo Veltroni è un capo partito, ma questo non cambia molto le cose. Mi permetto semmai di incitare Veltroni a discuterne con le donne che sono le vere protagoniste, anzi le vere vittime di questa campagna di stampa regressiva. Il corpo delle donne, dal momento in cui è stato fecondato dal seme maschile e quali che siano le circostanze di quella fecondazione, dovrebbe diventare di proprietà della legge, cioè dello Stato? Questo sarebbe l’illuminismo cristiano di cui si scrive sul “Foglio”? Se questo è il tema, credo e spero che Veltroni avrà usi più utili per impiegare il suo tempo.

Elezioni Spagna, sondaggi annunciano un testa a testa Zapatero-Rajoy.

(Sfera pubblica) Domani saranno sciolte le Cortes, ponendo fine al ciclo della legislatura che ha visto Zapatero al governo. In attesa del giorno delle elezioni, fissate il 9 marzo, la campagna elettorale spagnola entra nel vivo. A poco meno di due mesi dalla competizione elettorale, i sondaggi indicano un lieve calo per il Psoe del premier, infondendo fiducia nelle fila del Pp di Rajoy.

Parità. Gli ultimi rilevamenti segnalano un vantaggio del 2% di Zapatero sull’opposizione: un margine che peraltro su base nazionale non offre garanzie di vittoria, dato che il sistema elettorale spagnolo assegna i seggi su base circoscrizionale. Pertanto occorrerà conoscere le dinamiche di consenso in ogni provincia iberica per avere un panorama chiaro. In ogni caso, secondo le indicazioni fornite dai sondaggisti, il distacco del partito guidato da Rajoy sta diminuendo.

Promozione. Zapatero ha fiutato il pericolo e ha prontamente lanciato una campagna elettorale dedita alla promozione del suo lavoro. In primo luogo, il premier espone le sue misure progressiste e laiche in materia etica, senza temere lo scontro frontale con le gerarchie ecclesiastiche, facendo leva sull’elettorato liberale che in Spagna è molto radicato, nonostante la diffusione del cattolicesimo. Attraverso la sua intransigenza il leader del Psoe veicola un’immagine coerente che non teme attacchi, con l’intento di confermare la sua azione decisionista. Inoltre, Zapatero ha diffuso dati economici molto positivi, sino a far circolare le voci sul “sorpasso all’Italia”: un messaggio lanciato per sottolineare la bontà delle sue iniziative economiche.

Fede. Nonostante la campagne elettorale all’insegna della promozione del suo operato, Zapatero deve fare i conti con il recupero del Partido Popular, rinvigorito dall’appoggio dei vescovi. Le manifestazioni, a tutela dell’istituto familiare, hanno rinserrato i ranghi dell’antizapaterismo, spingendo Mariano Rajoy più in alto nei sondaggi. Le questioni etiche, perciò, si candidano ad essere il tema principale delle elezioni in Spagna.

Pd, laicità entrerà nel codice etico.

(L’Unità) La laicità sarà affermata solennemente nel codice etico del Pd. È quanto emerge nel testo base messo a punto dalla Commissione incaricata di redigere il codice etico che sarà alla base dei comportamenti degli iscritti e degli eletti del partito.
La commissione presieduta da Sergio Mattarella e con relatrice Marcella Lucidi, entrambi cattolici, ha oggi riunito il suo comitato di redazione del testo base.
Domenica la bozza sarà sottoposta al primo confronto della commissione plenaria.
Il comitato di redazione, ha riferito Sergio Mattarella, ha avuto una riunione «costruttiva, svoltasi in uno spirito di collaborazione».
Concetti ribaditi anche dalla relatrice Marcella Lucidi, rimasta «abbottonata» come Mattarella sui contenuti del testo.
Anche gli altri componenti hanno riferito che la bozza è stata elaborata senza grandi contrasti.
Il codice etico, in quattro paginette, è suddiviso in quattro capitoli. In una breve premessa si spiegano i motivi per cui il Pd si dota di un codice che impegna i suoi aderenti e gli eletti a rispettare non solo la legge e la Costituzione ma anche delle norme morali di comportamento.

Segue un capitolo in cui vengono elencati alcuni principi che sono alla base del Pd. Ciascun principio è formulato solennemente con le parole «noi donne e uomini del partito democratico…». E qui tra i principi base sono elencati «la laicità della politica e delle istituzioni», «l’autonomia della politica», «il rispetto del pluralismo», «il rispetto del principio di genere», vale a dire favorire la parità tra donna e uomo.
Su questo ultimo punto va registrata una curiosità. Il testo base non prevede un Comitato di «probiviri» come gli altri statuti di partito. Infatti il termine derivante dal latino significa letteralmente «uomini onesti», il che violerebbe il principio di parità di genere. La bozza parla quindi di un «comitato delle sagge e dei saggi».
Dopo i principi, il successivo capitolo indica alcuni comportamenti specifici, da adottare e da evitare. Il primo è la «sobrietà» sia nella campagna elettorale (per le quali si parla di un tetto di spesa) sia nel successivo svolgimento dell’attività politica. Per esempio si dice esplicitamente che il politico del Pd che assumerà una carica di governo, «non cambierà il mobilio» dell’ufficio pubblico in cui lavorerà. Passaggio che nelle intenzioni degli estensori vuole essere in contrasto con quanto fecero i de governi Berlusconi a Palazzo Chigi nel 1994 e nel 2001.

Un altro punto riguarda il possibile conflitto di interessi. Il testo precisa l’incompatibilità tra cariche di partito e l’iscrizione ad «associazioni portatrici di interessi», come sindacati, associazioni di categoria, ecc. Per quanto riguarda l’attività imprenditoriale, ai fini della trasparenza, si impone una dichiarazione in cui vengano rese note tali attività (ma l’ultima parola spetterà all’Assemblea plenaria).
Altra questione è la massoneria, con la quale qualcuno proponeva l’incompatibilità. Si è optato per mutuare la formula dello statuto dei Ds, vietando l’iscrizione a chi aderisce ad «associazioni con vincolo di segretezza e con vincolo di mutualità, che abbiano scopi contrastanti con quelli del Pd».
Il comitato di redazione ha pure discusso se introdurre tra i comportamenti un vincolo al numero di mandati (come parlamentare o come amministratore, ecc): alla fine si è deciso di fare appello all’impegno a «favorire il ricambio della classe dirigente».
Un altro capitolo riguarda le incompatibilità. Vengono elencati una serie di elementi ostativi alla candidatura per il Pd, come ad esempio dei provvedimenti giudiziari. Su questo punto deciderà l’Assemblea plenaria, ma di sicuro il livello di incompatibilità sarà calibrato a seconda della gravità del reato.

Binetti: Mai più fiducia su temi eticamente sensibili da parte del governo.

Quello delle materie non negoziabili “è un panorama amplissimo”.

(Apcom) Per la senatrice del Pd Paola Binetti, da giorni al centro dell’attenzione per essere andata a un passo dal mandare in crisi il governo con il suo voto contro l’inserimento di una normativa anti-omofobia nel pacchetto sicurezza, chiede che Prodi non ponga “mai più” la fiducia su provvedimenti eticamente sensibili. “Quando un tema si pone sulla frontiera che può essere la coscienza delle persone – ha detto a margine della presentazione del libro-intervista ‘Le frontiere della vita’ alla Università Cattolica – non ci si può mettere la fiducia sopra, non si può blindarla, ma bisogna lasciarla libera per rispetto delle persone. Il rispetto del Parlamento è anche rispetto della coscienza dei parlamentari”.

Tracciare un confine tra i temi eticamente sensibili e quelli che non lo sono, per la senatrice è però un’impresa molto difficile: “C’è una zona di chiaro-scuro che le sfide della tecnica oggi, per esempio, ci propongono in un modo che mai era stato preso in considerazione prima e quindi richiedono una grande elaborazione, riflessione, condivisione e approfondimento. Per questo non si possono mettere sì e no. C’è una complessità in questi temi in cui la modernità della tecnologia ci sfida”.

L’unico perimetro possibile, ha ribadito, è quello tracciato dalla nota dottrinale di Papa Ratzinger nella quale “lui da un lato pone la vita, la famiglia e l’educazione. Dall’altro le lotte di contrasto alla povertà, la solidarietà e la pace. Quello che emerge – continua Binetti – è un panorama amplissimo perché ciò che è eticamente sensibile è anche il modo con cui lo si affronta. Dobbiamo stare molto attenti, c’è tanto margine su cui la nostra ragione può trovare la spazio di condivisioni, poi c’è il valore soglia. Dobbiamo cercare di restare lontani da quel valore soglia, tanto quanto ce lo permettono le comuni posizioni”. Per questo “mai più” la fiducia sui temi etici e “il meno possibile” su tutti gli altri “per rispetto al lavoro dei parlamentari”.

Quanto alle critiche dei movimenti omosessuali su alcune sue recenti dichiarazioni, la senatrice riconosce che nei loro confronti “ci sono dei problemi e delle sensibilità. Capisco anche che molti omosessuali hanno subito sulla loro pelle discriminazioni e addirittura, in qualche caso, violenza. Io naturalmente le respingo in modo totale e assoluto. Capisco anche che su certi aspetti le nostre posizioni siano un po’ diverse perché sono diverse le sensibilità. Sono amica di molte persone omosessuali – conclude – con cui condividiamo il senso e il valore di tante battaglie per i diritti umani. Se noi tra le battaglie inseriamo il no alla discriminazione e alla violenza io sono totalmente d’accordo”.

"Il Pd affonderà sui temi etici".

Il professore, vicino a Sinistra democratica, interviene sulle polemiche in viale Aldo Moro. Flamigni: dialogo impossibile, con la Binetti si torna indietro. “Il principio di laicità è stato abolito in partenza, non c´è spazio per cani sciolti”.

(Ilaria Venturi – La Repubblica, edizione di Bologna) Sulla famiglia e sulle coppie di fatto l´Unione litiga in Regione a colpi di progetti di legge. E il Pd si divide al suo interno. Alla prima “buca” il nuovo partito di Veltroni ci casca dentro, professor Flamigni? «E´ fastidioso ripeterlo, ma l´avevo già detto, e scritto: il Partito democratico affonderà nei problemi etici. Nulla di nuovo, dunque, non sono sorpreso». Carlo Flamigni, medico di fama, laico per storia personale e per collocazione politica (prima repubblicano, poi iscritto ai diesse, ora vicino alla Sinistra democratica di Mussi), ha sempre puntato sulla mediazione.

Ora non vede più questa possibilità?
«No, altrimenti sarei entrato nel Partito democratico. A mio parere la nuova formazione nasce come la casa di tutti che però ha dato le stanze più grandi alle famiglie e poco spazio ai cani sciolti. Anche Gabriella Ercolini, che giustamente protesta e reclama un confronto aperto a difesa dei valori laici si dovrà accontentare dello scantinato. Lo dico con affetto».

Nel Pd vede la tentazione degli ex diesse di privilegiare il dialogo con i cattolici dimenticando i laici?
«Il problema è che questo dialogo è impossibile perché una buona parte dei cattolici della Margherita a quanti volessero ragionare, nel nuovo partito, sui temi eticamente sensibili risponderanno con il non possumus di Ratzinger. Posso avere un dialogo con coloro che credono nell´etica della compassione, ma non con i dogmatici, con chi crede nell´etica della verità e stabilisce la morale giusta e quella sbagliata. Costruire un partito nel quale certi argomenti non possono essere discussi perché una parte non è abilitata a parlare significa abolire in partenza il principio della laicità. Occorreva discutere prima sui problemi etici, nella direzione della costruzione di isole per stranieri morali: luoghi dove io rinuncio a vivere integralmente la mia laicità e dove i cattolici rinunciano al non possumus».

Ma il Pd in Regione frena il progetto di legge dei socialisti di Boselli che introduce, per l´accesso ai servizi, la definizione di famiglia anagrafica, in realtà perché in attesa di una legge nazionale.
«Ma la legge non arriverà mai, almeno non in questo clima politico. Se vuoi fare qualcosa di nuovo in questo paese devi farlo nei modi più strani. Sulla legge 40, per esempio, è ai magistrati, ma non solo, che si debbono innovazione fondamentali».

Sulla definizione di famiglia vanno dunque bene anche fughe in avanti dell´Emilia Romagna?
«Se non è questa la Regione dove fare queste cose… Qui ci sono i cattolici democratici, le comunità di base: con loro si può andare molto avanti, con la Binetti si torna indietro».

Tettamanzi: «No alla sessualità banalizzata».

Presenti i tre nuovi vescovi: Ravasi, Brugnaro e di Mauro. Celebrazione della festa di Ognissanti in Duomo: «Rifiutare ogni logica di prevaricazione, ogni mancanza di rispetto alla persona».

(Il Corriere della Sera) Non si deve contrapporre la violenza alla violenza, l’aggressività all’aggressività e non si deve banalizzare la sessualità: è stato un invito a seguire l’esempio di Cristo quello del cardinale Tettamanzi durante la celebrazione della festa di Ognissanti in Duomo. Gesù «non propone ideali astratti, ma ciò che ha vissuto. Perseguitato, insultato, calunniato, il Figlio di Dio non ha reagito con la forza schiacciando i suoi nemici». E quindi «in un contesto sociale e culturale in cui dominano continua aggressività e volontà di sopraffazione – ha aggiunto -, il Vangelo si pone come messaggio alternativo e chiede a noi cristiani di viverlo, cioè di essere misericordiosi, di rifiutare ogni logica di dominio e prevaricazione». Un invito che vale anche nella sfera dei sentimenti. «Alla mancanza di rispetto e di delicatezza per la dignità della persona, all’uso banalizzato e distorto della sessualità, siamo chiamati a contrapporre la purezza del cuore, che rifiuta ogni forma di ambiguità e di malizia».
TRE NUOVI VESCOVI – Alla funzione hanno partecipato tre dei nuovi vescovi ordinati dal Papa il 29 settembre: Gianfranco Ravasi, Francesco Brugnaro e Vincenzo di Mauro. A loro il cardinale ha rivolto un saluto «ricco di stima e di affetto» ricordando il compito che li aspetta, cioè aiutare gli uomini «a trovare la gioia della fede, ad accogliere il bene e rifiutare il male». «Tutte le volte che torno a Milano provo due sentimenti: la nostalgia di casa, e il ringraziamento perché mi ha dato un’identità, c’è un profilo profondo che Milano dona» ha detto Ravasi, nominato da Benedetto XVI presidente del Pontificio Consiglio di Cultura. Il 13 novembre si saprà chi lo sostituirà come prefetto della Biblioteca Ambrosiana. Monsignor di Mauro è stato nominato segretario della Prefettura per gli Affari economici della Santa Sede e monsignor Brugnaro è diventato arcivescovo di Camerino – San Severino Marche.
SANTUARIO DELLA FAMIGLIA – Altro appuntamento a Mesero, dove Tettamanzi ha inaugurato il santuario della famiglia della Diocesi, dedicato a santa Gianna Beretta Molla che lì è vissuta. «Questo santuario nel quale abbiamo solennemente deposto le reliquie di santa Gianna ci ricorderà soprattutto la sua concreta testimonianza di vita nel segno della massima normalità e insieme della straordinaria intensità d’amore. In una parola: ci ricorderà che il segreto di ogni cristiano e di ogni uomo è l’amore». Per amore la santa ha proseguito la gravidanza anche quando ha scoperto di avere un fibroma all’utero, così è nata la quarta figlia, Gianna Emanuela, e alcuni giorni dopo la madre è morta: era il 1962. «Non ci si deve stancare nella via dell’amore, non ci si deve scoraggiare – ha osservato l’arcivescovo -. Bisogna credere che esso è possibile ed eterno, quanto è eterno Dio. Lei ha creduto nell’amore e per questo noi oggi siamo qui: perché anche a noi, per sua intercessione, sia dato di credere nell’amore».

Cattolicesimo e omosessualità: E’ risorto Martin Lutero.

(Trotzky blog) La protesta infinita delle comunità di base nei confronti di un papa che confligge con la storia – riporta il quotidiano The Age – ha trovato il suo antesignano in Geoffrey Robinson, primate della diocesi di Sidney, che ha lanciato il suo guanto di sfida a una gerarchia sempre più sorda alle istanze di rinnovamento che arrivano da tutta la cristianità.

In Confronting Sex and Power in the Catholic Church questo coraggioso riformatore sostiene che, fino a quando non cambierà il suo atteggiamento nei confronti del sesso e del potere, la chiesa cattolica non sarà in grado di risolvere il problema degli abusi sessuali dei suoi preti.
Il papa deve sbarazzarsi immediatamente dell’idea che ha contribuito più di ogni altra a offuscare la sua immagine, quella secondo cui il sesso fuori del matrimonio e i contraccettivi sono un’offesa a dio. L’esplosione demografica ha reso anacronistico l’invito a crescere e moltiplicarsi, mentre la sfiducia nell’Istituto del matrimonio ha aperto nuovi spazi alla sessualità esercitata in altri ambiti e senza l’assillo della procreazione.

D’altra parte è propio il celibato obbligatorio che ha generato la depressione, la misoginia e l’omofobia dei sacerdoti, che sono poi gli ingredienti che hanno fatto esplodere gli scandali sessuali che stanno travolgendo la chiesa.
Il vescovo australiano suggerisce come via d’uscita l’adozione di una nuova etica sessuale, fondata sul bene e il male che si fa agli altri, che consentirebbe un onorevole compromesso con il sesso fuori del matrimonio e l’omosessualità.

In quanto all’autorità del papa, Robinson lo accusa di aver accentrato troppo potere nelle sue mani. Addossandogli tutte le responsabilità della chiesa, il collegio dei vescovi l’ha chiuso in un circolo vizioso, per il quale più insiste sull’autorità e meno gente lo ascolta.
Per uscire da questa impasse, il nuovo Martin Lutero suggerisce alla chiesa di abbandonare l’assolutismo, adottare la democrazia e affidare al papa le mansioni di Primo Ministro.
Le sue critiche si appuntano pure sullo strano rapporto dei fedeli con un dio che minaccia le pene dell’inferno per chi non crede, concezione che giudica assolutamente carente di logica, in quanto costringe i sacerdoti a dettare norme di comportamento avulse dalla realtà e a tuonare dai pulpiti per imporle, deludendo il gregge e allontanandolo dalla fede.

La tesi del libro è che solo riforme ampie e radicali possono far superare la cultura della protezione degli abusi ed evitare che la situazione sfugga di mano alla gerarchia.
La sfida all’autorità papale e alla dottrina della chiesa dimostra che siamo alle porte di una nuova Riforma. Il popolo dei credenti vuole che la chiesa si liberi della gabbia in cui si è lasciata intrappolare dalla sua ala reazionaria, intollerante e ipocrita, ritorni alle sue origini e riacquisti la credibilità perduta (nella illustrazione Martin Lutero).